giovedì, ottobre 29, 2009

Buone notizie per la lotta contro inquinamento in Phuket.

Noi Italiani possiamo insegnare molto ai Thai sulla tutela dell'ambiente... Qualche mese fa ho detto queste parole su facebook ed è scoppiata una "zizzagna" con i "difensori dei Thailandesi", secondo i quali a Phuket è tutto OK. Sacchetti di plastica a pagamento da Dicembre e festival internazionali per sensibilizzare opinione pubblica, alla fine la ragione ha avuto il sopravvento sul finto perbenismo di pochi.
In ferie a Phuket MENO PLASTICA!!! Se il Thai vi rifila il sacchetto voi dite NO!
Bastano pochi e semplici gesti di ognuno di noi per diminuire plastica ed inquinamento relativo del 20%
Se non cerchiamo di arginare da subito il problema inquinamento qui tra poco faremo il bagno tra montagne di plastica altro che bariere coralline e snorkeling!
Rispettiamo ambiente, sensibilizziamo i Thai, preserviamo il paradiso Phuket così che pure i nostri figli possano godere di tanta bellezza.

Tratto dal Phuket Gazzete:
Phuket retailers to charge for plastic bags

From left: Phuket Public Health Office Deputy Director Wiwat Seetamanotch, Phuket Energy Office chief Jirasuk Tummawetch and environmental activist Nick Anthony, who came up with the idea for the project.
From left: Phuket Public Health Office Deputy Director Wiwat Seetamanotch, Phuket Energy Office chief Jirasuk Tummawetch and environmental activist Nick Anthony, who came up with the idea for the project.

PHUKET CITY: In a bid to deal with Phuket’s waste management crisis, the island’s top retailers have agreed to start charging customers for plastic bags from December.

In a meeting with government officials at Phuket Provincial Hall on Monday, the retailers’ representatives agreed to the move, saying they are prepared to sign a memorandum of understanding (MOU) on the issue.

Under the plan, shoppers would pay one baht for a plastic bag with a five-liter capacity or less, and two baht for larger bags.

Exact details and specifications will be finalized before the MOU signing ceremony scheduled for December 4.

Among the retailers and retail chains taking part are Central, Big C, Tesco-Lotus, Makro, Supercheap and Jungceylon.

The campaign has been dubbed the ‘Keep Phuket Clean, Keep Phuket Green’ initiative.

It follows an effort launched in June to encourage Phuket residents to switch from plastic to re-usable cloth bags.

It was hoped the project launched in June would reduce the volume of plastic waste sent to the incinerator at Saphan Hin by 60 percent, or 5,000 tonnes annually.

The actual results fell far short and the program had a minimal effect in breaking the island’s addiction to polymer packaging.

At present, only about 40 percent of the total garbage trucked to Saphan Hin from all over the island can be incinerated. The remainder must be 'landfilled' in the low-lying area around the incinerator.

In June 2007, toxic liquid waste from the landfill leaked into the surrounding mangrove forest and killed millions of farmed fish.

The landfill has also created a stench in the nearby Ban Saphan Hin Village.

Monday’s meeting was led by Phuket Public Health Office Deputy Director Wiwat Seetamanotch, Phuket Energy Office chief Jirasuk Tummawetch and Nick Anthony, managing director of Indigo Real Estate, who came up with the idea for the project.

Mr Wiwat said plastic currently comprises about 20 percent of the waste stream.

Charging people a few baht to try and reduce this figure makes sense, he said.

“It will help people to realize what a burden all this plastic is to the environment and will obviously encourage them to reduce dependence,” he said.

Mr Anthony said, “This is a project which aims to benefit Phuket in many different ways. It aims to reduce plastic as the start of an overall garbage reduction campaign in Phuket.”

“We will also promote this idea to schools so that when kids grow up they will be aware and understand that garbage is an important problem for our community. In the long term, we will be more aware and think before we throw away,” he added.

Mr Jirasak said Phuket would be overwhelmed with waste within five years if action isn’t taken now.

He encouraged everyone to play their part by using fewer plastic bags.

“This will allow us to maintain Phuket as the ‘Pearl of the Andaman’,” he said.
– Pimwara Choksakulpan

CULTURA: PRESENTATO A PERUGIA 'INTERNATIONAL FESTIVAL' BANGKOK

(AGI) - Perugia, 28 ott. - "Un ponte culturale tra Umbria e Thailandia, su iniziativa di alcuni privati e il sostegno delle istituzioni, a dimostrazione che in questo modo possono svilupparsi progetti per favorire il reciproco scambio di conoscenza di realta' artistiche, turistiche, sociali ed economiche anche molto distanti tra loro". E' quanto ha detto l'assessore alla cultura della Regione Umbria, Silvano Rometti, intervenendo a Perugia alla presentazione del festival 'International Dance' di Bangkok. All'incontro, organizzato dal Teatro stabile dell'Umbria, erano presenti la direttrice artistica Vararom Pachimsawat e rappresentanti della Compagnia di danza "Oplas" - Centro Coreografico dell'Umbria, da piu' di un decennio attiva nel Paese del sud-est asiatico e presente nel cartellone della manifestazione con propri spettacoli. "II festival - ha ricordato la direttice - richiama ogni volta decine di compagnie occidentali ed orientali nei tre maggiori centri della Tailandia, Bangkok, Phuket e Chiang Mai, ma soprattutto coinvolge centinaia di giovani artisti, che qui trovano spazi adeguati per esibirsi. Che l'iniziativa sia pienamente riuscita lo dimostra il fatto che nel 2010 sono attesi oltre 100mila spettatori. Molta attenzione, come al solito, sara' dedicata alla sensibilizzazione sulle tematiche politiche e sociali. Quest'anno sara' la volta della difesa della natura e della lotta contro l'uso eccessivo dei sacchetti di plastica".

martedì, ottobre 27, 2009

Welcome to Baan SS Karon (nuove foto & video)

Baan SS Karon nasce dal binomio SS Travel And Tour ed Amici di Phuket, dove l'esperienza degli ultimi hanni di lavoro e' stata concentrata in una struttura che offre un'ambiente confortevole con ampi spazi abitativi soprattutto adatti alle esigenze delle famiglie in viaggio in Thailandia. I prezzi sono alla portata di tutti. Le camere sono finemente arredate con moderni comforts in un ambiente con tanto spazio a disposizione nel silenzio assoluto e circondati dal verde. Il residence e' situato nella localita di Karon a circa 800 mr dalla spiaggia, ed e' situato subito dietro hotel famosi come Hilton Arcadia Phuket. e la struttura rimane comunque isolata permettendo una piacevole vista dalle camere.

A disponizione degli ospiti c'e' il servizio Taxi mentre per gli spostamenti in autonomia è possibile noleggiare presso la struttura stessa auto e motorini.

Finalmente le famiglie a Baan SS Karon troveranno il loro spazio. Il Residence dispone di camere famigliari con 2, 3 o addirittura 4 camere da letto, proviste anche di un'angolo cucina e salotto.

Sconti e promozioni per lunghi periodi di soggiorno con personalizzazione del preventivo a richiesta.

Foto Deluxe Room

deluxe room

Family room 3 letto

deluxe room

Connecting Room

deluxe room

Foto reception

deluxe room

Foto Zona Colazione

deluxe room

Foto & Video

http://www.guesthouse-kata-karon.com/foto.html

Baan ss Karon, Patak road, 83100 Phuket Thailandia

telefono Telefono: +66 76396541 FAX: +66 76396451

info Informazioni & Prenotazioni: Vai al form contatti

mail Mail diretta: info@guesthouse-kata-karon.com

phuketubeSponsor ufficiale Baan ss Karon

sabato, ottobre 24, 2009

Il RE di Thailandia è apparso in TV dopo la lunga degenza.

Bangkok, 23 ott. (Apcom) - Il re di Thailandia Bhumibol, considerato fondamentale per la stabilità politica del Paese è apparso alla televisione per la prima volta dal suo ricovero in ospedale più di un mese fa. Il più longevo monarca regnante del mondo, oggi 81enne, è stato ripreso dalla tv nazionale Channel 9 in sedia a rotelle all'ospedale Siriraj di Bangkok. Bhumibol ha reso omaggio al re Chulalongkorn, suo nonno, che aveva regnato dal 1868 al 1910 e che è uno dei più celebri re di Thailandia. Il 23 ottobre è giorno festivo in suo onore. La Borsa di Bangkok era precipitata per due giorni consecutivi la settimana scorsa a seguito di voci di un peggioramento delle condizioni di salute di Bhumibol che è in ospedale dal 19 settembre per una infezione polmonare. L'indice Set aveva perso circa il 7% nonostante i quotidiani rassicuranti comunicati del Palazzo reale. Le autorità hanno anche aperto un'inchiesta per far luce sull'origine della diffusione di queste voci che alcuni sospettano, potrebbero provenire dall'estero. La reazione dei mercati è stata una ulteriore dimostrazione di come la salute del re sia una questione sensibile nel Paese, oggi estremamente diviso sul piano politico e di cui alcuni analisti sostengono che rischia di sprofondare nel caos in caso della scomparsa del sovrano. Ieri il Palazzo ha annunciato che la salute del re non giustificava più dei comunicati quotidiani. (con fonte Afp)

venerdì, ottobre 23, 2009

Economia, ambiente, diritti umani ed educazione. 15° Vertice ASEAN



THAILANDIA – ASEAN

Thailandia: economia, ambiente e diritti umani al centro del vertice Asean
di Weena Kowitwanij
Con il discorso inaugurale del premier thai si è aperto il summit dei 10 Paesi del Sud-est asiatico. Abhisit Vejjajiva promuove la creazione di una “Comunità Asean” per rafforzare la cooperazione in materia di economia e diritti umani. Un canale televisivo seguirà in diretta tutti i lavori, con momenti di approfondimento e discussione.

Hua Hin (AsiaNews) – Economia, ambiente, diritti umani ed educazione. Sono i temi al centro del 15mo vertice Asean, associazione che riunisce 10 Paesi del Sud-est asiatico, che si è aperto oggi a Hua Hin, cittadina balneare nel sud della Thailandia a 200 km da Bangkok. Alla cerimonia di inaugurazione hanno partecipato le delegazioni di sei nazioni; i rimanenti leader si uniranno al gruppo a partire dalla cena di gala, in programma questa sera.
Durante il discorso inaugurale Abhisit Vejjajiva, Primo ministro thai, ha elencato le “numerose sfide” che vanno affrontate: economia mondiale, tsunami, Sars, influenza aviaria e suina. Sottolineando il valore dell’unità e della collaborazione, il premier aggiunge che “insieme possiamo superare i problemi, costruendo una comunità composta da più persone. I governi da soli – continua – non possono raggiungere gli obiettivi comuni […] dobbiamo promuovere il lavoro dell’Asean e la mutua cooperazione per contribuire a una crescita sostenibile”.
Al termine del vertice è prevista la firma di una Dichiarazione focalizzata sui diritti umani, sull’educazione e i cambiamenti climatici. “L’Asean dovrebbe essere un simbolo di speranza e un valore per la popolazioni” precisa il premier thai, che auspica “risposte concrete” dopo una lunga serie di incontri fallimentari, in particolare nel settore dei diritti umani, e promuove “la creazione di una Comunità Asean entro il 2015”. “Credo fermamente – conclude Abhisit Vejjajiva – che la Comunità Asean dovrebbe essere un luogo di azione, di connessione fra persone e una unione di popoli”.
L’Associazione dei Paesi del Sud-est asiatico, nata nel 1967 a Bangkok, riunisce 10 nazioni dell’area: Indonesia, Malaysia, Filippine, Singapore, Thailandia, Brunei, Veitnam, Laos, Myanmar e Cambogia. Nel 2006 la popolazione totale era di 560 milioni di individui, con un Prodotto interno lordo (Pil) pari a 1100 miliardi di dollari Usa.
I Paesi sono caratterizzati da diversi ordinamenti politico-costituzionali che vanno dal quasi partito unico (Singapore) alla monarchia assoluta (Brunei), dal regime comunista (Vietnam e Laos) alla dittatura militare (Myanmar). Un fattore che più volte, in passato, ha ostacolato una dichiarazione unitaria in materia di diritti umani. Da qui l’idea di creare una Commissione inter-governativa sui diritti dell’uomo (Aichr), che sia in grado di rispondere in maniera efficace alle critiche giunte sino a oggi in materia.
Per il summit Asean Bangkok ha creato un canale televisivo – Asean Tv – che seguirà 24 ore su 24, 7 giorni su 7, tutti i lavori del vertice, gli interventi, le proposte, ai quali si aggiungono momenti di approfondimento e discussione. Le trasmissioni sono iniziate questa mattina alle 9.30 con speaker di tutti i Paesi membri Asean e sottotitoli in inglese. Domani è previsto l’arrivo di delegazioni dalla Cina, Giappone, Corea del Sud, India, Nuova Zelanda e Australia.

giovedì, ottobre 22, 2009

Figli del monsone il libro di David Jiménez

Ci sono posti come la Cambogia, dove l´unica tradizione che non muore mai è la povertà e che fa dell´amore un bene prezioso, unico. E dove le lacrime sono esaurite dai tempi di Pol Pot, tanto che non si piange la morte di una bambina per Aids. Posti come Manila, dove un intero popolo vive in una discarica e quando il Monsone porta l´acqua si finisce sommersi: rifiuti tra i rifiuti. Come l´Indonesia, dove un ragazzo figlio di militare muore ucciso dai militari che soffocano la prima rivolta degli studenti contro Suharto. Come la Thailandia, dove si cerca il sogno nella metropoli, un sogno dignitoso come diventare campione di thai boxe, ma proprio per questo ancora più difficile. Quanto tempo rimane vivo un sogno se non si avvera? Un anno? Due? Tutta la vita, forse?

Non è un viaggio per turisti, non sono paesi per vecchi quelli che attraversa David Jiménez, inviato del Mundo in Estremo Oriente che racconta in dieci storie nel libro Figli del monsone. Sono storie che sorprendono: colpisce sempre l´assurdità di un mondo che permette l´esistenza di posti e vite come queste. Storie di padri che mollano la morte certa per fame in campagna per trovare altra fame certa in città. Storie di figli mandati nel mondo senza difese, eredi dei disegni del potere coloniale e delle creature politiche spaventose nate dopo. Abitanti di una terra promessa in cui la felicità è un pasto caldo, un figlio che cresce sano, quattro chiacchiere con i vicini al tramonto: la si può quasi toccare.

Sono storie raccontate da un giornalista che sa quanto sia difficile la battaglia contro il demone del cinismo, che si perde spesso davanti a tanto dolore, ma che altrettanto spesso si recupera grazie al coraggio e alla dignità di uomini e donne che vivono in condizioni di miseria o di malvagità non misurabili per noi occidentali. Dalla Mongolia alla Cina, fino agli arcipelaghi delle Filippine, seguendo l´unico dio che tutti attendono e nessuno sa cosa porterà, il monsone. E a ogni tappa del viaggio, tra tutte le ragioni per essere delusi dall´umanità, ce n´è sempre una per sperare.

Si intitola Figli del monsone (tr.it. F. Pe’, Tropea, 256 pagine, 15,60 euro)

mercoledì, ottobre 21, 2009

Il dramma dei profughi Birmani in Thailandia


Nel più grande campo al confine tra Thailandia e Myanmar 50 mila persone di etnia karen, in fuga dalle violenze della giunta militare, vivono da decenni come animali in gabbia

CENTINAIA DI CASETTE di bambù con tetti di foglie di teak abbarbicate sulle colline: la vista dalla strada - quella che arriva quassù dalla cittadina di Mae Sot dopo 60 km di percorso tortuoso nella foresta - fa pensare a villaggi di campagna che vivono in armonia con la natura. Ma basta avvicinarsi un po’ e raggiungere il cancello sbarrato presidiato da uomini in divisa per capire subito che la prima impressione era stata ingannevole. Il grande cartello davanti all’ingresso informa i visitatori che sono arrivati di fronte all’«Area di rifugio temporaneo» di Mae La: una dicitura che suona crudelmente ironica, se si pensa che qualcuno non mette piede fuori da qui ormai da quindici o vent’anni.
Benvenuti nel più grande campo per rifugiati birmani al confine tra la Thailandia e il Myanmar, dove quasi 50 mila persone di etnia karen vivono rinchiuse come animali in gabbia. Uomini e donne, vecchi e bambini. I nove centri che costellano questo lembo di terra accolgono almeno 150 mila sfollati, mentre i rifugiati della ex Birmania che vivono illegalmente nella zona ammontano - secondo stime ufficiose - a un milione e mezzo. Sono i profughi di quella che è stata definita la più lunga guerra civile attualmente in corso nel mondo.
I karen sono la minoranza etnica più numerosa in Myan mar (cinque milioni, quasi il 10 per cento della popolazione) e quella più ferocemente perseguitata dalla giunta militare al potere, che da quasi sessant’anni reprime, oltre all’opposizione democratica, anche la ribellione delle comunità etniche, tra cui i mon e gli shan. Proprio perché fieri delle proprie tradizioni e della propria lingua - e dotati di un nutrito esercito di liberazione nazionale -, i karen rappresentano il nemico numero uno del regime, da cui subiscono regolarmente la distruzione di interi villaggi, deportazioni di massa e spesso la sottomissione ai lavori forzati. Una persecuzione che ha anche ragioni economiche, se è vero che forti interessi legati allo Stato karen (in particolare alla costruzione di alcune dighe sul fiume Salween) spingono la giunta a prendere il controllo del territorio con l’uso della forza, senza alcuno scrupolo: sono migliaia - tra le tante forme di abuso registrate - i casi di stupri utilizzati come arma di guerra documentati dalle organizzazioni per i diritti umani.

E SE MEZZO MILIONE di karen vivono, in condizioni disumane, come profughi interni nascosti nella giungla nell’est del Paese, a migliaia cercano la salvezza al di là del confine thailandese. E finiscono in campi come questo, che esiste ormai da 25 anni. Situato a circa quattro km dalla frontiera birmana, nel 1997 è stato attaccato dall’esercito del Myanmar, ma da allora vive una situazione di relativa tranquillità, anche se la tensione si alza periodicamente, in particolare durante la stagione secca, quando i militari preferiscono condurre le loro operazioni. Sempre meglio, comunque, delle persecuzioni intensificatesi negli ultimi tre anni: dal 2005, a Mae La, si calcola che gli arrivi siano stati 9 mila all’anno.
Varcare il cancello del campo è come entrare in un labirinto polveroso, fatto di viuzze dove i bambini giocano a piedi nudi e gli adulti si aggirano senza niente da fare. Bimbe con il volto dipinto di thanaka - la tipica polvere vegetale usata dai birmani come protezione solare e come decorazione - ridono tra le tradizionali casette di legno sopraelevate che fungono da abitazioni e scuole, centri sanitari e negozietti di fortuna dove sono esposti in bella mostra saponette e sigari birmani, candele, qualche uovo, frutta secca. Ma la vita, al campo, è dura. Non c’è elettricità né acqua corrente: al mattino le lunghe file di persone che, cariche di bottiglie e taniche, si assicurano le scorte quotidiane per lavarsi e cucinare sono una scena abituale. E procurarsi qualche soldo per sopravvivere è un’impresa quasi impossibile. Perché quella da rifugiato è una vita in cattività.
«Noi profughi non siamo autorizzati a uscire dal campo per lavorare, ma qui dentro non c’è occupazione: che cosa dovremmo fare?». A raccontare l’ordinaria, assurda, epopea degli ospiti di Mae La è Saw Htun Htun, segretario aggiunto del Comitato del campo che gestisce la vita «dentro il recinto». Giovane professore di matematica in patria, nello Stato Karen, Htun Htun lasciò il Paese in fuga dalla miseria e dai soprusi della giunta nel 1990: da diciott’anni è chiuso a Mae La. «Molti di noi, in realtà, escono lo stesso clandestinamente per poter lavorare. Qualcuno scompare, molti tornano a sera o nel fine settimana, perché per trovare lavoro bisogna andare di solito fino a Mae Sot». In questa cittadina di confine, nota per il contrabbando e l’illegalità diffusa, i rifugiati karen finiscono impiegati, in condizioni di- ¬sumane e spesso sottoposti ad abusi, nei cantieri edili o nelle numerosissime fabbriche di abbigliamento (che di solito producono per l’esportazione). Per i più giovani, poi, c’è sempre spazio nel fiorente business dei bordelli. Alternative, purtroppo, ce ne sono ben poche. «Recentemente l’Alto commissariato Onu per i rifugiati ha finanziato un progetto di formazione agricola per ottanta famiglie… Ma qui le famiglie sono più di diecimila!», racconta ancora Htun Htun.
A cercare di alleviare le condizioni di vita nei campi profughi sul confine sono varie Ong internazionali, riunite nel Thailand Burma Border Consortium. Sono loro ad occuparsi di fornire agli ospiti cibo, assistenza medica, interventi di utilità sociale. E - cosa forse ancora più importante - a tenere aperte le scuole, di solito garantendo un seppur minimo stipendio ai professori che sono a loro volta rifugiati.

A MAE LA ESISTONO decine di scuole materne ed elementari, alcune medie e anche superiori: qui studiano, in una cinquantina di strutture in tutto, quattordicimila bambini e giovani fino ai 17 anni. Per quanto possa sembrare incredibile, ci sono famiglie karen che, dal Myanmar, mandano i figli fino a qui anche per permettere loro di ottenere un’istruzione, visto che per molti questa - con tutti i limiti organizzativi del caso - rappresenta l’unica opportunità di andare a scuola senza dover pagare.
«Resto a lezione dalle nove di mattina alle quattro del pomeriggio», racconta Ko Kyaw, giovanissima ospite di Mae La. «La scuola mi piace, anche perché mi permette di combattere la noia e di non pensare troppo alla mia situazione. Al campo non c’è molto da fare: chiacchiero con i miei amici, aiuto la mamma con i lavori di casa, leggo e qualche volta vedo i film che vengono proiettati in una sala qui vicino. Di sera però studio sempre, per poter avere qualche opportunità, un giorno». Chissà se le speranze di Ko Kyaw resisteranno alla prova dei fatti. I diplomi ottenuti al centro d’accoglienza sono poco più che carta straccia. «Vorremmo che le scuole fossero riconosciute dal governo thailandese, ma finora non è stato possibile perché le lezioni sono in lingua karen e in inglese, ecco perché intendiamo inserire l’uso del thai», spiega Saw Htun Htun. E se le opportunità di formazione professionale esistono - attualmente la Ong olandese Zoa propone corsi in ben sette campi: agricoltura, meccanica, cucina e pasticceria, cucito, artigianato e computer - sono pochissimi i giovani che scelgono di frequentarli. «Sanno che qui non potranno mettere in pratica quasi nulla di ciò che imparano: la loro frustrazione è comprensibile. Se almeno l’Acnur accettasse di riconoscere, come noi abbiamo chiesto, i percorsi formativi, qualcosa potrebbe cambiare, almeno in prospettiva».
La «prospettiva» di cui parla Htun Htun - e a cui qui dentro anelano quasi tutti - è quella di lasciare Mae La per iniziare una vita vera. Ma si tratta nella maggior parte dei casi di una chimera, che si allontana sempre di più da quando il governo thailandese - preoccupato dell’«invasione» dei karen provenienti dal vicino Myanmar in fiamme - ha bloccato per queste persone il riconoscimento dello status di rifugiati. Una situazione che aggiunge dramma al dramma: le ultime famiglie arrivate, infatti, non possono essere registrate legalmente e si trasformano automaticamente in ospiti fantasma. E - quel che è più grave - non possono sperare di essere incluse nelle quote di immigrati karen accettate annualmente dagli Stati Uniti grazie a un progetto di accoglienza che va avanti da alcuni anni. L’ospitalità negli Usa rappresenta per i rifugiati un’opportunità d’oro: circa la metà degli abitanti di Mae La ha fatto richiesta di partire. Molte famiglie hanno già qualche parente oltreoceano e puntano al ricongiungimento: sono decine di migliaia le persone che negli ultimi tre anni hanno raggiunto l’America, mentre altre sono state accolte dall’Au¬stralia.
Per molte altre migliaia ancora, però, le speranze di varcare la soglia del campo e lasciare questo rifugio-prigione una volta per tutte sono quasi inesistenti. Resistere alla mancanza di prospettive, alla depressione, alla noia è difficile. In tanti trovano conforto nella fede: cristiana o buddhista (in egual misura) e in rari casi islamica. Al campo esistono chiese, templi e moschee: si tratta delle stesse casette di legno con i tetti di foglie che da queste parti sono ovunque e distinguere dall’esterno i luoghi di culto delle diverse religioni è arduo. Ma l’essenziale, per chi vive qui, è avere un posto in cui pregare «Colui che è il rifugio per chi non ha casa». L’aiuto, poi, arriva anche attraverso gli uomini, come i volontari della Coerr, la Commissione cattolica per gli interventi d’emergenza e i rifugiati, emanazione della Chiesa thailandese. Fra i progetti dell’organizzazione, che si occupa di igiene, istruzione, agricoltura ma anche riconciliazione interetnica, figura l’assistenza a oltre duemila orfani sparsi nei nove centri di accoglienza della zona.
Per molti, tuttavia, una vita vuota e apparentemente senza sbocchi è troppo dura da sopportare: il tasso di alcolismo, tra i profughi, è altissimo. E l’abuso di sostanze va di pari passo con la violenza nelle famiglie. Un’emergenza talmente scottante che alcune comunità di base presenti nel campo hanno creato «Case sicure» dove è possibile trovare riparo alle violenze domestiche. Ma come si può mantenere l’ordine in un luogo dove decine di migliaia di uomini, donne e bambini vivono ammassati in uno spazio ristretto e in condizioni estreme? «Il Comitato del campo ha un’organizzazione che si occupa della sicurezza interna», spiega Saw Htun Htun. «Esiste un Centro di assistenza legale che ci supporta nella gestione delle strutture di detenzione. Solo per i casi più gravi interviene la polizia thailandese, ma l’autogestione dà buoni risultati: il clima qui è tutto sommato tranquillo». Certo non basta per affermare che in questo surreale mondo a parte si stia bene.

NON CI CREDONO nemmeno quelle migliaia di ragazzini che qua dentro sono nati, e che non hanno mai visto nessun altro posto in tutta la loro vita. Persino loro sanno che non avranno un’esistenza degna di questo nome finché non potranno finalmente lasciare l’«area di rifugio temporaneo» di Mae La, per ricominciare una nuova vita di fuori. Magari qui in Thailandia, accolti come rifugiati ufficiali e cittadini in piena regola, o in qualche angolo di mondo che deciderà di concedere loro asilo.
O forse, un giorno, nella loro terra d’origine: in quella Birmania martoriata che resiste e non smette di lottare per la democrazia e la libertà.

Per saperne di più leggi

Articolo: Chiara www.missionline.org

Il ragazzo che parlava col vento di Pascal Khoo Thwe (Piemme, 2008, euro 18,50)
www.tbbc.org
È il sito del Thailand Burma Border Consortium, ricco di documentazione sui campi e sui rifugiati
Mondo e Missione
Il Servizio Speciale di agosto/settembre 2008 è tutto dedicato alla situazione critica del Myanmar

lunedì, ottobre 19, 2009

Campagna pubblicitaria shock per il museo delle cere

Pubblicità con scritta "non è morto"

E' polemica in Thailandia per la scelta di un museo delle cere di farsi pubblicità con un enorme cartellone pubblicitario che ritrae Adolf Hitler mentre fa il saluto romano con sotto la scritta "non è morto". Immediate le proteste di Germania e Israele che, come scrive il sito web della Bbc, hanno portato i responsabili del museo Louis Tussaud di Pattaya a rimuovere le immagini incriminati piazzate due settimane fa.

"Non abbiamo scelto l'immagine di Hitler per celebrare la sua figura - si difende il direttore del museo, Somporn Naksuetrong -. E' una importante figura storica, ma in forma orribile. Ci scusiamo per chiunque si sia offeso, non era la nostra intenzione". Le ambasciate di Germania e Israele in Thailandia hanno vigorosamente protestato, rivolgendosi sia al museo che al ministro degli Esteri. Non è la prima volta che nel Paese vengono utilizzate immagini legate al nazismo per scopi pubblicitari, segnala il quotidiano Hindu.

Due anni da, una scuola consegnò ai propri studenti berretti da baseball con svastiche e la scritta Nazi molto in evidenza per una parata sportiva. L'istituto si scusò pubblicamente. Nel 1998, ancora Hitler salutava i potenziali clienti di una marca di patatine. La pubblicità venne ritirata. Alla fine degli anni '80, destò scandalo il "Nazi bar" aperto a Bangkok, tappezzato al proprio interno di foto dei gerarchi e delle Ss in azione. Alla fine il bar cambiò nome in "No name bar".

Fonte: http://www.tgcom

domenica, ottobre 18, 2009

La tranquilla Kata Beach viene messa a soqquadro da un balordo.

Scritto da phuketwan.com , riassunto italiano di Ivan Pasinetti
Saturday, 17 October 2009
Phuket's Kata Beach Resort, scene of a dramatic pursuit and arrest

All'esterno di uno dei resort più famosi di Phuket la scorsa notte c'e' stata una sparatoria, proprio mentre aveva corso una cerimonia del concorso Miss Teen Thailand al suo interno.

I Turisti si sono dati a gambe appena uditi i colpi d'arma da fuoco intorno alle 20.00 nei pressi del Kata Beach Resort. Alcuni visitatori, pensando che i colpi uditi fossero fuochi d'artificio, si sono affrettati per non perdere il "divertimento''.'

La sparatoria e' avvenuta in quanto un uomo che aveva rapito una donna minacciandola con un coltello alla gola, ha tentato di eludere i blocchi stradali della polizia.

La donna era seduta a bordo dell'auto sulla Kata beach road in attesa del ritorno di una barca di turisti usciti per fare del diving, quando l'uomo è entrato nella veicolo e le ha puntato il coltello alla gola.

Appena il bandito e' partito, la donna, un istruttore subacqueo, ha notato all'esterno l'uniforme di un poliziotto e si e' gettata dal pick up in corsa, macchiato l'uniforme della allertando l'agente.

Il poliziotto ha avvertito i colleghi via radio che hanno immediatamente bloccato le uscite nelle vicinanze intorno alla zona di Kata utilizzando veicoli adibiti al trasporto di acqua.

L'aggressore vedendo la sua via di fuga bloccata, si e diretto verso la spiaggia passando per l'ingresso del Kata Beach Resort.

A questo punto 2 agenti si sarebbero parati davanti al veicolo in fuga intimando l'ALT . L'uomo non si e' fermato e quindi la polizia ha sparato ai pneumatici dell'auto, questo quanto riferito dal tenente colonnello Tachai Madthayan al Phuketwan oggi.

Il pick-up, con almeno due pneumatici a terra, si e' scontrato con un altro veicolo, ma ha continuato la sua corsa sulla beach road bloccandosi solo quando il conducente si e' visto chiudere la via di fuga da un autocisterna d'acqua.

La Polizia unitamente ad alcuni civili hanno tratto in arresto l'uomo.

In seguito e' stato identificato in Chongtam Srisongkerm, di anni 27.

Il Ten. Colonnello Tachai ha reso noto che Chongtam era libero su cauzione in attesa di processo per possesso di droga e rapina.

All'interno del resort, era in corso una cerimonia dell'evento "Miss Teen Thailand" che e' continuato indisturbato.

Fonte phuketwan.com , riassunto italiano di Ivan Pasinetti

* Chi volesse copiare questo articolo tradotto nel proprio Sito/Blog/Forum e' pregato di citare la fonte mediante link a questa pagina: http://www.visaforthai.com/thai-news/la-polizia-di-phuket-apre-il-fuoco-a-kata-beach.html

venerdì, ottobre 16, 2009

Nuova alta stagione alle porte, sarà un anno da record.

Siamo solo a metà di ottobre ma la nuova alta stagione sembra cominciata sia per il meteo sia per numero di presenze sulle spiagge. Naturalmente Kata e Karon sono sempre le migliori spiagge turistiche, un perfetto mix tra natura, bel mare, servizi. Kata noi (la piccola) ci sono ancora pochi ombrelloni, sicuramente è la più tranquilla. Mentre sulle due principali cominciano ad apparire cartelli che indicano ai turisti i numeri utili in caso di problemi con i noleggiatori di Jet-Ski, ultimamente sono in diminuzione ma non demordono!

Quest'anno nel mio piccolo controllando le prenotazioni ricevute fin ora posso dire che sarà da Record! Vi aspettiamo a Phuket, Kata & Karon stanno già anticipando alta stagione con mare calmo e bel sole.

Foto di oggi 16-10-2009 KATA YAI - KATA NOI - KARON

Fonte Facebook Amici di Phuket http://www.facebook.com/amici.di.phuket


















mercoledì, ottobre 14, 2009

Thailandia un paese che si interroga sul suo futuro.

L'anziano re Bhumibol è in ospedale da tre settimane. Mentre in superficie sembra tutto tranquillo, il Paese si interroga sul suo futuro

Un governo, nato da un ribaltone, costretto a tener buone con ampie concessioni le varie fazioni che gli permettono di rimanere al potere. Lo spettro di elezioni prima o poi inevitabili, ma che l'attuale primo ministro Abhisit Vejjajiva vorrebbe rimandare il più possibile perché conscio che al momento perderebbe. Una frattura tra gialli e rossi, città e campagna, ricchi e poveri, solo momentaneamente accantonata. Per la Thailandia è un periodo incerto, una transizione verso l'ignoto. E l'uomo a cui tradizionalmente si guarda nei momenti di difficoltà, l'anziano re Bhumibol, è in ospedale da tre settimane.

L'81enne sovrano, sul trono dal 1946, è stato ricoverato il 19 settembre - dopo essere stato dimesso qualche giorno prima - per una misteriosa "febbre e mancanza di appetito". Solo la settimana successiva, e sempre assicurando che la sua salute era in ripresa, i giornali thailandesi hanno rivelato che il problema era un'infezione polmonare. Non un malanno di poco conto, considerando che Bhumibol è già stato vittima di un malore nel 2007 e lo scorso dicembre fu costretto ad annullare il discorso in occasione del suo compleanno, a causa di una bronchite con infiammazione all'esofago.

Ma parlare della salute del re - una specie di semi-dio al di sopra della politica, in Thailandia - da queste parti è quasi un tabù. Ci vanno cauti i media, prova disagio a parlarne la gente comune. Un po' perché il Paese ha le leggi di lesa maestà più severe al mondo (si rischiano fino a 15 anni di carcere), ma anche perché Bhumibol è un'istituzione nazionale: uno dei tre pilastri della Thailandia moderna - "nazione, religione e re" - sinceramente amato dal popolo, che lo chiama "Padre". Immaginare il Paese senza di lui è quasi inconcepibile.

Ma quel giorno, prima o poi, verrà. E i frequenti problemi di salute del carismatico "Padre" preoccupano molti; se il futuro è un'incognita, nessuno sembra avere un'idea chiara per il dopo. Il primo in linea di successione è il figlio Vajiralongkorn, considerato inadatto dagli stessi thailandesi - è alla terza moglie e ha fama di non essere il più oculato amministratore delle sue fortune. Negli ultimi mesi lungo le strade del Paese si sono moltiplicati i manifesti del principe. Ma molti thailandesi vorrebbero piuttosto sul trono la terza figlia del re, la principessa Sirindhorn, da sempre molto attiva in attività di beneficenza e sviluppo sul territorio, seguendo la linea del padre. Negli ultimi anni è stato introdotto un emendamento alla Costituzione che permette anche alle donne di salire sul trono. Dove però non è mai seduta una regina.

Parlare di una repubblica è tabù, nonché un'accusa che ancora pende sulla testa dell'ex premier Thaksin Shinawatra, in autoesilio dopo il colpo di stato che l'ha deposto nel settembre 2006. E la stragrande maggioranza dei thailandesi idolatra Bhumibol, il cui ritratto è presente in ogni casa e negozio. Ma le vecchie certezze sono state logorate dagli eventi degli ultimi anni: il golpe, la dissoluzione per via giudiziaria di due governi filo-Thaksin, il ribaltone che ha portato al potere Abhisit, i due pesi e due misure usati contro le proteste delle "camicie gialle" filo-monarchiche e delle "camicie rosse" fedeli a Thaksin. Il re non viene mai accusato direttamente, ma molti sostenitori di Thaksin - tendenzialmente appartenenti alle classi medio-basse, in particolare nel popoloso nord-est - ormai non hanno più timore di criticare l'establishment militare-giudiziario e persino il consigliere privato del re, l'ex generale e premier Prem Tinsulanond.

Il libro "The king never smiles", scritto alcuni anni fa da un ex corrispondente in Thailandia e vietato nel regno perché fornisce una storia degli ultimi sessant'anni mai raccontata da queste parti, viene letto di nascosto da sempre più giovani, anche nella traduzione thailandese che si trova online. La curiosità alla fine vince. Un'amica di chi scrive, fervente ammiratrice del re, alcuni mesi fa aveva confessato di non voler leggere il libro proibito perché sapeva che le avrebbe fatto cambiare idea. Ora lo sta leggendo. E anche se non condivide alcuni passaggi le sue idee rimangono le stesse, è sicuramente più cosciente del precario equilibrio della situazione attuale. Anche per questo, come altri migliaia di thailandesi, ogni giorno rivolge un pensiero al "Padre" Bhumibol, sperando che si rimetta presto.

Alessandro Ursic

Fonte: http://it.peacereporter.net/articolo/18209/La+Thailandia+col+fiato+sospeso

lunedì, ottobre 12, 2009

Pirateria a Phuket ad una svolta.

Pirateria a Phuket: Chi sara' preposto al controllo?



Scritto da Fonte Phuket Gazette , riassunto Italiano di Ivan Pasinetti
Monday, 12 October 2009

PHUKET: In Thailandia è da poco entrata in gioco la tutela delle proprietà intellettuali in maniera massiva.

Per decenni preda di cacciatori di taglie stranieri che raccolgono commissioni sul sequestro di edizioni pirata di opere protette da copyright, la nazione si sta muovendo per garantire i diritti d'autore e brevetti locali ed emarginare i trasgressori stranieri.

Phuket's Patong Beach can pose challenges to shoppers looking for legitimate merchandise.Insieme ai suoi partner regionali, la Thailandia creerà il "Asean Database on Patent Design" atto a fornire uno status di protezione a brevetti ed ideazioni locali, consentendo ai rispettivi autori/proprietari di perseguire civilmente e penalmente i trasgressori del copyright.

Il trattato per la cooperazione a salvaguardia dei brevetti è stato redatto, il Thailand’s Intellectual Property Department sta promuovendo i propri servizi in maniera molto incisiva: entrera' quindi in campo in qualità di agente, traduzione di documenti, organizzazione e pagamento delle tasse per i thailandesi che cercano la protezione sulla base del copyright internazionale.

L'obiettivo dichiarato è quello di "rafforzare la competitività della nazione", ma ci possono essere anche altri obbiettivi nascosti, come quello di trarre profitto sui diritti di licenza e sui contenziosi riguardanti la trasgressione di un diritto d'autore.

E 'importante ricordare che il fatto che un prodotto sia coperto da copyright non ne fa necessariamente un prodotto valido.

I diritti d'autore sono spesso presi in ballo su cose che non sono mai state prodotte da detentori del copyright, che si limitano a sperare di "incassare" se qualcun altro producesse queste cose in futuro.

Un temuto abuso per problemi legati al copyright, chiama in causa la questione cruciale su chi sara' l'organo competente a giudicare.

Il mese scorso degli agenti di una società di musica thailandese, hanno fatto il giro di svariati locali preposti all'intrattenimento in quel di Phuket esigendo 3.500 baht di diritti di licenza, che a dir loro consentirebbero di poter produrre in pubblico quasi tutta la musica protetta da copyright.

Ai gestori dei locali è stato detto che se non avessero pagato, i loro impianti sonori sarebbero stati immediatamente sequestrati, insieme a tutto il materiale coperto da copyright trovato nelle premesse.

Protetti da copyright? Chi può dirlo? La differenza tra una versione digitale legale della propria canzone preferita ed una contraffazione, è una differenza tecnica, in molti casi solo una questione di impressione di luce su un disco di qualita' inferiore.

Come possiamo aspettarci che la polizia stradale sia in grado di distinguere il prodotto genuino da quello contraffatto, soprattutto se inviata con mandato di avvocati il cui interesse è raccogliere tutto quello che possono?

La posta in gioco è alta, quindi devono essere stabilite delle regole chiare sul "Chi sia competente moralmente e tecnicamente per giudicare"?

Fonte Phuket Gazette , riassunto Italiano di Ivan Pasinetti

* Chi volesse copiare questo articolo tradotto nel proprio Sito/Blog/Forum e' pregato di citare la fonte mediante link a questa pagina: http://www.visaforthai.com/thai-news/pirateria-a-phuket-chi-sara-preposto-al-controllo.html

domenica, ottobre 11, 2009

A Phuket si prepara il Vegetarian Festival 2009

Scritto da phuketgazette.net, riassunto in italiano di Ivan Pasinetti
Sunday, 11 October 2009

PHUKET: I residenti del centro di Phuket sono impegnati nelle preparazioni dell'atteso evento annuale, il Vegetarian Festival.

Celebrato dalla comunità cinese su un'isola conosciuta nel mondo per le sue spiagge e l'intrattenimento, questo Festival mostra la parte piu' mistica di Phuket.Una combinazione di presentazione e vendita di prodotti alimentari rigorosamente vegetariani, canti religiosi, scoppio di petardi per le strade e soprattutto processioni che spesso cadono in quello che noi definiremmo macabro, il festival e' in primo luogo per i locali, naturalmente i turisti asiatici e anche quelli occidentali che volessero dargli un occhiata, scoprirebbero un lato molto diverso da quello a cui si e' abituati sulla Perla delle Andamane.
Il festival, che avra' il suo corso dal 18 al 26 ottobre, viene tenuto ogni anno da oltre 150 anni.
Si ritiene che tutto sia partito dalla visita di una troupe teatrale Cinese al distretto di Kathu. Gli artisti furono colpiti da una misteriosa epidemia, attribuirono la cosa al fatto che non si fosse dato il giusto lustro e prestigio alla figura dei nove Dei del Taoismo.
Come penitenza, furono eretti e fu istituito il Vegetarian Festival in modo da scongiurare qualsiasi residuo di cattiva sorte.
Secondo la leggenda locale, il festival divenne un evento annuale sin da allora.
L'astensione dal sesso e dall'alcol sono stati aggiunti negli anni successivi per una purificazione assoluta.
Da Domenica prossima, l'intera città sara' un fiorire di bandiere gialle che segnaranno l'inizio del ritiro spirituale.
Alla vigilia della festa, una grande asta verra' sollevata in ogni santuario cinese, le nove divinità dell'imperatore sono invitate a scendere dal cielo e a prendere parte alle cerimonie.
A mezzanotte, nove lanterne illuminate verranno appese sulle aste dando il via ufficiale alla festa.
Il canto "Maa" fa si che si manifestino poteri soprannaturali e coloro che vengono posseduti dagli spiriti sono in grado di auto-infliggersi mutilazioni di vario tipo, questo servirebbe ad assorbire il male di altri individui e garantire una buona sorte per l'intera comunità.
Ogni mattina inizia con la processione per la città.
All'alba si possono trovare decine di giovani che affollano i cenacoli dei templi e si preparano ad infliggersi le citate mutilazioni.
Entrano in trance, intonano una cantilena e indossano delle specie di grembiuli colorati recanti simboli taoisti, pronti per farsi procurare dai medici tagli su entrambi i lati della bocca.
La festa culmina con una processione di persone in uno stato di trance profonda con "piercings particolari" nelle loro lingue, nelle guance, nei capezzoli e in altre parti del corpo, trafitti da lance, pugnali, rami appuntiti, catene di bicicletta e qualsiasi altra cosa che può essere inserita nel proprio corpo .
I posseduti dagli spiriti delle nove divinità, a quanto pare non sentirebbero dolore e non mostrerebbero i segni di danni reali.

Fonte phuketgazette.net, riassunto in italiano di Ivan Pasinetti.
* Chi volesse copiare questo articolo tradotto nel proprio Sito/Blog/Forum e' pregato di citare la fonte mediante link :http://www.visaforthai.com/thai-news/phuket-si-prepara-al-vegetarian-festival.html


























Fonte Foto: http://www.facebook.com/amici.di.phuket?ref=mf
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