lunedì, marzo 30, 2009

Rifugiati Hmong, un popolo senza pace.


Giusi Di Lauro
Fonte: libero-news.it

Sono stati rimpatriati ieri in Laos i primi 350 rifugiati di etnia Hmong dei 5500 previsti, che si trovavano nel campo profughi di Ban Huay Nam Khao, in Thailandia. La notizia battuta da un’agenzia potrebbe finire nell’elenco degli «ah sì?» di giornata, se non che quei «maledetti musi gialli» non fossero diventati i protagonisti di “Gran Torino”, l’ultimo capolavoro di Clint Eastwood. Nel film ne vediamo una famiglia coinvolta in una guerra tra gang nella periferia di Detroit, salvata dal vicino di casa, un reduce della guerra di Corea, dapprima ostile poi diventato loro amico salvatore, Walter Kowalsky (Eastwood).

Prima di Hollywood, il popolo degli Hmong, un’etnìa asiatica di circa 8 milioni di persone sparse tra sud della Cina, Laos, Thailandia e Nord del Vietnam, contando anche la comunità di emigrati negli Stati Uniti e in Australia, era stato un soggetto per le tesi di antropologia, una minoranza da proteggere per le organizzazioni umanitarie, un bel libro per il giornalista francese Cyril Payen, “Laos, la guerre oubliée” (Laos, la guerra dimenticata, Laffont 2007).

Per chi invece si ricorda della guerra in Indocina e in Vietnam, gli Hmong erano degli infami e il loro leader, il generale Vang Pao, come dicevano a Washington, «un figlio di puttana, ma il nostro figlio di puttana».

Tutto parte da una loro generale stranezza. Intanto non si capisce da dove arrivino, dalla Siberia, dalla Mongolia, o dal Tibet. Parlano una lingua e cinquanta dialetti, hanno la faccia da cinesi ma sono più tondi. Sono riconosciuti dalla Cina come uno dei 56 diversi gruppi etnici, ma la Thailandia e il Laos li tratta come immigrati illegali, tanto da destinarli a campi profughi. Un curriculum razziale vago che li destina a rimanere isolati, a farli sentire diversi, un po’ sempre ospiti degli Stati nazione. Non a caso quando si descrivono, come fa nel film anche la giovane Sue, dicono di essere gente di montagna, cioè persone- ci-facciamo-i-fatti-nostri.

Così quando ci fu l’occasione di sviluppare questa loro diversità etnica si sono facilmente arruolati per gli eserciti occidentali. La loro “infamia” parte negli anni ’40, quando furono assoldati dai francesi nella prima guerra in Indocina, per arrivare ai ’60 quando diventarono amici degli americani in cerca di sponde interne per contrastare il regime comunista di Ho Chi Min e Giap, fino ad arrivare alla costituzione di milizie alleate e combattenti contro i vietcong.

La storia però non aiuta gli “infami”. Finita la guerra, meglio persa, gli americani non si portarono dietro gli Hmong, ridiventati nel frattempo “Miao”, come li chiama chi li disprezza. Pochi riuscirono ad arrivare al di là dell’Atlantico. Chi rimase si asserragliò nelle giungle del Laos, ad aspettare i nemici, come se fossero il capitano Kurtz di “Apocalipse now”. Lo ha raccontato il giornalista Cyril Payen, che li ha incontrati: conservano ancora le armi di 40 anni fa, una cartuccia o due a testa, e mangiano radici.

Quelli scappati in Thailandia vivono nei campi profughi, sono circa 8mila. Il governo di Bangkok ogni tanto, come ieri, li rimpatria «volontariamente» in Laos. Gli Hmong non ci vogliono andare, perché i laotiani li trattano come clandestini e non come rifugiati e poi perché sanno che quella non è la loro patria, non avendone una. Nella realtà, però, non c’è nessun Walter Kowalsky che possa difenderli.

giovedì, marzo 26, 2009

Speciale viaggi di Repubblica sugli zingari del mare Rawai Beach

A pesca con gli zingari del mare
di Nicoletta Del Pesco dal sito: http://viaggi.repubblica.it/dettaglio/A-pesca-con-gli-zingari-del-mare/216353
A Phuket, forse la destinazione turistica più nota del paese, si ha la possibilità di entrare in contatto con gli ultimi rappresentanti di una popolazione nomade che naviga da tempi antichissimi nei mari del Sud Est asiatico: i Chao Lay
La scelta di soggiornare a Phuket, forse la destinazione turistica più nota della Thailandia quasi totalmente asservita al turismo di massa, può avere vantaggi da non sottovalutare. Ci sono molti hotel di medio e alto livello che in bassa stagione, da aprile a fine ottobre, si fanno concorrenza con conseguente notevole riduzione dei prezzi, un'occasione per provare il massimo del confort a prezzi accessibili.

Inoltre l'isola è il punto di partenza di un vasto numero di gite giornaliere su magnifiche spiagge spesso disabitate. Infine in tailandese stranieri che vengono dal mare, comunemente noti come zingari del mare. La Thailandia è un paese ospitale, specchio di contraddizioni dove modernità e tradizione convivono non senza sussulti, attrae per i sensazionali templi buddisti e le spiagge bianche lambite da acque cristalline, ma è anche tristemente famosa per essere una delle mete preferite del turismo sessuale.

L'incontro con gli zingari del mare, dal colorito bruno che li fa assomigliare agli indonesiani, avviene nella baia di Rawai, sullo sfondo le palme da cocco nascondono le caratteristiche case in legno su palafitte che i Chao Lay costruiscono nei pressi delle spiagge dove trovano rifugio. Il mare limpido culla le barche affusolate, dai colori vivi, con motori fuori bordo con l'asse incredibilmente lungo, da cui deriva il nome long tail, che sono capaci di muoversi anche sui bassi fondali.

La spiaggia, poco frequentata da nuotatori a causa del fondo fangoso, è una tappa interessante proprio perché confina con il villaggio dei Chao Lay e il loro mercatino del pesce. Si pensa che gli zingari del mare, provenienti dal mar delle Andatane e che parlano un dialetto simile al malese, siano i più antichi abitanti di Phuket. Sono una piccola comunità matriarcale, poche centinaia di persone che ancora oggi vivono di pesca e che trovano rifugio in quest'enclave, circondata da villaggi turistici."Lo sfruttamento intensivo di Rawai Beach mette a rischio l'integrità culturale e le usanze della mia gente" spiega Sam mentre i suoi compagni stanno ultimando i preparativi per uscire a pesca "oggi solo un terzo del nostro popolo vive costantemente in mare gli altri, che stanno sulla terraferma, spesso sono costretti a spostarsi dall'avanzare delle strutture turistiche. Solo comunità come quella di Kho Phi Phi, localizzata in una zona costiera di difficile accesso, può sperare di sopravvivere indisturbata".

La barca prende il largo, all'orizzonte spuntano, come piovuti dal cielo, alti faraglioni punteggiati di verde rigoglioso, scogli, piccole isole verdi collinose che si affacciano su fondali incantevoli. La barca arriva sul posto prefissato, l'eventuale presenza di nasse non è segnalata in superficie per evitarne l'identificazione da parte dei concorrenti. I pescatori iniziano la vestizione, le mute sono in realtà pantaloni di tuta e magliette a maniche lunghe, i piedi calzano mocassini di plastica che consentiranno di camminare veloci sul fondo, le mani sono protette da guanti per evitare le pericolose ferite di coralli e rocce.
Dalla maschera, che Oak e Touk appoggiano con cura sulla faccia, esce un tubo simile a quello che usiamo nei nostri giardini per bagnare le piante, ma è lungo diversi metri ed è acciambellato sul fondo della barca con l'estremità collegata a un compressore. Da li verrà pompata l'aria mentre i pescatori lavoreranno sott'acqua. Prima di saltare nel blu ciascun uomo si premura di avere con sé i tre anelli di metallo di circa venti centimetri, intersecati tra loro, strumento indispensabile per convogliare i pesci verso la rete.

Tuffatisi in acqua i pescatori arrivano rapidamente sul fondo dove raccolgono la pesante pietra che permetterà loro di spostarsi senza riemergere. Oak e Tong operano agili attorno alla rete sistemata a u in attesa dei pesci. Gli uomini scuotono con forza i cerchi di metallo, il rumore si diffonde nel mare, terrorizza i pesci che si muovono veloci per allontanarsi dal frastuono e cadono in trappola senza possibilità di scampo, la rete si chiude. La risalita sarà più lenta della discesa. I rischi corsi sono molti. La rete viene issata, il fondo della barca si riempie di pesce mentre Oak e Tong riemergono, anche oggi hanno portato a termine il lavoro, hanno assicurato cibo alla loro comunità.
(20 marzo 2009)

Dal Sito Amici di Phuket:

Phuket

I veri abitanti di Phuket Island

A Rawai, (dove abito) è presente una piccola comunità di Zingari del Mare (Chao leh)

kho bon

I Chao Leh, sono gli ultimi rappresentanti di una popolazione Indo-pacifica, di religione animista, immigrata nel Mar delle Andamane circa 5000 anni fa. Questa popolazione di pescatori oggi ridotta a circa 400 individui, è vissuta liberamente nell'isola fino a qualche anno fa. Io li considero gli unici veri abitanti di Phuket, il turismo di massa è lo sfruttamento intensivo di Rawai Beach ne hanno di fatto modificato "integrità culturale" ed usanze.

Comunque consiglio a tutti i visitatori una escursione al villaggio di Rawai dove potrete trovare il mercato del pesce locale, perle e souvenir di ogni genere.
conchiglie chao leh

Inoltre da RAWAI BEACH è possibile noleggiare i Taxi Boat LONG TAIL (Tipiche imbarcazioni Thai lunghe e strette), per vedere tutte le piccole isole deserte e stupende che si trovano al Sud di Phuket. Le più belle sono Kho Bon, Kho Lone, Kho Coral, Kho Kaew <--Clicca

mappa rawai
Escursioni Amici di Phuket e contatti: http://www.amicidiphuket.it/pagine/contatti.htm

Affidati alla nostra esperienza per organizzare le tue escursioni

mare

Clicca per ingrandire le foto

chao leh chao leh long tail
chao leh chao leh long tail
chao leh chao leh
long tail

chao leh chao leh long tail
chao leh
chao leh long tail
chao leh
chao leh
long tail

rawai
rawai
rawai

Phuket History: http://www.phuket.net/visit-phuket/about/history.htm


Population of Phuket: http://www.phuket.net/visit-phuket/about/population.htm

mercoledì, marzo 25, 2009

Ancora problemi per il tempio di Preah Vihear


Phnom Penh, 25 mar. (Ap) - Circa 100 soldati tailandesi hanno fatto irruzione oggi in territorio cambogiano, in un'area di confine in cui sorge un tempio reclamato da entrambi. Un portavoce del Consiglio dei ministri della Cambogia ha detto che i militari tailandesi sono pesantemente armati e si trovano al momento un chilometro oltre il confine ovest, dove si trova il tempio di Preah Vihear.

Il portavoce, Phay Siphan, ha detto che l'invasione militare tailandese non ha provocato scontri a fuoco, ma "entrambe le parti sono in stato di allerta".

I vertici militari cambogiani hanno chiesto alla parte avversa di ritirarsi oltre il confine per evitare che la situazione degeneri.

martedì, marzo 24, 2009

Nel Blu sempre più Blu, Similan Islands Foto.

Appena rientrato dalle Similan queste sono alcune foto, appena ho tempo sul sito ci sarà tutto il racconto del viaggio e video.

http://www.facebook.com/album.php?aid=2019142&id=1379508605&l=d4e4c3447f

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