lunedì, ottobre 03, 2011

Una guerra dimenticata...

Link: http://www.giornalettismo.com/archives/153521/il-lago-di-sangue-dimenticato-della-thailandia/


Il sud della Thailandia è un lago di sangue. Da sette anni l’intera area è martoriata da sparatorie, bombardamenti e incendi operati dai ribelli che si oppongono alle forze di governo. Potrebbero essere tranquillamente processati per crimini di guerra, stando a quanto stabilito dalla Convenzione di Ginevra. Ma gli insorti che seminano morte continuano a restare nell’ombra. La loro organizzazione non ha un nome. Nè pretendono gli vengano additate le responsabilità degli attacchi. Non rilasciano mai dichiarazioni complete e dettagliate, nè per rivendicare attentati ed uccisioni, nè per avanzare richieste o comunicare i propri obiettivi. ma la violenza è sempre più intensa.

CINQUE MILA MORTI - Sono circa 5mila le persone uccise dal 2004 in quello che Amnesty International - in un rapporto pubblicato martedì scorso – definisce un vero “conflitto armato interno”. L’insurrezione contro le autorità è mossa dai militanti islamici che non gradiscono un governo prevalentemente buddista. L’esecutivo ha risposto all’offensiva con l’impiego di ben 40mila soldati nelle lote anti-insurrezionali. All’offensiva governativa – ha fatto sapere Amnesty – dal 2006 i ribelli hanno cominciato a rispondere colpendo anche la popolazione civile. “Sono crimini di guerra”, ha sentenziato Donna Guest, vice direttore di Amnesty per l’Asia e il Pacifico, in una conferenza stampa tenutasi a Bangkok. Un attentato compiuto nella città di confine Sungai Kolok due settimane fa ha ucciso sei persone e ferite 100. Alcune note lasciate sui corpi martoriati lasciano pensare ad assassini “ideologici”, ma è anche probabile che l’unico scopo delle uccisioni sia quello di seminare terrore che impedisca a chiunque di aiutare le autorità.

LA STORIA DELLA RESISTENZA - La resistenza contro il governo centrale è intensa nelle 5 regioni meridionali di Pattani, Yala, Narathiwar, Satun e Songkhla. E parte da lontano. Da quando, nel 1902, quelle zone furono annesse alla Thailandia. I musulmani malesi che costituiscono la maggioranza della popolazione dell’area hanno a lungo lamentato discriminazioni subite dallo stato thailandese. Nel 1990, tuttavia, le proteste sembravano essersi placate, e i gruppi separatisti quasi del tutto scomparsi. E’ dal 2001, da quando cioè il primo ministro Thaskin Shinawatra ha adottato una linea dura contro le piccole manifestazioni di resistenza che erano sopravvissute nelle regioni del sud, che la violenza è esplosa a livelli senza precedenti.

C’E’ ANCHE LA CRIMINALITA’ - Alle pretese dei ribelli si aggiunge l’elevato livello di criminalità della zona. per alcuni l’escalation di violenza è frutto anche della crescita delle attività criminose. “E’ irresponsabile da parte di Amnesty Internationa affermare chi i 5mila morti sono tutti causati dagli insorti”, ha affermato ad esempio Marc Askew, studioso di scienza politica all’Università di Melbourne che ha osservato il fenomeno. Secondo Askew il 30-405 degli attacchi sono frutto della criminalità e di attività di contrabbando. Per il colonnello Parinya Chaitilok, uno dei portavoce dell’esercito thailandese, addirittura solo il 20% delle violenze sono opera di insorti. “Di solito non attaccano i civili, attaccano noi”, dice il militare.

IL GOVERNO RISPONDE - Qualunque sia l’entità dellle aggressioni dei ribelli, le autorità non semrbano disposte a farsi intimorire. La recente nomina da parte del governo di un generale in pensione che fu responsabile del bombardamento di una moschea nella zona meridionale nel 2004, è il segnale che l’amministrazione tra assumendo sta reagendo senza fare sconti agli insorti. Mentre il bilancio delle vittime continua a salire.

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