domenica, febbraio 18, 2007

Report dalla Thailandia: I Festeggiamenti del Royal Barge

Fonte: http://www.culturalnews.it/Article.aspx?c=40&a=1102

Grande spazio sui giornali hanno avuto persino le foto di una provetta photoreporter appassionata del settore: la Principessa Maha Chakri Sirindhorn in persona, che il 12 giugno, durante i festeggiamenti della traversata del Royal Barge lungo il Chao Praya, ha immortalato il suo punto di vista, attraverso una modernissima compatta digitale, i cui scatti sono stati accolti dai principali giornali thay con grande gaudio, come è facile immaginare. Il Regno di Siam, insomma, ha vissuto giornate gloriose, da incorniciare, appunto.
Il 12 giugno 2006, la giornata in cui il Royal Barge ha sfilato davanti agli occhi dei regnanti del Pianeta affacciati dal Quartier Generale della Marina Reale, è stata una data storica ed un po’ speciale persino per il Re Bhumibol in persona. Infatti, è stato riferito che è stata la prima volta in assoluto nella quale ha potuto assistere alla sfilata sul Chao Praya del Royal Barge. Eppure, in sessant’anni di Regno aveva partecipato alla processione acquatica annuale delle imbarcazioni storiche senza perderne nemmeno una. Lui stesso ha partecipato sedendosi sul Suphannahongse oppure sul Golden Swan, le più importanti delle imbarcazioni regali. Il 12 giugno 2006, tra le 52 barche storiche che hanno partecipato alla processione sul Chao Praya, ve n’erano quattro principali: Suphannahongse, Narai Song Suban His Majesty King Rama IX, Anantanakharaj e Anekacharat Phuchong. L’imbarcazione regale intitolata Narai Song Suban HM King Rama IX fu costruita specificamente per Sua Maestà il Re in occasione del Golden Jubilee del 1996. E lo stesso Sovrano prese parte alla processione sul Chao Praya con le imbarcazioni regali in quell’occasione.
Bangkok, quindi, oggi più che mai vive a cavallo tra la tradizione ricevuta dai fasti dell’antico Regno del Siam e la versione contemporanea, fatta di caos, traffico, smog ma anche dal desiderio di possedere quanto più possibile gli stilemi della vita e dell’estetica occidentale. A fine giugno 2006, ad esempio, a Bangkok s’è svolta la Settimana della Cultura Francese, in accordo con l’Ambasciata di Francia in Thailandia, occasione grazie alla quale i thailandesi hanno potuto guardare più da vicino gli esiti delle ricerche in ambito francese, soprattutto sul versante moderno, dal Sette-Ottocento fino ad oggi. Anche solo passeggiando attraverso le sky-ways nei pressi della linea ferroviaria sopraelevata Sukhumvit oppure nella City commerciale di Bangkok, tra il Paragon Center ed il Siam Center, si poteva ascoltare -attraverso gli altoparlanti dislocati un po’ dovunque in modo discreto- musica francese eseguita dai più celebri chansonniers del Novecento. E tutto questo mentre letteralmente sotto i piedi, il traffico ruggiva in ogni dove. Questo è lo stato delle cose nella cosiddetta Città degli Angeli, dove nove milioni circa di persone convivono nella quintessenza di quella parte d’Asia vogliosa di primeggiare senza tralasciare le proprie radici storiche, etniche e culturali. Basta aggirarsi per la metropoli per rilevarne questa peculiare ambivalenza.
Al Siam Center, nella Torre 2, battezzata “Fashion for Fun”, all’ultimo piano, declinato in “Food for Fun”, lo stile è ultra-moderno, ogni settore cucina “a isola”, ti consegnano una card a scalare, mangi quel che vuoi e paghi all’uscita. Vedo spesso ragazze con le amiche che, dopo il college, vanno a divertirsi tra i colori, le tv sintonizzate sui divi pop oppure sui Mondiali di Calcio Germany 2006, oppure le ragazze ci vanno con le mamme tra uno shopping e l’altro. Alcuni studenti si applicano nell’apprendimento della Matematica e mangiano gelati, gli occidentali abbondano per gli stessi motivi per cui detestano le modernità “anonime” che spersonalizzano i luoghi esotici.
Passeggiando e lasciandosi andare alle direzioni più casuali, tra King Rama IV -dove si può visitare uno dei capisaldi del misticismo buddhista, cioé il Wat Traimit (uno dei più noti Templi buddhisti tra i più di 400 che popolano Bangkok), si può anche capitare nel bel mezzo di ponderose cerimonie funebri e spingendosi fino alla City ci si può letteralmente “perdere” nello shopping entrando nello shopping mall denominato MBK tra Ploenchit Road e Petchaburi Road, oppure si può visitare la Jim Thompson House & Museum. Se si capita nell’ora giusta, c’è una visita guidata in inglese (ve ne sono anche in francese) e quand’ho riferito all’ingresso di essere italiano, le hostess mi hanno dato un piccolo testo persino in lingua italiana, il biglietto costa 100 baht.
Jim Thompson, americano, dopo il servizio militare attivo, durante la Seconda Guerra Mondiale, torna n Thailandia e lì decide di viverci. Essendo architetto, si interessa prima dell’arte della tessitura poi –anima e cuore- alla progettazione di una stupenda struttura in stile metà coloniale metà thay puro. Si tratta di sei case raggruppate, tutte fatte in legno di tek e costruite su due livelli, proprio per giungere pronti all’appuntamento con eventuali inondazioni. Oggi vi è anche un bel negozio di sete, abiti ed oggetti d’arredo, oltre che una sala espositiva destinata alle mostre o –appunto- ad un evento come “Stitching the Wound” dedicato alla cura delle ferite inferte dai fondamentalismi, tema cocente in Thailandia: anche in tempi recentissimi e da svariati anni ci sono stati tragici attentati nelle tre province meridionali ai confini con la Malaysia, soprattutto nel Narhatywat. L’evento è stato curato da Iola Lenzi e si è svolto dal 24 giugno al 30 settembre 2006, aperto però da danze con bambine di ogni etnìa e religione rintracciabili in Thailandia, nel giorno della sua inaugurazione. Jim Thompson, però, è diventato una vera e propria leggenda, poiché il 27 marzo 1967, durante una visita a Cameron Highlands, in Malaysia, scompare. Rimane la sua casa ma di lui non s’è saputo più nulla.
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