martedì, ottobre 02, 2007

Diritti umani, libere riflessioni...

[Maynmar-Birmania]: La giunta militare ha isolato il paese, ma ne ha fatto un mercato internazionalizzato: orientato all'export e privatizzato, con frotte di emigranti. Due milioni di birmani vivono in Thailandia, serbatoio di lavoro a basso costo.

Spesso la Birmania è definito un paese isolato: ed è verissimo, se si guarda al sistema culturale proposto dalle dittature militari fin dal 1962: ma è anche una verità del tutto parziale. La Myanmar della giunta militare è un paese ad alta internazionalizzazione, nel senso che ha un'economia orientata all'export come da classico manuale liberista. Dal 1988 una raffica di privatizzazioni, controllate nel modo più autoritario possibile dal vertice politico amministrativo, ha contraddistinto la nuova economia del paese. L'intreccio di interessi con i paesi vicini si è accompagnato a un forte controllo della popolazione, ma non ha potuto impedire i contatti. Il segno forse più importante è la popolazione birmana residente in Thailandia, paese che confina con la Birmania per migliaia di chilometri di foresta e mare.

Un'emigrazine considerevole. Secondo uno studio della Mahidol University di Bangkok, i birmani in Thailandia arrivano a due milioni, in gran parte privi di qualsiasi documento, clandestini profondi che passano la frontiera più volte nelle due direzioni. Alcuni da soli, altri pagando le bande di frontiera. L'esodo è cominciato dopo il 1988. La prima ondata, dopo la repressione dei tremila morti dell'agosto di quell'anno, era fatta di studenti e attivisti in cerca di asilo politico e solidarietà. Erano migliaia, furono in gran parte rifiutati dalle autorità e dovettero accontentarsi di vivere da clandestini, contando sulla solidarietà della società civile. Dopo pochi mesi però cominciò un altro flusso di emigrazione, il passaggio clandestino di lavoratori, disoccupati, donne e giovani che fuggivano da una società senza lavoro e senza respiro.

La frontiera tra Thailandia e Birmania è fuori controllo per ampi tratti. Per le donne, forzate all'esodo per lavorare come prostitute, il viaggio era organizzato da protettori, gruppi armati sedicenti politici, trafficanti di droghe e contrabbandieri. Le ragazze birmane furono collocate nei bordelli a basso prezzo, per thailandesi che non potevano permettersi i massage parlour di un certo tono o una escort girl, cantanti da balera in hotel fumosi e poco illuminati. Le ragazze aprirono una falla che tese subito ad allargarsi. Sempre secondo la ricerca della Mahidol University, ci sono oltre 100.000 collaboratrici domestiche birmane in Thailandia. La domanda di servizio è garantita dalla crescita dei ceti di nuovi consumatori urbani, tecnici, intellettuali, imprenditori, commercianti, sui cui acquisti e sul cui stile di vita «simbolicamente lussuoso» si fonda una parte del successo del modello asiatico di sviluppo. La crescita dei consumi dei «New Thai», come amano definirsi, permette l'espansione economica interna senza intaccare il mitico basso costo della forza lavoro thailandese (secondo gli operatori turistici, malgrado la maturità del sistema ricettivo thai, i salari sono ancora tra i più basi del mondo). E una parte non secondaria dei lavoratori a basso reddito del miracolo thai sono oggi i birmani, emarginati e sotto la costante minaccia dei controlli della polizia e anche, sempre secondo la Mahidol, delle estorsioni in cambio di mancata denuncia, provenienti da varie parti.

I birmani di Thailandia provengono in parte rilevante dalle minoranze etniche - Shan, Kachin, Karen e e altre - che abitano le regioni periferiche del paese, dove da decenni guerriglie locali contestano il potere centrale e dove traffici illegali sono una parte importante dell'economia e una minaccia costante ai contadini dei villaggi. Molti hanno sottolineato la scarsa influenza esercitata dai paesi dell'Associazione delle nazioni del sud-est asiatico (Asean) sulla giunta militare della Birmania, che è un paese membro. Solo le Filippine hanno chiesto l'espulsione di Myanmar. Ma sono gli intrecci di economie semiclandestine e di complicità che possono rendere comprensibile un comportamento cosi di basso profilo a livello organizzativo e diplomatico.

Durante il tsunami, i birmani spazzati via dall'onda nel Sud non furono registrati tra le vittime. Nessuno poteva sapere quanti fossero: fu scelta la formula di dire che erano tornati a casa. La giunta non disse neppure una parola, togliendo dall'imbarazzo tutti. Un esempio dell'intesa di buon vicinato tra paesi, al di là delle posizioni dei governi.

Anche la vasta area di economie illegali ai confini è probabilmente sorretta da cordiali scambi. Il generale Maung Aye, classe 1937, numero due del regime, deve parte del suo potere al fatto di essere stato tra gli anni '70 e '80 il responsabile dell'esercito nella regione del cosiddetto Triangolo d'Oro (dove si toccano Birmania orientale, Thailandia e Laos), che era allora la zona di maggior produzione mondiale di oppio, materia prima per l'eroina. Le relazioni con i trafficanti gli avrebbero fruttato vantaggi e conoscenze preziose. Forse non solo con i trafficanti: nel Triangolo, ciascuno entro le rispettive frontiere, ci sono anche l'esercito thailandese e quello laotiano. La famiglia del numero 1 della giunta militare, Than Shwe, ha lasciato Rangoon il 26 settembre per una visita in Laos ed è felicemente atterrata all'aeroporto di Vientiane.

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- autore dell"articolo Renato Novelli
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