lunedì, luglio 28, 2008

Si vota in Cambogia, mentre continua la demagogia sul contezioso con BKK.


Gianpasquale Polloni

Domenica 27 Luglio 2008

Phnom Penh - Dopo quelle del 1998 e del 2003, e due elezioni amministrative nel frattempo, arriva (domenica) per il Partito del Popolo Cambogiano, al potere in Cambogia dagli anni Ottanta, una nuova sfida elettorale. Tutti si chiedono se sarà il solito pleonastico esercizio elettorale, che ribadisce il pieno potere del premier Hun Sen sul paese e nel suo stesso partito, o se emergerà qualche crepa nel sistema cambogiano, che unisce l’ultra-liberismo economico a un autoritarismo arrogante e intollerante. Il recente ritocco alla legge elettorale permette di governare con la metà più uno dei voti dell’Assemblea nazionale, invece dei due terzi necessari in precedenza, e spiega la sicurezza con cui il partito al potere affronta la sfida.

Mercedes, Suv e propaganda

Le grottesche e rumorose carovane che sfilano per la capitale sono inframmezzate dalle lussuose Mercedes e dagli enormi e costosissimi Suv dei notabili; il resto della gente viaggia su camion imbandierati coi segni dei partiti, stracarichi e con potentissimi altoparlanti che promettono pane, sviluppo e la fine della corruzione. Tutto tace attorno e la gente non esprime la propria opinione né applaude al passaggio di questi folcloristici cortei. Cominciata in modo più leggero e partecipato, la campagna elettorale ha cambiato volto dopo l’uccisione nel pieno centro della città del vice direttore di un giornale di opposizione, che insieme al figlio ventenne, ucciso anch’esso, tornava dallo stadio. Era stata arrestato e imprigionato poco tempo prima. Il duplice assassinio si aggiunge a una lunga lista di uccisioni di giornalisti e sindacalisti, per i quali finora non sono mai stati arrestati i colpevoli.
L’opposizione al partito principale é costituita da una serie di partiti e partitini, diversi per consistenza, ma non per programma politico: lottare contro la corruzione e proteggere l’indipendenza del paese dagli immigrati. Nota di colore, oscuro, la presenza del recentissimo Khmer Republican Party, creato dal figlio di Lon Nol, per promuovere gli ideali del regime del Maresciallo Lon Nol, che con l’aiuto statunitense diede vita a un regime di nefandezza e corruzione tali da far propendere i cambogiani per gli allora gà sanguinari Khmer Rossi.
Il partito monarchico, Funcinpec, che era maggioritario nel ’93, é sempre più indebolito dagli scandali e dal suo stesso ex presidente, il principe Ranariddh, che ha fondato un nuovo partito che porta il suo stesso nome. Il Sam Rainsy Party è forse il meglio piazzato fra tutti, avendo raggiutgo percentuali superiori al 25 % alle ultime amministrative. Il Srp catalizza il malcontento della classe media urbana, esclusa dai circuiti dell’arricchimento predatorio di questi anni, e ha al suo attivo un decennio di accanita lotta politica contro il governo e il Partito del Popolo Cambogiano. L’incognita che i risultati risolveranno riguarda la capacitá del Sam Rainsy Party di raccogliere voti nelle campagne e di diventare il portavoce dello scontento generale che sta montando nel paese. É anche possibile prevedere un calo della partecipazione al voto, confrontando i dati delle ultime elezioni svoltesi nei 1621 comuni cambogiani: la partecipazione è calata dal 87.48% nel 2002 al 67.87% nel 2007. Altri atteggiamenti, come la volontà di boicottaggio e di attiva astensione dal voto sono stati annunciati da parte dei rappresentati delle minoranze indigene delle province del Nordest, che vedono le loro terre ancestrali e le loro risorse naturali scomparire giorno per giorno ad opera di voraci compagnie private o di ricchi e potenti notabili, rischiano di alterare il quadro delle votazioni.

Al centro la conquista della terra

Come per altri paesi una volta in via di sviluppo e che hanno abbracciato con trasporto le dottrine neoliberali, sottomettendosi di buon grado alle imposizioni di Fmi, Banca Mondiale e Wto, la Cambogia ha visto montare una crescita economica da capogiro - 10% nell’ultimo anno - , insieme alla miseria e a un abisso profondo fra chi da queste politiche ha tratto beneficio, e chi ne ha pagato le conseguenze. Il paese è in preda a una frenesia speculativa, sull’unico bene essenziale, la terra. Il prezzo di una risaia di pochi ettari vale molto di più di quanto un contadino cambogiano, strangolato dai debiti, possa mai pensare di guadagnare. Passa di mano velocemente, creando nuovi latifondi e nuovi migranti senza terra. Quando non è venduta, viene spesso confiscata, con l’aiuto di guardie armate e soldati. Nella capitale le cose non vanno meglio, intere aree sono state confiscate e la popolazione espulsa. Si vende e si compra e, nei ministeri, gli alti funzionari passano ore al telefono ad arrangiare affari aspettando il fine settimana in cui si parte con il Suv in gite fuoriporta alla ricerca di nuova terra da conquistare. Migliaia sono le denunce di contadini e abitanti di villaggi truffati e scacciati con la forza dalle loro terre.
La febbre speculativa impazza anche nel nel mercato immobiliare: il prezzo di un appartamento a Phnom Penh ha raggiunto livelli europei. Le banche, fiorite negli ultimi anni, incuranti dei risultati catastrofici della “bonanza” bancaria statunitense, offrono prestiti quasi senza condizioni. Il mercato è così promettente, le speculazioni così facili e remunerative, che hanno fatto irruzione i famigerati Equity Funds. Su tutto pesano i prezzi, andati alle stelle, di cibo e carburante, che rendono la vista delle fiammanti fuoristrada sempre più indigesta agli occhi della gente normale.

Il caso di Preah Vihear

A complicare le cose, a pochi giorni dal voto, é intervenuto il contenzioso territoriale con la Thailandia a proposito del tempio pre angkoriano di Preah Vihear. Dichiarato il 7 luglio dall’UNESCO patrimonio dell'umanità, il tempio si trova in territorio cambogiano, secondo la decisione della Corte Internazionale Onu nel 1962, ma è stato, come per altri territori, occupato di fatto dai tailandesi, che ora rivendicano una striscia di terra: quella che permette l’accesso dal loro versante. Al momento si stanno fronteggiando centinaia di soldati armati fino ai denti, e diversi tentativi di negoziato sono falliti.
In Thailandia il contenzioso è sfruttato a fini politici da settori anti-governativi, e ha sollevato proteste e manifestazioni nell’area interessata. In Cambogia, l’iscrizione all’UNESCO percepita come una dimostrazione di forza nazionalista che avrebbe dovuto rinvigorire l’appoggio al governo, rischia ora di sfuggire di mano o di rivelarsi una questione ben più complessa e pericolosa per la nazione. Il governo thailandese ha posto il veto ad un intervento di mediazione dell’ASEAN e la Cambogia ha minacciato di rivolgersi al consiglio di sicurezza dell’Onu. Tutto é rinviato al giorno dopo le elezioni cambogiane, quando si incontreranno i rispettivi ministri della difesa.
Tra appelli patriottici a sostenere con donazioni i soldati al fronte e il via vai delle star dello spettacolo a sostenere il morale delle truppe, la campagna elettorale è ritornata ai uno dei suoi contenuti più sfruttati, la demagogia nazionalista. Tra pochi giorni si saprà se tutto questo ha ancora presa sui cambogiani, e se l’edificio del potere è sempre così inespugnabile.

Uscito su il manifesto
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