lunedì, settembre 27, 2010

A tutti gli amici e clienti delle nostre strutture Baan SS Kata & Karon.

Quest'anno le richieste di prenotazione per alta stagione sono arrivate con largo anticipo, e quindi mi ritrovo a fine settembre con ormai quasi tutto prenotato!!
Bene direte voi, si OK ma molti amici hanno il volo riservato e non la camera...
Allora tranquilli, per KATA la nostra nuova struttura sarà finita per alta stagione, penso Dicembre ci sarà apertura. Leggere qui:
http://amicidiphuket-giornale.blogspot.com/2010/09/novita-amici-di-phuket-per-anno-2011.html

Altra struttura di KATA quella del mio
ufficio per intenderci tutto pieno dal 20/12/2010 al 15/01/2011 prima
e dopo solo qualche “buco”.

Karon molto richiesta, ho ancora per capodanno poche camere, si contano su una mano, per i mesi da Dicembre fino a Marzo tutto prenotato 80%

Quindi chi necessita di prenotare la camera presso nostre strutture lo invito a contattarmi quanto prima possibile via mail: info@amicidiphuket.it
Chi prima prenota meglio alloggia ;)

Foto & Video

italia Al Baan ss Karon si parla Italiano

Baan ss Karon, Patak road, 83100 Phuket Thailandia

telefono Telefono: +66 76396541 FAX: +66 76396451

info Informazioni & Prenotazioni: Vai al form contatti

mail Mail diretta: info@guesthouse-kata-karon.com

Foto Deluxe Room

deluxe room

Foto Family Room

deluxe room

Connecting Room

deluxe room

Family room 3 letto

deluxe room

Family Suite

deluxe room

sabato, settembre 25, 2010

Storiaccia di pietre preziose, poliziotti corrotti, e colpi di scena...


ALESSANDRO URSIC PER LA STAMPA - Fonte: http://altrimondi.gazzetta.it/2010/09/la-maledizione-del-diamante-bl.html

Frustrati dal muro di gomma eretto dai thailandesi, dopo 20 anni i sauditi quasi preferivano non pensare più a quella spy story all’orientale in cui avevano perso gioielli per milioni di dollari, la vita di quattro funzionari e tanti, tanti chili di bile. Derubati prima, turlupinati poi: quello era il danno, sufficiente per inquinare da allora i rapporti tra Bangkok e Riyadh. Ora è arrivata la beffa: la prospettiva di vedere uno dei principali sospettati promosso a numero due della polizia thailandese. Così, la ferita causata dalla «maledizione del diamante blu» è tornata a sanguinare.

C’è di tutto in questa storiaccia di pietre preziose, poliziotti corrotti, torture, omicidi mai risolti e coperture politiche, eppure iniziata nel 1989 con un semplice furto. Un giardiniere thailandese del principe saudita Faisal, primogenito dell’allora re Fahd, ruba dalla cassaforte della principessa «rubini grandi come uova» e soprattutto un inestimabile diamante da 50 carati. Nasconde il bottino in una sacca per aspirapolvere e lo manda per posta aerea in Thailandia, dove però lo svende a un gioielliere scaltro. Su pressione di Riad, la polizia thailandese rintraccia presto i due uomini, restituendo il maltolto. Caso risolto? Tutt’altro. I sauditi si accorgono che quelle sono patacche, e decidono di inviare in Thailandia un loro uomo d’affari a investigare.

Nel febbraio 1990, a Bangkok, in due diversi episodi a poche ore di distanza vengono assassinati il console saudita e altri due funzionari. Nello stesso mese sparisce, e mai viene ritrovato, anche il detective di Riyadh. Nel frattempo, a sfogliare i rotocalchi e secondo voci ormai incontrollate, alcuni preziosi al collo di facoltose signore thailandesi - mogli dei più potenti uomini del Paese - somigliano un po’ troppo a quelli rubati. I sauditi si infuriano, cancellando i visti di centinaia di migliaia di lavoratori thailandesi nel regno. A Bangkok, intanto, la storia causa altre vittime. Il super-poliziotto che aveva guidato le prime indagini, Chalor Kerdthes, fa torturare il gioielliere scaltro; moglie e figlio di 14 anni muoiono poco dopo in un «incidente stradale» - uccisi con colpi alla testa, si scoprirà poi. Chalor viene condannato a morte per il doppio omicidio: oggi è ancora in carcere.

Poi, per 15 anni il nulla. Ma all'inizio di quest’anno, dopo che l’Fbi thailandese informa i sauditi di sospettare un tale Abu Ali - soprannome, neanche nome, più diffuso di Mario Rossi - dell’omicidio di uno dei loro diplomatici, arriva la potenziale svolta. Il tenente generale Somkid Boonthanom, a capo di una divisione regionale della polizia, è tra i cinque incriminati per l’omicidio di Mohammad al Ruwaili, l’investigatore saudita ucciso nel 1990. Somkid nega, ma il rinvio a giudizio sembra comunque un progresso. Peccato che a inizio settembre gli venga offerta la promozione a vicedirettore della polizia nazionale.

Riyadh protesta con un comunicato in cui neanche il linguaggio diplomatico riesce a dissimularne l’irritazione. Ma le autorità thailandesi, di fronte a un caso che riunisce tutti i peggiori stereotipi nazionali sulla corruzione delle forze dell’ordine e i loro intrecci con la politica, sembrano imperturbabili. Ai suoi cittadini, il governo di Abhisit Vejjajiva annuncia che il caso è risolto; incontrando l’incaricato d’affari saudita, il premier spiega invece che «forse Lei non possiede le informazioni corrette». Vengono invocate leggi contraddittorie, montagne di documenti da tradurre. La rabbia dei sauditi, invece di placarsi, monta. I visti di 13 mila musulmani del sud della Thailandia per il pellegrinaggio dell’Haji sono in sospeso «per cause tecniche».

Due giorni fa, l’ennesimo colpo di scena. Somkid, «per il bene delle relazioni tra i due Paesi», rifiuta l’incarico. Il vicepremier loda il suo «sacrificio». Ma è scontato che non finisca qui, e la prescrizione che incombe garantisce che la verità non emergerà mai. Quanto al diamante blu, facendo diventare il giallo una specie di romanzo onirico, l’Fbi thailandese ha anche avanzato l’ipotesi che non sia mai esistito. La maledizione che tocca chiunque gli si avvicini, quella però sembra esistere eccome.

mercoledì, settembre 22, 2010

Per il popolo Karen il lieto fine è relegato ai soli film di Hollywood.

Villaggi dati a fuoco. Stragi. Crocifissioni. Da anni l'etnia Karen è vittima di un olocausto perpetrato dalla giunta militare. Ora un gruppo di donne ha consegnato un agghiacciante dossier alle Nazioni Unite

Blooming, Fiorente, è il nome che ha scelto per comunicare con il mondo esterno. Arriva in motorino attraverso le strade ormai buie e semideserte di Mae Sot, al confine tra Thailandia e Birmania, dopo una riunione di ore con altre donne della Karen Woman Organization. È un organismo dove si raccoglie in esilio una piccola costellazione di gruppi femminili di questa etnia, divisi spesso da usi, costumi, religione, ma accomunati dal dramma della guerra nei loro luoghi d'origine, da decenni sotto il controllo dall'esercito birmano. Facile immaginare dall'espressione stanca di Blooming, che segue la fede battista, le discussioni estenuanti tra i diversi orientamenti buddhisti, animisti, cristiani (un sesto del totale) sul modo migliore di promuovere la causa karen. Pochi sanno, al di fuori della cerchia degli esperti di diritti umani, ciò che i karen sopportano in una striscia di terra isolata da tutto, nel militarizzato sud-ovest birmano.

Così è nato un dossier redatto in gran parte da Blooming grazie al difficile e pericoloso lavoro svolto in diversi anni, villaggio per villaggio, tra i distretti di Papun, Dooplaya, Thaton, Nyaunglebin, Pa-an.

Diversi team di donne della Kwo sono partiti da Mae Sot, senza macchine fotografiche e telecamere per motivi di sicurezza. Dopo aver girato diversi campi profughi lungo il confine e ascoltato le storie delle donne scappate dalle zone di guerra, le inviate della Kwo sono entrate clandestinamente in Birmania per contattare i kaw kisa, i capi maschi delle comunità rurali devastate dal conflitto. Ma presto hanno potuto scoprire che negli ultimi anni gli uomini sono quasi scomparsi dai villaggi, per diventare guerriglieri o per sfuggire in esilio alle persecuzioni. Anche il posto dei kaw kisa era stato preso da coraggiose kaw kisa mux, le donne-capo, nella speranza che i soldati potessero mostrarsi meno brutali verso di loro. Ma basta leggere le testimonianze, ora inviate anche alle Nazioni Unite, per capire come mai al dossier sia stato dato il titolo: "Camminando su coltelli affilati".

Il testo completo riporta 95 storie di donne tra i 25 e gli 82 anni, in gran parte ex kaw kisa mux, qualcuna ancora in carica. Ognuna di loro, indistintamente, si è trovata a mediare in condizioni di perenne pericolo tra truppe militari del Consiglio per la Pace e lo Sviluppo (sigla dei generali birmani), i loro alleati karen dell'Esercito democratico buddhista (Dkba), i guerriglieri separatisti del Karen National Union, e infine i propri stessi paesani. Troppo spesso hanno assistito impotenti all'esproprio di riso, polli e maiali, alle razzie di donne, alla fame, alla deportazione, a rappresaglie brutali, a violenze carnali, perfino alle crocifissioni di uomini e donne. Loro stesse hanno pagato con la vita o con tragedie familiari di ogni genere la decisione di accettare l'incarico di capi villaggio. "È stato come scavarsi la fossa con le proprie mani", racconta Daw Way Way Thein, cinquantunenne del distretto di Thaton.

Naw Htu Pit, una karen del distretto di Pa-an, ha smesso di dirigere il villaggio quando "sono stata costretta a seguire con la forza il capitano Myint San del battaglione 108. Sono stata violentata ma non voglio parlare di questo. I miei figli ora sono grandi e non voglio che si vergognino di me. Ero andata in segreto a portare del cibo a una ragazza in campagna, e quando i soldati l'hanno vista hanno stuprato anche lei. Aveva solo 14 anni. L'esecutore era il capitano Tun Oo dal battaglione 28".

Non sempre le testimoni sono in grado di rivelare i nomi dei soldati più crudeli, come quelli che rapirono la figlia quindicenne di una delle capovillaggio di Dooplaya, diventata pazza per il trauma.

Nella stessa area Daw Pyone May, 53 anni, è stata protagonista di un episodio che ha messo a dura prova anche la sua stabilità mentale. "L'esercito birmano", dice, "sparò coi mortai contro il villaggio e molti innocenti vennero uccisi o feriti. Delle dieci vittime cinque appartenevano alla stessa famiglia. Ho chiesto il permesso di vedere i cadaveri e quando me li sono trovati davanti ho perso il mio cuore. Non posso esprimere più di questo, è troppo doloroso per me ricordare lo stato orribile di quei corpi di innocenti. Ma ho dovuto organizzare la loro sepoltura, è stato il mio dovere più triste".

È dal giorno della liberazione dagli inglesi (ai quali i karen furono devoti alleati contro principi e generali birmani) che questa etnia paga quasi in silenzio, giorno dopo giorno, la sua fedeltà. A poco è servito anche l'interesse suscitato a Hollywood dal "Rambo IV" di Sylvester Stallone, ispirato proprio all'oppressione dei karen. Ma la storia del "popolo di Meiktila", il lago delle Lacrime cadenti, va indietro nei secoli, quando i principi guerrieri del Myanmar presero a trattare la seconda minoranza del Regno peggio degli animali. I racconti della guerra contro il Siam (attuale Thailandia), descrivono l'abitudine dei soldati birmani di usare i karen come portatori (succede ancora oggi) e di praticare dei buchi nelle loro orecchie per farci passare gli spaghi del giogo, impedendogli così di scappare durante le lunghe marce nella foresta.

I karen hanno un passato di sottomissione sotto ogni regno o regime, non avendo mai avuto un proprio Stato, né una terra promessa. Solo gli inglesi, a parole, volevano dargliene una. Ma poi furono costretti ad andarsene, lasciando gli ex alleati al loro destino. Il Karen National Union nacque principalmente per iniziativa di leader cristiani che erano stati educati dai britannici, salvo poi vedervi confluire volontari di ogni religione. Ma presto una larga fetta di buddhisti, stanchi della egemonia cristiana sulla guerriglia, si staccò dalla leadership e si alleò all'esercito birmano sotto la sigla Dkba.

Secondo le testimonianze delle donne capo-villaggio, questi militanti sono diventati dei nemici della propria stessa gente. "Ogni anno", racconta Daw San Pyu, "il Dkba pretende 2 mila tetti di palme intrecciate e io devo commissionarli ai miei paesani e consegnarli. Nel 2001 un esattore del Battaglione numero 1 venne ferito da una mina e tutta la gente del villaggio, me compresa, fu minacciata e picchiata".

Per Blooming, fuggita dalla Birmania nel 1988 durante le rivolte studentesche e i rastrellamenti casa per casa, tirare fuori le storie delle capo-villaggio e farle conoscere al mondo è stata una missione. Il suo impressionante rapporto va ad aggiungersi agli altri che da anni si accumulano sulle scrivanie delle Nazioni Unite e delle organizzazioni dei diritti umani del tutto impotenti di fronte al potere dei militari birmani, protetti dall'appoggio cinese, oltre che russo e ora anche indiano.

Le protagoniste di molte delle 95 storie descritte vivono ancora nei sette campi profughi che ospitano più di 120 mila persone e dove sono spesso nati e cresciuti i loro figli, oggi adulti. Qualcuna è operaia nelle fabbriche tessili thai dove si lavora 12 ore al giorno per guadagnare il pasto quotidiano e qualche soldo da mandare a casa. Altre vivono come possono in un'attesa senza tempo tra baracche e tende, sfamate dalla misericordia delle organizzazioni religiose e umanitarie. Ma per quelle rimaste all'interno della cortina di ferro l'incubo resta, e il lieto fine è relegato ai soli film di Hollywood.

Fonte: http://espresso.repubblica.it/dettaglio/birmania-e-un-genocidio/2134535//0

sabato, settembre 18, 2010

Papà per la terza volta...

Un bimbo impara presto papà, papà, correndo incontro due mani forti che ti tengono in alto.
I sorrisi si abbracciano, si uniscono così per la vita.
Nulla cambierà gli anni scorrono e quel papà sempre lì pronto per quel bimbo, ora giovane pronto per adolescenza...
Nulla cambia questa unione incomprensioni e diversità che siano.
Un papà ama e basta, corre e soccorre senza chiedere senza domandarsi.
Non ci sono limitatezze giustificabili nel fare il papà.
Sono qui ad aspettare forse per sempre...

mercoledì, settembre 15, 2010

Novità Amici di Phuket per anno 2011


Prima di tutto grazie a tutti quelli che hanno usufruito dei nostri servizi agenzia e hanno dormito presso le Guest House BAAN ss di KATA & KARON nell'anno presente.
Sono qui per annunciarvi che il 2011 sarà un anno particolare per noi, abbiamo deciso di credere in Phuket e per questo continuando sulla strada intrapresa fino ad ora annuncio apertura di una nuova struttura ricettiva in Kata.
Data ufficiale inaugurazione sarà comunicata a breve, comunque inizio anno, si tratta di un grande investimento per noi.
Nella zona The Beach Center tra le più esclusive di Kata la struttura avrà disponibili 18camere di qualità Deluxe con relativi servizi paragonabili ad un 4stelle, piscina, ecc...
Inoltre apriremo un piccolo ristorante con cucina Thai ed Italiana attrezzato per le colazioni al mattino, con prezzi molto economici offerti i nostri clienti.
La scelta della zona di Kata non e casuale, è tra le spiagge che offre il miglior compromesso tra servizi e mare, ideale per famiglie con bimbi e coppie. Il Kata Beach Center è un'area molto tranquilla e silenziosa, niente bar e puttanai simili nelle vicinanze, la spiaggia dista solo 300metri.
Appena sarà possibile pubblicherò nei miei siti foto e listini prezzi, attualmente le richieste per alta stagione hanno di fatto quasi esaurito del tutto la disponibilità camere presso le nostre “vecchie” strutture di di KATA & KARON.
Sono a disposizione per ogni info tramite mail come sempre amicidiphuket@email.it

sabato, settembre 11, 2010

Baan ss KATA prezzi inverno 2011

La nostra piccola agenzia viaggi e Guest House con solo 6 camere negli ultimi anni ha ricevuto un forte consenso e le richieste di prenotazione sono arrivate puntuali anche quest'anno.
Per il periodo dal 25-12-2010 al 10-01-2011 ormai è tutto Full booking.
Abbiamo deciso di mantenere i prezzi come all'apertura del 2006, quindi alla faccia della recessione e svalutazione Euro sul Baht le nostre camere sono tra le più economiche a pochi metri dalla stupenda spiaggia di Kata Beach.
Grazie ai tanti amici che quest'anno tornano a trovarci ed hanno già prenotato, per chi ha bisogno di info non esitate a scrivermi.

Guesthouse Kata Beach

Baan SS Kata - Amici di Phuket

La soluzione confortevole, economica, trendy, sulla spiaggia di Kata Beach.

Situata nella zona di Kata Beach a breve distanza dal mare, subito dietro il Club Med, Baan SS Amici di Phuket è la soluzione ideale per chi vuole spendere poco senza rinunciare al Confort e Finiture di qualità. Le camere sono nuove e tutte arredate con stile, dispongono di ogni confort, aria condizionata, frigo bar, cable Tv (Raitalia), telefono, bagno in camera acqua calda, cassetta sicurezza, pulizie giornaliere, cambio biancheria, asciugamani, sapone, ecc...

Per gli ospiti è disponibile la doccia all'ingresso utile per chi arriva dalla spiaggia, servizio lavanderia, deposito bagagli, prenotazione escursioni,internet, noleggio auto e motorino...

alta prezzi 2011

Per Prenotare:

Mail diretta: info@amicidiphuket.it

Indirizzo: Kata Road, Kata Muang, 83100 Phuket Thailandia
Telefono: +66 76 333452

Skype: amicidiphuket

Estate Stagione 2010

2009

Dal 16/04/2010 Al 31/10/2010 LOW SEASON

Camera balcone dietro 1000THB

Camera balcone davanti lato mare 1300THB

Inverno Stagione 2011

2009

Dal 01/11/2010 Al 15/04/2011 HIGH SEASON

Camera balcone dietro 1400THB

Camera balcone davanti lato mare 1600THB


Foto & Video nel sito: http://www.amicidiphuket.it/pagine/baankata.html

mercoledì, settembre 08, 2010

Marcia per la pace nel sud Thailandia.



THAILANDIA
Una marcia di 1.100 chilometri per la pace nel sud fra buddisti e musulmani
di Weena Kowitwanij
Oltre 70 persone hanno marciato per 55 giorni, per ricordare che l’impegno per la pace riguarda tutti. Dal 2004 i continui attentati tra buddisti e islamici nel sud del Paese hanno fatto oltre 56.950 morti e 11.390 feriti.

Bangkok (AsiaNews) – Una marcia per la pace, per ricordare a tutti che la pace e la convivenza sono possibili nelle martoriate province thailandesi insanguinate da anni dalle continue uccisioni tra islamici e buddisti. Oltre 70 persone, tra cui monaci buddisti, hanno coperto dall’11 luglio al 1° settembre i 1.100 chilometri dall’Università Mahidol nel distretto di Salaya alla moschea centrale della provincia di Pattani.

Il pomeriggio del giorno d’arrivo, l’imam Therathep Sriyapan, governatore di Pattani, ha accolto il gruppo ringraziandolo “per l’impegno per ripristinare la serenità e la pace in questa parte della Thailandia”.

Kothom Araya, presidente del Centro ricerca per costruire la pace dell’Università di Mahidol – organizzatore dell’evento insieme al Consiglio religioso per la pace nella Thailandia meridionale – ha ricordato che “costruire la pace è un dovere di tutti. Noi vogliamo rendere ognuno attento a costruire la pace e fermare qualsiasi atto violento nelle province meridionali”.

Il buddista Phra Phaisan Visalo ha sottolineato che “la marcia è stata anche per la pace dentro il proprio cuore”.

Alla marcia hanno partecipato anche “camicie gialle” e “camicie rosse”, come sono chiamati gli oppositori e i sostenitori del governo, secondo le magliette che per convenzione indossano. Nei mesi scorsi le due fazioni hanno avuto contrasti anche violenti. Ma in questa marcia membri dei due gruppi si sono aiutati e sostenuti a vicenda.

Nel Paese la violenza non si ferma: tra ieri sera e stamattina nelle province meridionali di Narathiwat, Yala e Pattani ci sono stati 5 morti e 4 feriti in vari attentati, sia buddisti che islamici, sia civili che militari.

Il maggior generale Jirasak Chomparasop, Commissario del 22° Circolo militare a Pattani, dice ad AsiaNews che dal 2004 a oggi ci sono stati almeno 9.922 attentati, con 56.950 morti e 11.390 feriti.

Egli dice che, per raggiungere la pace, il suo gruppo sta cercando di “seguire l’esempio di re Bhumibol, che incoraggia a cercare la comprensione, l’incontro con la gente in modo amichevole e uno sviluppo sostenibile”. Per debellare una violenza che “è diminuita come numero [di attentati] ma diventa sempre maggiore”.

martedì, settembre 07, 2010

La Birmania e la farsa delle elezioni.

Dopo oltre vent'anni, il 7 novembre la Birmania tornerà quindi al voto. Ma l'ultima tappa della "road map verso la democrazia", come il regime ha chiamato il suo programma pluriennale, non riscalda gli animi in patria e tra i vari gruppi della diaspora. Anzi: con tutte le restrizioni e gli ostacoli posti dalla giunta militare, sembrano ormai esserci pochi dubbi sul fatto che le elezioni saranno poco più di una farsa organizzata per dare l'illusione di un cambiamento, mentre in realtà le redini del Paese rimarranno in mano alla stessa struttura di potere.

Nonostante un intero sistema organizzato per garantire una vittoria - il 25 percento di seggi parlamentari garantiti ai militari, senza contare le enormi risorse economiche a disposizione del partito del regime - la giunta non ha lasciato niente al caso, nel fissare le regole del gioco. Aung San Suu Kyi sarà tenuta prigioniera durante tutto questo periodo: già esclusa dal voto per il suo essere vedova di uno straniero e poi condannata ad altri 18 mesi di arresti domiciliari per aver ospitato un intruso americano, dovrebbe tornare in libertà una settimana dopo il voto. Per presentare candidati, secondo le nuove norme elettorali, la sua Lega nazionale per la democrazia (Nld) avrebbe dovuto espellere il premio Nobel per la Pace: ha scelto di boicottare il voto, andando coscientemente incontro allo scioglimento forzato. I dissidenti del movimento hanno formato un nuovo partito, la Forza democratica nazionale (Ndf), il cui seguito è però tutto da verificare.

Annunciando la data del voto lo scorso 13 agosto, il regime ha anche fissato una finestra di due settimane - da subito - per la registrazione dei candidati. Se lo scopo era restringere la rosa delle candidature (ognuna delle quali costava 500 dollari, sette volte tanto lo stipendio mensile medio in Birmania), è stato raggiunto: un'opposizione frammentata e perennemente a corto di fondi, oltre a essere divisa lungo linee etniche, non riuscirà ad andare (cumulativamente) oltre i 500 candidati nelle liste dei 1.162 seggi in palio, tra le due camere del Parlamento e quelle regionali.

Il "Partito unione solidarieta' e sviluppo" (Usdp), nel quale sono confluiti vari ex generali e che raccoglie l'enorme base dell'associazione civica Usda, non ha avuto invece problemi nel candidare i suoi uomini in ogni singolo seggio. In molte circoscrizioni, quindi, il candidato del regime sarà vincitore senza neanche votare. "Per conoscere i risultati del voto, non servirà aspettare il 7 novembre", confida a PeaceReporter un ricercatore di un'associazione che dalla Thailandia monitora gli abusi dei diritti umani in Birmania. "Basterà vedere la lista finale dei candidati per seggio, e già si potrà capire la composizione del Parlamento".

Per i 42 partiti ammessi al voto, tra l'altro, gli ostacoli non finiscono qui. In campagna elettorale vige il divieto di scendere in piazza, cantare slogan e tenere qualsiasi discorso che ''infanghi l'immagine del Paese''. Qualsiasi tipo di uscita in pubblico va autorizzata con largo anticipo. La stampa, ovviamente, è controllata in modo ferreo, e oltre 2.000 prigionieri politici rimangono in carcere. Senza osservatori elettorali ammessi nel Paese, anche nel caso qualcosa dovesse andare storto, nessuno potrà controllare eventuali brogli per ritoccare i numeri.

La vittoria schiacciante del partito del regime, insomma, non è in discussione. Resta però da capire quale sarà l'assetto del potere nel dopo-elezioni. Un piccolo giallo si è aperto nei giorni scorsi, dopo che il sito Irrawaddy ha rivelato un rimpasto ai vertici della giunta, che avrebbe portato alle dimissioni di una decina di generali tra cui il "generalissimo" Than Shwe, 77 anni, numero uno del regime dal 1992. Senza riferirsi direttamente all'indiscrezione, qualche giorno dopo la stampa statale ha però chiamato Than Shwe con il nome per esteso della sua carica all'interno della giunta, suggerendo quindi che lo status quo non è cambiato.

Una progressiva uscita di scena della vecchia guardia è comunque inevitabile. Resta da capire se sarà per questioni di età o solo di forma: una scuola di pensiero crede che Than Shwe smetterà l'uniforme solo per poter così essere eletto presidente, mentre altri propendono per una pensione dorata, dopo essersi cautelato piazzando i suoi fedelissimi a sua protezione. "Non è ancora chiaro quali siano le sue reali intenzioni", spiega a PeaceReporter Benedict Rogers, autore di una biografia di Than Shwe, "ma credo che cercherà di mantenere parte del suo potere, da presidente o con un ruolo dietro le quinte come fecero Ne Win fece in Birmania, o Deng Xiaoping in Cina, nei loro ultimi giorni". Se le elezioni andranno come tutti prevedono, non sarà certo un nuovo governo a ostacolare la sua decisione.

Alessandro Ursic

giovedì, settembre 02, 2010

Promozione camere Kata & Karon settembre 2010

Speciale promozione Settembre 2010 prezzo a notte 900THB per tutte le camere compresa la nuova struttura di Karon

promo

*Prezzi a CAMERA Doppia e Singola uguali si intendono per notte. La struttura si può pagare solo in valuta locale Thai Baht oppure con carta di credito.

Per conversione aggiornata controlla talbella cambio (clicca sotto)

CAMBIO AGGIORNATO


Collegati al sito BAAN SS KATA Oppure BAAN SS KARON

Connecting Room

deluxe room

Family room 3 letto

deluxe room

Family Suite

deluxe room



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