Thailandia, dallo stallo al caos
Scritto da: Fabio Radivo
Scontri tra migliaia di attivisti dell'opposizione e poliziotti all'esterno del  Parlamento a Bangkok, il primo ministro che fugge in elicottero, il vicepremier  che si dimette e pure una forte esplosione – secondo la polizia un'autobomba,  ma i dettagli sono ancora frammentari – nel centro della capitale, a qualche chilometro  di distanza dalle proteste. Lo stallo thailandese non poteva andare avanti all'infinito,  con un'opposizione che occupa da un mese e mezzo la sede del governo e un nuovo  primo ministro costretto a lavorare dalla sala Vip di un aeroporto dismesso. Ma  invece di sbloccarsi per il meglio, oggi è precipitato nel caos, con un morto  e almeno 85 feriti, di cui quattro gravi.
 
Circa 4.000 manifestanti guidati dall'Alleanza del popolo per la democrazia (Pad),  una coalizione di nazionalisti, sindacati e monarchici, hanno occupato da ieri  sera l'area attorno al Parlamento, con l'obiettivo di annullare la sessione con  cui doveva essere approvata la dichiarazione politica programmatica del governo  di Somchai Wongsawat. Sono gli stessi attivisti che dal 26 agosto hanno preso  possesso della sede del governo, tanto che il nuovo premier lavora da alcune settimane  nell'ex aeroporto di Dom Muang. Dopo aver bloccato le vie di ingresso e di uscita  del Parlamento, è arrivata la carica della polizia, che ha anche lanciato gas  lacrimogeni. L'esplosione delle cariche tra la folla ha provocato ferite gravi  alle gambe per alcuni dei dimostranti, uno dei quali ha dovuto subire l'amputazione  in ospedale. Il vicepremier Chavalit Yongchaiyudh, che era incaricato dei negoziati  con i manifestanti antigovernativi, si è dimesso assumendosi la responsabilità  degli scontri fra polizia e dimostranti. Ma la folla non è stata dispersa, e migliaia  di persone continuano a bloccare le vie di entrata e di uscita dal Parlamento.  Tanto che Somchai ha dovuto abbandonare la sede del Parlamento in elicottero,  e centinaia di deputati sono ancora chiusi all'interno dell'edificio circondato  dai dimostranti.
Doveva essere, nelle parole del Pad, la “battaglia finale”. Dopo un mese e mezzo  di occupazione della sede del governo, domenica 5 ottobre due leader erano stati  arrestati. Pur consegnandosi senza opporre resistenza, avevano incitato i sostenitori  a non mollare. Gli attivisti del Pad avevano promesso di non capitolare finché  non avessero fatto cadere il governo di Somchai, cognato dell'ex premier Thaksin  Shinawatra, rimosso dal colpo di stato del settembre 2006 e ora in autoesilio  in Gran Bretagna, dove ha chiesto asilo politico. Secondo il Pad, il Partito del  potere del popolo (Ppp) di Somchai è semplicemente un'altra veste dell'ormai sciolto  Thai Rak Tai, il partito creato da Thaksin, che per l'opposizione continua a muovere  i fili della politica thailandese grazie ai suoi fidi scudieri. Per questo, dal  punto di vista dei dimostranti, Somchai – nominato dal Parlamento il 17 settembre  – è ancora peggio di Samak Sundaravej, primo ministro fino a un mese fa, indebolito  dall'occupazione della sede del governo e poi dimessosi dopo che la Corte suprema  lo ha condannato per aver violato la costituzione, accettando pagamenti (di qualche  migliaio di euro) per le sue partecipazioni a un programma televisivo.
Unito dall'ostilità verso Thaksin, che se tornasse in patria dovrebbe fronteggiare  diversi processi per corruzione, il Pad propone in sostanza di abbandonare il  sistema democratico. Forte nella capitale Bangkok ma minoritario nelle campagne,  che grazie ai miglioramenti sanitari e ai principi di microcredito introdotti  da Thaksin votavano in massa per l'ex premier, il Pad sostiene che i poveri delle  aree rurali non possono avere lo stesso peso elettorale, in quanto facilmente  manipolabili dal populismo del Ppp. L'alternativa, secondo loro, è un governo  nominato dai rappresentanti di diversi gruppi professionali, con il sostegno dell'esercito  e del re. Ma se si dovesse tornare al voto domani, probabilmente vincerebbe ancora  il Ppp con un grande distacco. Intanto, il caos nel Paese non aiuta di certo in  tempi di crisi economica globale. Da maggio la Borsa thailandese ha perso circa  il 40 percento, scendendo ai livelli di cinque anni fa, e il settore del turismo  sta già facendo i conti con un calo delle prenotazioni.Come se ne esce? Gli analisti vedono l'establishment politico-militare-giudiziario  del Paese come un sostenitore dietro le quinte del Pad, e il cavillo con cui è  stato estromesso Samak ne sarebbe una conferma. Che l'esercito sia perlomeno diviso  al suo interno, se non simpatizzante dell'opposizione, lo dimostra invece il rifiuto  del capo delle forze armate di attaccare i manifestanti che occupano la sede del  governo, come era stato ordinato a fine agosto da Samak. Se si ripercorre la storia  thailandese, un colpo di stato non è da escludere. Dalla Seconda guerra mondiale  a oggi, ce ne sono stati 17. Comunque andrà a finire, la stabilità che la Thailandia  sembrava aver trovato negli ultimi anni non promette di ritornare presto.