giovedì, novembre 12, 2009

Mister T. ne combina un'altra delle sue, adesso gli vogliono tagliar la testa.

Hanno suscitato le proteste di Bangkok, che avvierà procedure penali, le dichiarazioni sulla monarchia thailandese fatte dal deposto premier Thaksin Shinawatra, neo-consulente del governo cambogiano. Colpa dell’ex primo ministro è l’aver detto, dalle colonne del quotidiano Times, che il sistema monarchico del proprio paese andrebbe riformato.

Mai parole possono essere più offensive in una nazione dove il re è venerato come una divinità. Immediata si è scatenata l’ira del governo di Bangkok, già irritata con Phnom Penh per l’incarico offerto a Thaksin. «Un affronto simile è punibile con la decapitazione della famiglia fino alla settima generazione», ha dichiarato Thepthai Senpong, portavoce del premier Abhisit Vejjajiva. Thaksin, dal canto suo, ha tentato di riparare alle gravi dichiarazioni con un comunicato in cui afferma di essere stato frainteso e «pronto a morire per la famiglia reale».

L’ex primo ministro fa bene a preoccuparsi, perché in Thailandia l’offesa al re e alla monarchia può costare cara. Nonostante i golpe militari, il re continua a essere molto amato dalla popolazione, fiera di avere il sovrano più longevo del mondo: Bhumibol Adulyadej (nome reale Rama IX) è al potere dal 1946, con 63 anni di regno.

L’ex premier deve stare attento a quello che dice su di lui. Nel 2007 per lesa maestà è stato condannato a dieci anni di carcere un cittadino svizzero, Oliver Jufer, mentre a gennaio di quest’anno allo scrittore australiano Harry Nicoladeis è stata inflitta una pena di tre anni di prigione. In entrambe i casi è intervenuto il re in persona, che ha concesso la grazia. In Thailandia, è bene ricordarlo, c’è anche la pena di morte (attraverso iniezione letale), sebbene applicata ai soli casi di traffico di droga e omicidio.

Per capire quanto i thailandesi amino re Adulyadej bastano pochi esempi. Lo scorso 19 settembre il sovrano è stato ricoverato in ospedale. Le sue condizioni di salute, al momento migliorate, hanno destato preoccupazione tra la popolazione, tanto che nei templi si pregava per lui. Ma non era raro vedere anche degli elefanti, fatti inginocchiare davanti alla foto del re, pure loro in preghiera.

Ma non è il solo caso. Sebbene la Costituzione assegni al re un ruolo simbolico e non politico, in Thailandia il lunedì (giorno in cui è nato Adulyadej) viene celebrato indossando una maglietta gialla, il colore della monarchia. E sempre in suo onore sono feste nazionali il 5 maggio e il 5 dicembre (rispettivamente giorno dell’incoronazione e del compleanno).

Sulla figura del sovrano thailandese aleggia, fin dai secoli passati, una sorta di mito che rimanda ad antichi splendori, come quelli della Grande corona della vittoria: completamente in oro e diamanti è alta 51 centimetri e pesa 7,3 chili. Viene indossata quando il re ascende al trono.

La grandezza della monarchia thailandese è tutt’uno con quella del suo territorio: il regno del Siam, come veniva chiamata la Thailandia fino al 1939, è stato l’unico paese a essere rimasto indipendente e non colonizzato, stretto tra le Indie britanniche e l’Indocina francese.

Più di tutti, però, ad alimentare il mito è il libro “Anna e il re del Siam”, della scrittrice statunitense Margaret Landon. Il romanzo, pubblicato nel 1944, è la storia vera di Anna Leonowens, istitutrice inglese a cui il re thailandese Mongkut (Rama IV) affidò nel 1862 l’educazione all’europea delle sue 39 tra mogli e concubine e dei suoi 82 figli. Il libro è un ritratto del Siam del XIX secolo e del suo sovrano illuminato: Mongkut fu il primo re thailandese ad avviare relazioni diplomatiche con l’esterno e a studiare l’inglese. Appassionato di astronomia, predisse l’eclisse di sole del 18 agosto 1868. La sua personalità ha affascinato anche Hollywood e Broadway: dal libro della Landon sono stati tratti un musical, un cartone animato e due film. Il più recente è “Anna and the King” del 1999, con Jodie Foster nei panni dell’istitutrice inglese.

Fonte: http://www.libero-news.it

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