giovedì, febbraio 07, 2008

Meno contagi, ma più vittime, per la Dengue.


Fonte: http://lescienze.espresso.repubblica.it

Il fenomeno apparentemente paradossale si è presentato in Thailandia di fronte ai tentativi di arginare la diffusione della zanzara che la trasmette

Possibile che quanto più il tasso di infezione della malattia si abbassi, tanto più aumentino le vittime? Questo fenomeno apparentemente paradossale si è realmente presentato in Thailandia di fronte ai tentativi di arginare la diffusione della dengue.

La risposta al quesito è in un articolo pubblicato sull'ultimo numero della rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), in cui Katia Koelle Duke University della e Yoshiro Nagao della Osaka University Graduate School of Medicine hanno cercato di capire perché quando i tassi di trasmissione della malattia mostravano una flessione in seguito a notevoli tentativi di tenere sotto controllo i suoi vettori, si assistesse peraltro a un aumento della forma emorragica e del numero dei decessi.

Normalmente l'infezione da dengue produce uno stato febbrile che non dà luogo a estiti fatali; tuttavia in alcuni casi la malattia si sviluppa sotto forma di febbre emorragica, che ha un tasso di mortalità del 10 per cento.

Già si sapeva che chi è colpito da uno dei quattro ceppi esistenti del virus che la provoca non viene reinfettato da quello stesso ceppo, e che per almeno un anno è meno probabile che venga colpito dalla malattia provocata da uno degli altri ceppi. Questa immunità crociata tuttavia si indebolisce con il tempo, via via che gli anticorpi diminuiscono di numero. Di fatto, dopo questo periodo di immunità crociata, un altro ceppo del virus può approfittare del ridotto numero di anticorpi, entrare nelle cellule dell'ospite e indurre un'infezione più severa che esita più frequentemente nella forma emorragica.

Il modello sviluppato da Nagao e Koelle per spiegare lo strano fenomeno dell'aumento della mortalità in presenza di un minor numero di infezioni ipotizza che nel periodo di immunità incrociata il paziente infettato da un altro ceppo subisca una sieroconversione, ossia sviluppi nuovi anticorpi contro il nuovo ceppo.

Se il livelli di trasmissione sono alti, dunque, la probabilità di entrare in contatto con ceppi nuovi nell'arco dell'anno di immunità crociata è più elevato e rende di conseguenza più improbabile il successivo sviluppo delle grave forma emorragica una volta terminato quel periodo.

Se invece i tassi di trasmissione sono bassi, meno persone sono in grado di sviluppare una più vasta "libreria" di anticorpi contro diversi ceppi. (gg)

Condividi questo articolo sui vari Network
Bookmark and Share