lunedì, febbraio 28, 2011

Standard Room The Orchid House


Camera Standard nostra nuova struttura The Orchid House KATA.
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Anche per le camere più economiche abbiamo curato i minimi particolari...



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mercoledì, febbraio 23, 2011

Amore in Thailandia è tabù

Al contrario di quanto molti pensano, la Thailandia rimane conservatrice in tema di sesso. Tra mille contraddizioni e ipocrisie
Uno dei più erronei luoghi comuni sulla Thailandia è che sia una specie di bordello a cielo aperto in cui praticare l'amore libero. Se si va oltre i quartieri a luci rosse, si scopre in realtà ben presto un Paese molto conservatore in tema di sesso e pieno di contraddizioni e ipocrisie, che una recente ondata moralizzatrice applicata al cinema – con trailer innocenti censurati e un film addirittura messo al bando – ha riportato a galla.

Certo: la Walking Street di Pattaya, Patpong e Nana a Bangkok, Patong a Phuket sono luoghi di perdizione, dove frotte di stranieri pagano per avere rapporti con ragazze (e ragazzi) spesso provenienti dalle campagne. Meno evidente, ma ancora più diffusa, è la prostituzione a beneficio degli uomini thailandesi - i “karaoke bar”, gli “entertainment complex” e le sale massaggi dove tutti sanno cosa c'è in offerta.

La prima contraddizione è che la prostituzione è proibita dalla legge, che vieta anche i sexy shop; in realtà, molte tra le strutture più popolari sono gestite da pezzi grossi dell'esercito e della polizia, che ne traggono enormi profitti anche tramite mazzette. (L'attuale ministro del Commercio – tra l'altro - è la figlia del proprietario del più grande “entertainment complex” di Bangkok). L'altra è che, nonostante interi villaggi vivano in sostanza con i soldi che le figlie mandano a casa dai loro “lavori in città”, le prostitute sono guardate malissimo dal resto della società, e in particolare dalle classi medio-alte di Bangkok (che poi magari si abbandonano nelle loro braccia alla sera).

Con il mondo del proibito ipocriticamente confinato nel suo recinto, la società thailandese rimane conservatrice nei rapporti di coppia. Baciarsi in pubblico è un tabù, e anche vedere coppie passeggiare mano nella mano è raro. La verginità prima del matrimonio è – almeno in teoria – un valore rispettato, anche se poi tra i giovani è prassi avere diverse storielle anche contemporanee a una relazione seria. Di recente, una statistica ha messo la Thailandia al secondo posto mondiale per ragazze madri tra i 15 e i 19 anni, anche per la totale assenza di educazione sessuale e la riluttanza dei genitori a toccare l'argomento.

Le autorità thailandesi sembrano però vivere in un loro mondo a parte, in cui i giovani vanno protetti dalle malvagie influenze della libidine e qualsiasi manifestazione di affetto va censurata. Nelle ultime settimane, dal trailer nei cinema del film “Love Julinsee”, una delle tante commediole adolescenziali che tanto vanno di moda qui, è stata tagliata le dolci scene in cui i giovani lui e lei – nell'obbligatoria divisa scolastica – si avvicinano per baciarsi; le immagini del bacio vero e proprio erano già state omesse dal regista per evitare polemiche, ma per i censori non è bastato.

Figuratevi la sorte toccata allora a “Insects in the backyard” (Insetti nel cortile sul retro), un film indipendente che conteneva esplicite scene di sesso tra uomini, bambini che si prostituiscono e meditano di uccidere il padre transessuale. Il regista – che voleva evidenziare le ipocrisie thailandesi sull'omosessualità e far riflettere sui pregiudizi - puntava a un'uscita limitata, con divieto per i minori di 20 anni; il National Film Board lo ha invece messo all'indice, proibendone la diffusione in Thailandia tout court, in quanto “contrario alla moralità”.

In tv, le contraddizioni sono ancora più assurde. Nelle soap opera thailandesi ci possono essere sanguinolente immagini di violenza, ma una scena d'amore tra i due protagonisti viene solo fatta intuire: musica e luci soffuse, sguardi languidi, lui e lei che magari si adagiano sul letto e poi... stop. Due secondi dopo magari si sono già rivestiti. Non si turba il pubblico pudore, si è capito: il problema è che poi arriva puntuale la scena in cui l'uomo sbatte la donna sul letto contro la sua volontà, soggiogandola per soddisfare le sue voglie. Di solito finisce che, per riparare allo stupro, la donna diventa la partner del violentatore o è costretta a farci affari. Amazing Thailand.

Link: http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=175&ID_articolo=93&ID_sezione=358&sezione=

sabato, febbraio 12, 2011

Thailandia e Cambogia sono sull'orlo della guerra per un luogo di culto indù vecchio 900 anni.

Non si spara più da qualche giorno, ma non illudiamoci che sia finita qui. Tra Thailandia e Cambogia, come ha detto ieri il primo ministro cambogiano Hun Sen, “ormai è guerra”. Tutto per colpa di un tempio indù vecchio oltre 900 anni e conteso da decenni. Quasi tre anni di scaramucce militari hanno causato almeno 20 morti – ma è diffuso il sospetto che siano anche il quintuplo. Quelli dello scorso fine settimana (3 thailandesi e 5 cambogiani morti) sono però stati gli scontri più violenti, e lo spazio per la diplomazia sembra ridursi sempre più.

Sono tornato a Bangkok ieri sera, dopo alcuni giorni dalla parte thailandese della frontiera. Sono ripartito con un senso di assurdità per questa situazione, e di amarezza nel constatare come i rispettivi nazionalismi e i giochi a fini di politica interna alla fine causino sofferenza – in totale si contano oltre 20 mila evacuati, che ora stanno rientrando nelle loro case - a contadini innocenti da entrambi i lati del confine, che hanno vissuto intorno a quelle terre contese da decenni.

Il Preah Vihear (Khao Phra Wiharn per i thailandesi) è stato assegnato alla Cambogia dall'Onu nel 1962. E allora perché è conteso ancora oggi, direte voi? Innanzitutto per il pasticcio di non aver mai attribuito con certezza 4,6 chilometri quadrati di territorio circostante, con un'entrata ben più agevole dalla parte thailandese che da quella cambogiana. E poi perché i nazionalisti thailandesi possono appellarsi allo scherzetto che gli combinarono i francesi a inizio Novecento, tracciando la frontiera tra il regno di Siam e l'Indocina francese: la linea coincideva con lo spartiacque su quelle colline, salvo allargarsi per inglobare il Preah Vihear dalla parte francese. Il problema, per i thailandesi, è che non dissero niente per oltre quarant'anni.

Dal 2008, quando l'Unesco dichiarò il tempio Patrimonio mondiale dell'umanità, i nazionalisti thailandesi si sono impuntati sulla questione. Parlano di “perdita di territorio nazionale”, tirano fuori mappe di cento anni fa. Ora, dopo gli ultimi scontri, incitano apertamente a invadere la Cambogia, prendersi i templi di Angkor Wat e poi costringere Phnom Penh a cedere in cambio il Preah Vihear. E' fantapolitica, e i nazionalisti in piazza da due settimane davanti alla sede del governo di Bangkok non sono mai più di due migliaia. Ma fanno rumore; e dato che in molti vedono nelle loro proteste del 2008 il “lavoro sporco” che contribuì alla caduta di due governi sgraditi all'establishment militare-monarchico, non vanno sottovalutati. Anche se ora il governo di Abhisit Vejjajiva è quello teoricamente più vicino alle loro posizioni, lo attaccano senza pietà imputandogli di essere debole sulla questione.

Un'analisi sul “perché ora?” richiederebbe un altro pezzo sulla politica interna thailandese. Dietro questo atteggiamento c'è comunque un senso di superiorità e un nazionalismo radicato da decenni, frutto di una propaganda basata su una rivisitazione della storia a vantaggio dell'establishment; e da parte cambogiana, il risentimento di essere trattati come poveri bifolchi, nonché privati della gloria dell'impero Khmer.

I thailandesi – specie l'elite sino-thai di Bangkok - si sentono migliori dei cambogiani, che hanno la pelle più scura, strane credenze animiste mescolate al loro buddismo, e sono molto più indietro economicamente: “Devono aver finito i proiettili”, mi ha detto sghignazzando un autista thailandese alla frontiera commentando sulla calma dopo gli scontri, riferendosi ai soldati cambogiani. Soprattutto, vedono la Cambogia come una ex provincia del regno di Siam (che si estendeva all'incirca sul Laos e la Cambogia di oggi) e ancor prima della mitica “Suvarnabhumi” (“terra d'oro”) - una specie di Eden tropicale mai esistita nei termini in cui la descrivono qui. Così, anche un antico impero indù di architettura tipicamente Khmer – quando i thailandesi per come li intendiamo oggi non erano ancora calati su questa regione dalla Cina – diventa “eredità storica thai” agli occhi dei nazionalisti. E anche se non vanno in piazza, in molti condividono questa mentalità.

Questa arrogante ignoranza infastidisce i cambogiani e i laotiani; e sul tempio, è come se i thailandesi raccontassero a se stessi un'altra verità, senza badare alle decisioni degli organi internazionali. Mentre Phnom Penh protesta all'Onu, il governo di Bangkok sostiene che la crisi si può risolvere bilateralmente: l'atteggiamento – in questa e in altre situazioni dove la posizione ufficiale è ampiamente attaccabile - è sempre della serie “non avete le corrette informazioni, noi thailandesi sì”. Oggi la Thailandia si è anche opposta a una visita al tempio da parte dell'Unesco: “Complicherebbe la situazione”, hanno detto – e probabilmente è vero, ma per loro.

Così, la speranza che le due parti si mettano al tavolo delle trattative al momento è davvero bassa. Sul Preah Vihear ci sono due verità, due confini disegnati in maniera diversa nelle mappe a disposizione dei due contendenti. Anche nel caso la crisi rientri e le armi tacciano, la questione verrà semplicemente messa da parte, non risolta. Un atteggiamento - questo del mettere la polvere sotto il materasso, invece di pulire – comune da queste parti; il problema è che così, la polvere si accumula. Prima o poi torna fuori, ed è ancora peggio.

Link: http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=175&ID_articolo=91&ID_sezione=358&sezione=

martedì, febbraio 08, 2011

L'antico tempio Preah Vihear il centro della discordia tra Cambogia & Thailandia.

Il Primo Ministro Hun Sen

Da venerdì scorso, truppe cambogiane e thailandesi si stanno affrontando lungo la frontiera tra i due paesi, e nonostante il “cessate il fuoco” delle ultime ore la situazione non migliora. Finora ufficialmente si parla di cinque morti, anche se le fonti stampa parlano di un numero molto maggiore su entrambi i fronti. Molti, inoltre, gli sfollati, costretti a lasciare in fretta e furia la propria terra.

La frontiera tra i due stati in alcuni punti non è mai stata delineata precisamente, a causa delle differenti interpretazioni delle mappe francesi di epoca coloniale. Oggetto della disputa l’area (circa 4,6 km²) dove sorge l’antico tempio Preah Vihear. Questo risale all’undicesimo secolo, epoca dell’impero Jemer, ed è stato dichiarato nel 2008 “patrimonio dell’umanità” dall’UNESCO.

Nonostante la sentenza del Tribunale Internazionale di Giustizia, con sede a L’Aja, risalga al 1962 e dichiari il territorio e il tempio facenti parte del territorio cambogiano, ad oggi la Thailandia si rifiuta di riconoscere tale situazione.

Il Primo Ministro cambogiano, Hun Sen, in una dichiarazione televisiva si è rivolto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, affinché adotti le misure necessarie per porre fine all’aggressione thailandese. Ovviamente di tutt’altro stampo le dichiarazioni dell’omologo a Bangkok, che addebita la responsabilità interamente alle truppe cambogiane e che ritenendo la questione puramente bilaterale, giudica non necessaria l’intromissione delle NU.

È della giornata di oggi l’annuncio dell’iniziativa di Marty Natalegawa, ministro degli esteri dell’Indonesia e attualmente presidente dell’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN), che sarà in visita prima a Phnom Penh e poi a Bangkon, con l’intento di ricercare una soluzione diplomatica tra i due paesi.

In Thailandia, intanto, la situazione interna si sta facendo sempre più delicata, viste le richieste e le continue manifestazioni delle nazionaliste “camicie gialle”, che vogliono il recupero del sito da parte del proprio paese, esercitando pressioni sul primo ministro Abhisit Vejjajiva, il quale si trova tra l’incudine ed il martello, politicamente parlando, viste le future elezioni.

Link: http://www.wakeupnews.eu/il-tempio-della-discordia/

venerdì, febbraio 04, 2011

Le "camicie gialle" hanno promesso di intensificare le proteste...


THAILANDIA - Le ‘camicie gialle’ tailandesi hanno promesso di intensificare le proteste se il governo di Bangkok non reagirà alla condanna a otto anni di carcere comminata da un tribunale cambogiani a due leader del movimento, arrestati in una zona di confine contesa tra i due Paesi. “Il governo ha tre giorni per rispondere alle nostre richieste, tra cui il rimpatrio dei due condannati”, ha detto il portavoce del movimento, Parnthep Pourpongpan. Da una settimana centinaia di camicie gialle sono accampate attorno ai palazzi del governo, accusato di essere troppo morbido nella disputa territoriale con Phnom Penh, e preparano una grande manifestazione per sabato. La scorsa settimana il movimento aveva portato per strada oltre 30mila, con la promessa di manifestare ad oltranza qualora le loro richieste non fossero state accolte dal primo ministro, Abhisit Vejjajiva un tempo loro alleato.

Martedì l’attivista nazionalista,Veera Somkwamkid e il suo segretario, Ratree Pipattanapaib sono stati condannati per essere entrati illegalmente in Cambogia. Assieme ad altri cinque compagni, tra cui un parlamentare, sono stati arrestati a dicembre durante un’ispezione vicino al luogo su cui sorge il tempio di Preah Vihear. Risalente all’undicesimo secolo d.C., il tempio, dedicato al dio Shiva, è considerato uno dei capolavori dell’architettura Khmer. Nel 1962, una pronuncia della Corte di giustizia internazionale assegnava il luogo di culto alla Cambogia. Una scelta mai del tutto accettata da Bangkok che considera il tempio uno dei tesori della propria tradizione culturale e agita l’argomento della sovranità sull’area per alimentare il sentimento nazionalista. Con la decisione dell’Unesco a luglio 2008 di dichiarare Preah Vihear patrimonio mondiale dell’umanità, la contesa tra i due Paesi si è acuita e ha sfiorato più volte lo scontro armato negli ultimi tre anni

Conservatori e fedeli alla monarchia i gialli, riuniti nell’Alleanza del popolo per la democrazia (PAD), furono gli animatori delle manifestazioni che crearono le condizioni per il golpe contro l’ex premier Thaksin Shinawatra, deposto nel 2006 e ora in esilio per sfuggire a un processo per corruzione. Nell’autunno di due anni fa la decisione del primo ministro cambogiano, Hun Sen, di nominare Thaksin suo consigliere economico sfociò in una crisi diplomatica tra Bangkok e Phnom Penh, rientrata quando l’ex primo ministro tailandese si dimise dall’incarico, ufficialmente per motivi personali.

Fonte: NTNN.info

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