domenica, dicembre 25, 2011

Natale in Thailandia?

Pervasa dal kitsch consumistico, la festività è svuotata di ogni significato. Per sopravvivere, serve lasciarsi andare e abbandonare il proprio spirito critico

Gli abeti risplendono di luci, la neve orna le strade del centro, nei negozi e negli hotel risuonano “Jingle Bells” e “White Christmas". Anche qui, insomma, è arrivato il Natale. Solo che, trattandosi di Bangkok, gli alberi e la neve sono ovviamente di plastica, le canzoni tipiche non dicono niente ai thailandesi, e l’intera atmosfera trasuda di kitsch consumistico.

Il Natale asiatico, per di più a temperatura tropicale, è insomma un’esperienza surreale. La mia prima volta fu tre anni fa, quando mi ero trasferito a Bangkok solo da un mese: senza la famiglia attorno, con ancora pochi amici, fu un mezzo trauma. Per farci l’abitudine, bisogna dimenticare le tradizioni e il proprio spirito critico. Meglio non farsi troppe domande, di fronte alle festività al tempo della globalizzazione.

In Thailandia, il Natale (pronunciato “Crit-mat” dai locali) è un’esperienza totalmente svuotata di significato. La maggior parte dei thailandesi, al 95 per cento buddisti, ignora quale sia l’origine della festa - così come succede con Halloween - e non si scambia regali. Ma in qualche maniera è diventato un must per i centri commerciali che continuano a spuntare nella metropoli, e non solo per attirare i tanti stranieri residenti o di passaggio. Fa comunque “sanuk”, il concetto del divertimento leggero che da queste parti impera.

L’atmosfera “natalizia” parte già a fine ottobre, quando luci e addobbi fanno la loro prima apparizione all’esterno degli shopping mall. A livello di pacchianeria, quest’anno il primo premio va senza dubbio all’abete del neonato “Terminal 21”: oltre alle solite luci e filoni, è adornato da riproduzioni in plastica di monumenti storici che vanno da Stonehenge alla Muraglia cinese, dal Colosseo alla Torre di Pisa.

A dicembre i commessi iniziano a indossare un berretto da Babbo Natale, qualche orchestrina intona canzoni natalizie all’entrata dei centri commerciali più chic, le catene di donut americane introducono nuove linee di ciambelle a tema, e si può sfruttare qualche “saldo di Natale”. Molti occidentali espatriati, se si concedono un ritorno a casa all’anno, lo fanno ora. Per quelli rimasti in città, c’è un’ampia scelta di “pranzi di Natale” nei tanti hotel di lusso di Bangkok.

Un motivo per non scappare da tutto ciò però c’è: a dicembre e gennaio il clima a Bangkok è più piacevole del solito. Di giorno si sale come sempre oltre i trenta gradi, ma di sera si può quasi sentire il bisogno di vestire una camicia a maniche lunghe. Per gli stranieri è un evento da ricordare con nostalgia fino all’ “inverno” successivo, i thailandesi invece non ci vedono niente di positivo: capita di sentirsi dire “bbbrrr, che freddo oggi” quando invece per un europeo è la serata migliore dell’anno. Ma come per il Natale ai tropici, meglio lasciar da parte le domande.

E allora “Merry Crit-mat” a tutti.

Fonte: http://www.lastampa.it/redazione/default.asp

lunedì, dicembre 19, 2011

La terza invasione di Ayutthaya
Luca Maria Scarantino
Fonte:
http://www.ilsole24ore.com/

«Tutta questa zona», mi dice il collega che mi accompagna ad Ayutthaya, «era sott'acqua». L'autostrada che da Bangkok porta verso il nord è tuttora punteggiata di veicoli semidistrutti. Ai lati della strada, migliaia di sacchi di sabbia si mescolano ai cumuli di mattoni usati per costruire muri di contenimento. Sono alcuni tra i segni tuttora visibili delle catastrofiche alluvioni che hanno colpito la Thailandia negli ultimi mesi. Lo "tsunami lento", com'è stato chiamato, ha provocato centinaia di vittime, sconvolto quasi metà di un Paese più grande della Spagna e bloccato gran parte della produzione industriale (con effetti globali: l'industria automobilistica giapponese è delocalizzata in Thailandia). Tra le zone alluvionate si trovano anche alcuni tra i maggiori siti del patrimonio culturale del Paese, a cominciare dall'antica capitale Ayutthaya. I suoi grandiosi siti archeologici sono rimasti sommersi per oltre un mese.
Secondo i dati forniti dal ministero della Cultura, l'alluvione ha interessato oltre un centinaio di monumenti storici nella sola area di Ayutthaya. Le autorità locali lasciano intendere che i danni al patrimonio archeologico, iscritto nella lista del Patrimonio mondiale dell'Unesco, sono limitati. Una campagna popolare di pulizia dei principali siti di interesse storico è stata lanciata in collaborazione con l'autorità nazionale per il turismo: secondo il Governo regionale, sarà sufficiente a rimettere in buono stato la maggior parte dei monumenti colpiti dall'alluvione. Alla vigilia della stagione di maggior afflusso turistico dell'anno, è un ottimismo comprensibile. Intanto però la zona antistante il Wat Chaiwattanaram, tra i maggiori templi della città, è desolatamente deserta. Il luogo è spettrale. L'area, per metà ancora sommersa, è ora completamente priva di vegetazione. L'intero complesso, ci spiega un ufficiale di guardia, resterà chiuso il tempo di valutare i danni. Tutto quel che si può fare è osservare dall'esterno. Alcuni giornalisti locali e una decina di turisti è tutto quel che incontriamo in mezza giornata.
Altrove, come nel vicino Wat Yai Chaimongkhon con il celebre Buddha sdraiato, la situazione sembra migliore. Le pompe idrovore hanno funzionato, ci dice un inserviente. Tuttavia, gli esperti si mostrano prudenti. Tim Curtis, responsabile dei Beni culturali per l'Unesco a Bangkok, ha avvertito circa la necessità di valutare gli effetti dell'acqua nel medio e lungo periodo. Sebbene la maggior parte dei visitatori di Ayutthaya porti con sé l'immagine delle grandi sculture in pietra, le fondamenta e le strutture portanti dei templi sono in mattoni. La loro stabilità è ora sotto osservazione. L'acqua, la cui altezza ha superato in alcuni punti i due metri, ha in gran parte ricoperto i numerosi affreschi. Uno specialista italiano del restauro dei dipinti murali, Carlo Giantomassi, tra i componenti di una missione scientifica internazionale incaricata di stilare un primo bilancio della situazione, ha messo in evidenza i danni arrecati alle pitture. Le prime analisi hanno evidenziato la presenza di nitrati e solfati nell'acqua entrata a contatto con le pareti.
L'alluvione di quest'anno non sembra destinata a essere l'ultima. I media nazionali parlano di una "terza invasione" di Ayutthaya, ricordando le devastazioni compiute nei secoli scorsi dalle truppe birmane. Ma l'eccezionalità delle piogge non spiega, da sola, la dimensione che hanno preso gli eventi. Ayutthaya, un'isola alla confluenza dei fiumi Chao Praya e Pa Sak, ha subito negli anni Cinquanta e Sessanta una modernizzazione urbanistica che ne ha stravolto l'aspetto. I canali che ne formavano il tessuto viario sono stati in gran parte colmati e il rapido sviluppo della città ha modificato la naturale capacità di drenaggio del suolo. Proprio la sostenibilità idrogeologica del tessuto urbano in cui sono inseriti è stata indicata da Curtis come una della chiavi per la conservazione dei siti archeologici di Ayutthaya.
Al di là degli effetti sui siti di maggior notorietà internazionale, sono le decine di siti minori che sembrano aver subito i maggiori effetti dell'alluvione. Le autorità thailandesi e la comunità scientifica dovranno probabilmente compiere scelte difficili tra il risanamento dei luoghi di maggior attrazione turistica e il recupero di siti di minore, ma non trascurabile rilevanza storico-archeologica. È un problema che la Thailandia condivide con altri Paesi e in cui valutazioni storico-archeologiche si scontrano talvolta con interessi economici. D'altro canto, le modalità del restauro del patrimonio storico thailandese sono tradizionalmente oggetto di controversia. Il restauro conservativo è ancora poco diffuso e si tende a privilegiare la messa a nuovo. La patina del tempo è considerata qualcosa da rimuovere e ovunque si incontrano templi secolari che sembrano appena rifatti. L'importanza dei siti colpiti e il coinvolgimento dell'Unesco potrebbero forse rappresentare un'opportunità per un dibattito in merito.
In questo, occorrerà una partecipazione attiva da parte della comunità scientifica e intellettuale. Anch'essa del resto ha subito gli effetti dell'alluvione. Il campus dell'Università Chulalongkorn, la principale del Paese, reca ancora le tracce dei centri di accoglienza in cui, per settimane, hanno trovato rifugio migliaia di vittime dell'inondazione. Appena fuori Bangkok, a Rangsit, il campus dell'Università Thammasat è stato trasformato in uno dei maggiori centri di accoglienza del Paese prima di essere inondato a sua volta. Diverse università, sia pubbliche che private, hanno istituito centri di raccolta di beni di prima necessità. In un momento in cui lo scarto tra la capitale, in gran parte risparmiata, e il resto del Paese rischia di tradursi in tensioni durature, le riflessioni sul futuro della società thailandese non sono prive di preoccupazione. «Oltre alla sofferenza di chi ha perso tutto», ci dice Chaiwat Satha-Anand, uno dei maggiori politologi del Paese, «c'è stata la sofferenza di chi per intere settimane ha vissuto nell'incertezza del domani, nell'ansia di non sapere se sarebbe potuto rientrare a casa, se avrebbe ancora avuto una casa». Di fronte alle immagini di gran parte del Paese completamente sommerso dall'alluvione, le incertezze delle élite intellettuali della capitale possono sembrare poca cosa. Ma proprio la mancanza di informazioni certe, il ripetuto contraddirsi delle autorità locali e centrali e l'intrecciarsi di interessi politici divergenti sembrano aver lasciato un segno profondo nello spirito del Paese. «Si dice che gli esseri umani siano diversi nei modi di cercare la propria felicità, ma uniti nella comune miseria», conclude Satha-Anand: «nel caso della Thailandia, la sofferenza sembra invece accentuare le nostre divisioni».

mercoledì, dicembre 07, 2011

Guida Italiana ai segreti di Phuket & Dintorni

Continuano i "tour particolari", gite "fai da me" alle mete meno conosciute con long tail caratteristici del luogo...
Mi sono rotto le balle di proporre le solite gite con motoscafo strapiene di gente!!!
Qui comandate voi, volete fare 2ore di snorkeling? Bene no problem... Volete stare in spiaggia 3ore su isoletta deserta? OK vi accontento...


Giro due isole Koh Bon & Koh He (Coral) Dicembre 2011
http://www.facebook.com/media/set/?set=a.2757277375993.2148626.1379508605&type=1&l=31c4046e09


Phuket non è solo mare e spiaggie, ma ha pure una storia interessante, templi imponenti come il Big Buddha, e molto altro...
Per chi vuole scoprire il lato culturare della nostra bella isola sono a disposizione, mandatemi un messaggio che vi spiego...

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