sabato, marzo 01, 2008

Luci ed ombre sul ritorno del primo ministro in esilio.

Fonte: www.confronto.it

Il miliardario che per due volte aveva stravinto le elezioni prima di essere deposto da un golpe militare nel 2006 è rientrato in patria dall’esilio inglese. Tornata la democrazia, a Bangkok c’è un governo amico fatto di suoi alleati politici, avvocati e perfino familiari. Ma non è tutto oro ciò che luccica perché il governo amico è piuttosto fragile sul piano parlamentare.

Il suo più stretto alleato politico nel ruolo di primo ministro. Il suo avvocato nel ruolo di ministro degli Esteri. Il suo ex portavoce nel ruolo di ministro delle Finanze. Addirittura un suo familiare, il marito della sorella, nel ruolo di ministro dell’Educazione. Thaksin Shinawatra, il miliardario tailandese delle telecomunicazioni due volte capo del governo prima di essere fatto fuori da un golpe militare nell’autunno del 2006, prepara il proprio rientro in patria dall’esilio inglese in una botte di ferro.

Benché il segretario generale della Corte suprema, Rakkiat Wattapong, affermi che sul piano giudiziario l’ex premier sia sempre nel mirino perchè formalmente le accuse di corruzione e malversazione a suo carico restano in piedi così come il mandato di arresto, il successo del Partito del potere al popolo alle elezioni che in dicembre hanno sancito il ritorno della Thailandia alla piena democrazia dopo la breve parentesi militare si sta rivelando sempre più per quello che in realtà è: il trionfo personale di Thaksin.

Malvisto dall’establishment civile e militare della Thailandia, ma amatissimo soprattutto nelle zone rurali del nord e nelle periferie urbane, l’ex poliziotto che negli anni Ottanta partendo dal nulla costruì il suo favoloso impero nelle telecomunicazioni (tanto da guadagnarsi il soprannome di “Berlusconi tailandese”) è tornato in patria nei giorni scorsi.

Una mossa, questa, ampiamente prevedibile da quando in precedenza il nuovo governo, appena insediatosi, aveva concesso l’autorizzazione per ridare all’ex premier il passaporto diplomatico requisitogli al momento della precipitosa partenza con cui aveva lasciato, con alle calcagna il mandato d’arresto ancora pendente, dalla Thailandia. Il ministro degli Esteri ed avvocato di Thaksin, Noppadol Pattama aveva fatto finta di nulla dicendo che la decisione non era stata sua e che si era seguita la normale consuetudine di dare anche agli ex primi ministri il privilegio del passaporto diplomatico.

Ma per Thaksin non è tutto oro ciò che luccica. Ci sono ancora molte ombre sul suo futuro politico. La moglie, rientrata in modo un po’ temerario ma evidentemente nella certezza che poco dopo le elezioni di dicembre avrebbero dato la vittoria agli alleati di Thaksin, si trova già sotto processo. Inoltre il governo che gli ha subito rispalancato le porte della Thailandia è piuttosto fragile. Il Partito del potere del popolo ha conquistato sì la maggioranza relativa, ma da solo non sarebbe riuscito a formare un governo in grado di ottenere la fiducia del Parlamento.

Morale della favola, l’esecutivo è composto da una coalizione piuttosto eterogenea di ben sei partiti. Inoltre, a livello di immagine, la scelta del primo ministro nella persona del discusso Samak Sundaravej si sta rivelando alquanto dubbia. Sundaravej è stato coinvolto in passato in alcuni scandali politici. Inoltre in periodo elettorale è stato accusato di aver partecipato alle azioni politiche violente di alcune formazioni di destra contro studenti di sinistra negli anni Settanta.

di Raffaele Cazzola Hofmann

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