martedì, agosto 29, 2006

Prova DNA , John Mark Karr non è colpevole


Fonte Ansa http://www.ansa.it/
WASHINGTON - E' sfumata la speranza di risolvere il mistero dell'assassinio della piccola JonBenet Ramsey, la baby-modella di sei anni strangolata la notte di Natale di dieci anni fa in una villa miliardaria del Colorado. Le autorità hanno rinunciato ad incriminare per l'omicidio John Mark Karr, il maestro pedofilo che due settimane fa aveva confessato di essere responsabile dell'omicidio, dopo avere accertato col test DNA che non si tratta dell'assassino. Il maestro è rimasto comunque in carcere per essere processato in California per possesso di materiale pornografico raffigurante minorenni.

I test di laboratorio, basati sui capelli e la saliva prelevati al sospetto dopo il suo arresto, hanno dimostrato che il DNA di Karr non corrisponde a quello dell'assassino (ottenuto dalla polizia analizzando i tessuti rimasti sotto le unghie della piccola che aveva cercato di difendersi).

Karr era stato arrestato a Ferragosto in Thailandia e portato dalla polizia americana prima in California e quindi in Colorado, scena dell'omicidio che per anni ha ossessionato l'opinione pubblica ed i media, dove era prevista ieri la sua comparsa in tribunale per la incriminazione formale.

Ma l'accusa ha fatto sapere, con un colpo di scena, che Karr non sarà incriminato perché il DNA non corrisponde: la sua 'confessione', che aveva fatto sperare di risolvere il giallo, é in realtà frutto del suo desiderio di entrare in qualche modo nella vicenda che lo ossessiona da molti anni.

Karr aveva avuto in passato problemi con la legge americana per possesso di pornografia infantile. Il maestro ha perso più volte il posto di lavoro per il suo modo di trattare i bambini: a volte con eccessiva severità, a volte con una dolcezza ai confini con la morbosità. Da alcuni mesi si trovava in Asia e aveva ottenuto un lavoro di insegnante elementare in Thailandia in una scuola per stranieri.

Dubbi erano emersi ben presto, dopo la sua clamorosa confessione di essere l'assassino della piccola ("Ero accanto a lei quando è morta - aveva detto - E' stata una disgrazia. L' amavo tanto") perché alcuni familiari avevano detto che il 26 dicembre 1996, quando era stata uccisa la piccola modella, Karr si trovava con i congiunti.

Le autorità americane avevano prelevato campioni DNA da oggetti trovati nel suo appartamento in Thailandia ma non erano riusciti ad ottenere da Karr il consenso di effettuare un test più accurato prelevando campioni di saliva. Paradossalmente quando il maestro si era infine convinto a farsi prendere la saliva gli agenti Usa non disponevano del kit necessario per effettuare il prelievo. Solo al suo arrivo in Colorado gli inquirenti erano riusciti a fare il test. I risultati, arrivati ieri, hanno mostrato che il maniaco si è inventato tutto.

Erano stati alcuni messaggi e-mail inviati da Karr ad un professore universitario del Colorado che aveva girato tre documentari sul giallo della uccisione della piccola JonBenet ad attirare la attenzione degli inquirenti sul maestro pedofilo.

Il giallo della uccisione della baby-modella resta quindi ancora tutto da essere risolto. La polizia del Colorado aveva seguito inizialmente la pista (poi rivelatasi sbagliata) della colpevolezza dei genitori della bimba che erano stati poi scagionati. Ma il tempo perduto seguendo la pista sbagliata aveva reso poi più difficile mettersi sulle tracce del vero assassino. La 'confessione' di Karr aveva dato l'illusione che il velo del mistero sulla morte, incomprensibile, della bimba potesse essere risolto. Ma Karr si è rivelato soltanto un mitomane. Il mistero continua. E forse non sarà mai risolto

venerdì, agosto 18, 2006

Arrestato a Bangkok per omicidio bimba modella nel '96: "Fu un incidente"

BANGKOK THAILAND (Reuters) - Un maestro elementare americano fermato ieri in Thailandia ed accusato di essere l'assassino della piccola JonBenet Ramsey, reginetta di bellezza di appena sei anni uccisa nel Natale 1996, ha detto di esser stato innamorato della bimba e che la sua morte è stata un incidente.

"Ero con JonBenet quando è morta", ha detto ai giornalisti John Mark Karr, 41 anni, in un drammatico epilogo ad un caso che per anni ha appassionato l'opinione pubblica Usa.

Karr, accusato di omicidio di primo grado, rapimento ed abusi sessuali su minore, ha detto a proposito del sequestro con voce serena: "La morte è stata un incidente. Io amavo JonBenet".

Magro, capelli color sabbia ed occhi chiari, con addosso una maglietta azzurra, Karr è stato presentato ai giornalisti per una breve conferenza stampa, circondato da poliziotti. E' stato arrestato su mandato di cattura federale Usa alla presenza di agenti americani, dopo esser stato pedinato per tre settimane mentre cercava di essere assunto come insegnante di inglese e matematica in una delle dozzine di scuole internazionali di Bangkok, ha spiegato la polizia.

I media Usa hanno ricordato che Karr viveva nella città natale di JonBenet, Boulder in Colorado, all'epoca dell'omicidio e secondo le autorità potrebbe essere estradato nel giro di una settimana.

L'omicidio della bimba era rimasto un giallo irrisolto che per anni ha appassionato l"opinione pubblica Usa, scatenando un'infinità di ipotesi sulla sua morte.

DUBBI SUI GENITORI POI SCAGIONATI

La piccola fu trovata cadavere nella cantina della sua casa il 26 dicembre 1996. Sulla scala di casa, un biglietto che annunciava un rapimento da parte di un "piccolo gruppo straniero" con la richiesta di un riscatto di 118.000 dollari.

I genitori di JonBenet', John e Patsy, furono al centro di sospetti all'inizio delle indagini e nel 2002 raggiunsero un accordo extragiudiziale con un ex investigatore che in un libro li aveva accusati dell'omicidio.

Patsy Ramsey è morta lo scorso giugno per un cancro alle ovaie. La coppia era stata informata dei progressi nell'inchiesta che ha portato all'arresto di Karr.

"Così Patsy sapeva che le autorità erano vicine ad un arresto nel caso... senza dubbio sarebbe stata felice come lo sono io con la svolta odierna dopo quasi 10 anni dall'omicidio di nostra figlia", ha dichiarato John Ramsey all'emittente KUSA-TV a Denver.

Nessuno era stato incriminato per l'omicidio di JonBenet, che ebbe enorme risalto sui media anche per il successo della bimba come fotomodella in erba, per la ricchezza della sua famiglia e le misteriose modalità del delitto.

FIUME DI EMAIL HA CONDOTTO AL SOSPETTATO, DICE INVESTIGATORE

Secondo quanto dichiarato oggi dall'investigatore Ollie Gray al giornale Rocky Mountain News, sarebbe stato un fiume di email inviate da Karr all'autore di documentari sul delitto della bimba assassinata a portare la polizia sulle tracce del sospettato.

"Diceva di esser stato lì, di aver fatto questo e quello, di sapere questo e quello. Erano cose alle quali i media non avevano potuto accedere", ha detto Gray, parlando della fitta corrispondenza che Karr aveva intrattenuto via email con Michael Tracey, docente di giornalismo del Colorado ed autore di tre documentari sul caso JonBenet.

Tracey non ha voluto commentare il suo ruolo nell'indagine, dicendo di Karr, secondo quanto riferito dal giornale: "Credo abbia il diritto alla presunzione di innocenza. Sono stato coinvolto per 10 anni in questo caso perché credo che questo diritto non sia mai stato riconosciuto ai Ramsey e questo è stato un errore".

martedì, agosto 15, 2006

Aeroporto di Bangkok Don Muang, notevole aumento arrivi.


Notevole aumento di passeggeri nei primi cinque mesi del 2006 per l'aeroporto di Bangkok Don Muang. Lo scalo ha infatti registrato 1.223.546 unità in crescita del 44% contro le 890.844 unità dello stesso periodo dello scorso anno.
Primi in classifica, per quanto riguarda i mercati di provenienza, i cinesi con 216.918 arrivo ed un incremento del 101%, seguiti dai coreani (101.381 unità, +67%). Al terzo posto i giapponesi con 155.537 arrivi ed un aumento del 34%.
Per quanto riguarda l’Europa, risulta prima in classifica la Gran Bretagna con 60.654 arrivi (+73%), seguita da Germania (42.583 passeggeri, +21%), gli Italiani sono stazionari (solo 9600 passeggeri)

sabato, agosto 12, 2006

Morto il principe Kiko Furstenberg, detenuto in carcere di Bangkok.

Una morte insolita per un rampollo la cui vita 'dorata' si svolgeva negli ultimi tempi tra le Hawaii e le bianche spiagge della Thailandia. In una cella sovraffollata, su una branda di un letto castello. Il suo cuore si è fermato all'improvviso. Aveva 50 anni, era nato a Losanna, in Svizzera, l'8 novembre 1956.
Una tragedia complicata e resa ancora più misteriosa dal fatto che le autorità thailandesi si oppongono al trasferimento della salma nella tomba di famiglia a Marbella. E Ira Furstenberg, che in queste ore si trova a Bangkok con il conte Gaddo Cardini Lenzi Orlando, ha già annunciato battaglia.
Non era un amante dei 'riflettori' Kiko, rampollo nelle cui vene il sangue blu degli Hohenlohe si mescolava a quello, di orgine materna, della casa Agnelli. Era, invece, un ferivido appassionato di viaggi. Parigi, Ginevra e soprattutto gli splendidi atolli delle Hawaii le sue mete predilette, all'insegna di un'esistenza 'dorata' ma discreta, lontano da scandali e flirt da prima pagina.
Certo ben diversa da quella della madre Ira Fursteberg, alla ribalta già alla tenera età di 15 anni, quando il mondo intero si innamorò della bellissima sposa-bambina che nella laguna di Venezia si era unita con nozze da favola al principe Alfonso. E lontana anche dalla 'versatilità' dell'estroverso fratello Hubertus, fotografo, campione di sci e musicista, di tre anni minore di lui.
Ma proprio al fratello Hubertus 'Kiko' era molto legato, malgrado le sue lunghe permanenze all'estero lontano dalla famiglia. In Thailandia era arrivato intorno a metà luglio con un obiettivo preciso: frequentare un celebre centro benessere per perdere quei chili in più che ormai costituivano la sua ossessione.
Dopo una decina di giorni trascorsi a Bangkok, aveva deciso di ritornare alle cristalline spiagge delle Hawaii che da tempo aveva eletto a sua residenza abituale. Ma il volo per Honolulu era risultato pieno e il rampollo degli Hohenlohe era stato costretto a rimandare la partenza. Intanto il visto di ingresso era scaduto. E allora, Christoph commette un'imperdonabile imprudenza: con la penna falsifica la data, scrivendo quella del 6 agosto.
La polizia se ne accorge, lo perquisisce, lo arresta e lo rinchiude nella cella dove è rimasto per una settimana, fino a domenica scorsa, quando un malore lo ha stroncato per sempre. Nessuna certezza ancora sulle cause del decesso: forse un'infezione o una grave crisi dovuta alla mancanza di insulina. Ciò che è certo, invece, è che il giudice ha rifiutato la cauzione dei Furstenberg, giunti a Bangkok in gran fretta, e ha confermato il carcere per il nobile tedesco.
Venerdì la madre Ira, con l'intermediazione dell'ambasciata, è riuscita ad ottenere un colloquio con 'Kiko', che le ha raccontato di come fosse disperato e umiliato e di quanto facesse caldo in quella cella con altri 40 reclusi, tra cui spacciatori e criminali 'efferati'. Ma l'attrice che recitò con Pasolini, Lattuada e Negulescu, non è riuscita a districarsi nella foresta burocratica thailandese e a tirare fuori in tempo il suo rampollo.

venerdì, agosto 04, 2006

Genesi di Buddha

Probabilmente la storia di Buddha è la storia della nostra umanità e dunque appartiene a tutti noi, anche se professiamo credi o religioni diverse, anche se non crediamo in alcun Dio.
(Testo tratto da psicolinea) http://www.psicolinea.it/

La figura di Budda è, per antonomasia, quella di un rinunciatario, un asceta, che praticò e predicò una vita religiosa nella quale la partecipazione individuale in una comunità era di primaria importanza, così come la disciplina, la concentrazione e l’autocontrollo.
Il Buddha che conosciamo noi occidentali è Siddharta Gautama, che si ritiene sia vissuto tra il 580 ed il 550 a. C (più o meno negli stessi anni in cui vissero Socrate e Confucio) nella città di Kapilavastu, nell'odierna regione di Gorakhpur, al confine con il Nepal. La sua famiglia era ricca e potente, un clan di guerrieri che amministravano la loro piccola repubblica in modo oligarchico. Della sua vita non abbiamo nulla di autobiografico, ma conosciamo i suoi insegnamenti tramite seguaci e poeti che scrissero di lui dopo la sua morte, più di duecento anni dopo ed anche dopo l’inizio dell’era cristiana.
Non esiste infatti una sola biografia del Buddha, ma ne esistono diverse, che contengono leggende e tradizioni legate ai luoghi dove sono state scritte: non possiamo parlare di verità storiche, ma di verità ‘culturali’, nel senso che ci fanno capire dove si innestano i fondamenti del Buddismo. Le prime biografie di Budda furono scritte in lingua Pali o in Sanscrito: alcune di esse, come ad esempio La Grande Storia – Mahavastu - sono incomplete, nel senso che non raccontano la sua intera vita, ma si soffermano in particolare su alcuni episodi, come la sua illuminazione; altre biografie invece seguono il personaggio fino alla sua morte. Esistono inoltre altre biografie, più recenti, della vita di Buddha, scritte in cinese o tibetano e spesso in dialetti locali, come il cingalese, il burmese, il Thai, il Khmer, il mongolo, il coreano: non parlano solo della vita dell'illuminato, ma sono libri di preghiera e di meditazione basati sugli episodi della vita di Buddha.

Dobbiamo poi pensare che le prime storie sulla vita di Buddha non erano testi letterari, ma bassorilievi, trovati nell’India centrale. Per esempio in una delle colonne del Portale Nord della città di Sanchi, c’è una rappresentazione di una scimmia che offre un vaso di miele a Buddha, la cui presenza è simbolizzata da un albero e da un trono vuoto : non vi erano ancora rappresentazioni antropomorfe, come forma di rispetto e Buddha veniva rappresentato come un albero, una ruota o una serie di impronte di piedi. Sicuramente gli artisti del tempo si riferivano ad una tradizione orale diffusa ed ai testi che conoscevano, i quali a loro volta venivano influenzati dalle riproduzioni artistiche del tempo.
E’ per questo che possiamo parlare delle molte vite del Buddha, non solo per le vite precedenti jatakas, ma per i tanti modi in cui la sua storia è stata raccontata.
Esiste un’intima connessione fra i fatti della vita di Buddha ed i luoghi dove questi fatti sono avvenuti. Ve ne sono alcuni ‘storici’ ed altri, considerati ‘apocrifi’ dagli studiosi, in cui si parla di visite-lampo di Buddha anche in paesi diversi dall’India, come quello verso l’Afghanistan ed il Kashmir, effettuato nel corso di una sola notte, mentre il maestro era in trance meditativa, oppure come i suoi tre viaggi compiuti nell’attuale Sri Lanka, volando. Questo sarebbe accaduto nel nono mese, tra il quinto e l’ottavo anno dopo la sua illuminazione.
Tutti questi centri, legati alla vita del maestro, sono diventati luoghi di pellegrinaggio e di meditazione e sono anche serviti per raccontare la vita del Buddha in termini di ‘cicli’ o eventi avvenuti in luoghi particolari : il ciclo di Kapilavastu ad esempio parla della nascita e della giovinezza di Buddha, il ciclo di Magadha (illuminazione), il ciclo di Benares (primo sermone) e così via.
Della sua giovinezza sappiamo che il piccolo Buddha fu mostrato a suo padre, il quale, vedendolo, cadde in adorazione; che fu mostrato agli dei del suo clan e le statue di questi dei caddero in frammenti ai suoi piedi; di Buddha bambino che fu mostrato ai sacerdoti bramini, i quali predissero che egli sarebbe diventato il Buddha vedendo alcuni segni sul suo corpo; che gli fu insegnato a scrivere, a cavalcare, usare l’arco, tirare un giavellotto ecc.; che visse, tempo dopo, nell’harem con le sue mogli; che vide gli uomini che gli fecero fare la sua prima ‘scoperta’: il vecchio, il malato, il morto, cui seguì la sua prima trance meditativa, ed infine la sua grande partenza da Kapilavastu per andare verso l’illuminazione.

Studiò i massimi sistemi filosofici dell’induismo, Shamkya e Vedanta, poi cercò la via spirituale attraverso la mortificazione del corpo (digiuni e pratiche ascetiche), ma non trovò in questo le risposte che cercava. La leggenda narra che un giorno, ridotto quasi in fin di vita, incontrò una donna che lo nutrì con latte e riso e lo incoraggiò a nutrirsi, spiegandogli che gli eccessi non possono portare alla verità, così come le corde troppo lente o troppo tese del suo strumento non possono dare il giusto suono.
E’ importante però sapere che anche nella prima tradizione buddista, Gautama non era considerato l’unico, in quanto aveva avuto dei predecessori e che avrebbe avuto dei successori, che avrebbero percorso il suo stesso cammino. Gautama è importante perché è quello che conosciamo meglio, ma la storia della sua vita non deve essere limitata a lui stesso. Troviamo questo messaggio nel Discorso sulla Grande Leggenda Mahavadana-sutra, che esiste sia in versione Pali che in Sanscrito: esso narra la vita di Buddha, dalla sua nascita alla sua illuminazione, ma non è la vita del Buddha Gautama, ma del Buddha Vipasyi, la cui storia è esattamente come quella di Gautama, tranne per il fatto che i nomi delle persone che gli sono vicine sono diversi, come diversi sono i luoghi. Ad esempio in un testo sanscrito vengono enumerate le azioni indispensabili che ogni Buddha deve necessariamente compiere: nessun Buddha può morire in un finale nirvana se non ha indicato un successore, se non ha convertito tutti quelli che poteva convertire, se non ha vissuto più di tre quarti della sua aspettativa di vita, se non ha tenuto un’assemblea dei suoi discepoli presso il lago Anavatapta, se non ha portato i suoi genitori a capire la verità, ha fatto un grosso miracolo a Sravasti ecc.
La tradizione tibetana narra la storia di Buddha partendo della sua discesa dal Paradiso e della sua entrata nell’utero materno, poi vi è la nascita, l’attitudine mostrata per i vari mestieri, la vita nell’harem, la grande partenza dal palazzo, la pratica dell’ascetismo, la sconfitta di Mara, che voleva impedirgli di raggiungere il nirvana, la sua prima predica ed infine la morte e parinirvana.
In un testo Pali troviamo la lista più completa della sua vita: dalla discesa nell’utero materno, alla sua nascita, in un parto avuto dalla madre in posizione eretta. La sua grande partenza avviene dopo aver visto i quattro segnali e la nascita del suo primo figlio. Praticava l’ascetismo per almeno sette giorni, indossava abiti gialli, fino a che , nel giorno della sua illuminazione aveva un pasto di riso e latte.Si sedeva in un sedile fatto di erba, si concentrava sul suo respiro, sconfiggeva le forze di Mara e raggiungeva una piena illuminazione nella posizione del loto, con le gambe incrociate.

La biografia della Grande Storia – Mahavastu - appartiene ad una scuola buddista che enfatizza la natura sovrannaturale di Buddha: Gautama è visto come integrato nella natura terrestre, ma senza esserne particolarmente coinvolto. Non sente fatica, può sedere nell’ombra ma non si sente tormentato dal calore del sole, può mangiare e bere, ma non ha mai sete o fame: è un’enfatizzazione delle sue qualità di purezza e trascendenza.
Come si è già accennato, la prima ‘scoperta’ spirituale di Gautama fu che la vita è sofferenza. Egli arrivò a questa conclusione dopo aver visto, durante le sue rare uscite dalla casa paterna, prima un vecchio, poi un malato e quindi il feretro di un morto. Nelle sue parole così viene illustrata questa verità: ‘La nascita è sofferenza, la vecchiaia è sofferenza, la malattia è sofferenza, la morte è sofferenza, essere uniti a ciò che non si ama è sofferenza, essere separati da ciò che si ama è sofferenza, non realizzare il proprio desiderio è sofferenza…’.
La seconda verità spiega che il destino umano dipende dalla legge causa-effetto che si può immaginare come una catena di dodici anelli, in cui ognuno genera il successivo e deriva dal precedente, in un cerchio senza fine che è il Samsara, la ruota della morte e della rinascita. Questa verità è detta 'verità sull'origine del dolore': il risultato delle nostre azioni (karma) passate determina la nascita in una casta privilegiata o in una condizione di emarginazione e, nella vita, non vi è altro da fare che comportarsi bene e sperare in una rinascita migliore.
La terza verità sostiene che basta agire su uno degli anelli di questa catena per avere ragione di tutti gli altri. Si può ad esempio cercare di superare l’ignoranza, cercando di essere ‘lanterne di sé stessi’, senza bisogno di ausili esterni, arrivando così alla liberazione.
La quarta verità indica la via che conduce all'estinzione della sofferenza: un ottuplice sentiero di rette opinioni, retto scopo, rette parole, retta azione, retto modo di esistere, retto sforzo, retta attenzione, retta meditazione. Chiunque si incammini su questa via di otto sentieri paralleli non vuole ottenere paradisi o evitare inferni: il suo scopo è quello di raggiungere l'esatta percezione dell'universo in cui è immerso, che è un continuo aggregarsi e disgregarsi. In esso nulla è permanente, tanto meno il proprio ‘io’. Chi comprende questo ha sconfitto l'ignoranza, ha spezzato le catene, ha raggiunto il Nirvana, cioè ‘estinzione’ uno stato mentale raggiungibile in vita solo quando tutti gli attaccamenti sono estinti.
L’incontro con un asceta influenzò molto il pensiero di Gautama, che in quella vita, priva di beni materiali e di affetti, esclusivamente dedicata all'indagine e alla meditazione, vide la possibilità di trovare il senso dell’esistenza.
Fu così che sedette ai piedi di un grande pipal e, assunta la posizione della meditazione, rimase così tre giorni e tre notti. Questa meditazione lo portò alla comprensione della Legge che regola l’universo e che porta alla liberazione. Fu una vera e propria illuminazione, tanto che, da questo momento, si fece chiamare Buddha, che significa appunto ‘il risvegliato’.
Ottenuto questo stato ineffabile l'illuminato scelse di conservare il più nobile dei legami terreni: quello dell'altruismo e della compassione. Egli volle allora indicare la via a chiunque, in base alle possibilità di ciascuno; insegnò a uomini e donne di ogni ceto e condizione la ragionevolezza e la non violenza, il rispetto reciproco e per la natura, la semplicità ed il buon senso.
Le diverse interpretazioni che cominciarono a fiorire alla morte del maestro diedero origine a molte scuole non solo in India, ma anche in gran parte dell'estremo oriente. Dal diciannovesimo secolo in poi il buddhismo ha attratto su di sé anche l'attenzione degli studiosi occidentali: chi imbocca la strada del buddismo vi trova una religione, una scienza della mente, uno stile di vita tollerante e non violento, da contrapporre a tutte le forme di violenza, militare, politiche, sociali ed economiche.
Poco importa allora sapere se questo Buddha è veramente esistito o no: forse si tratta di un personaggio leggendario, cui sono state attribuite caratteristiche derivate da altre divinità, leggende, profeti che lo avevano preceduto; forse nella storia di Buddha c’è anche un po’ della vita di Gesù (nato da una vergine, realizzò miracoli e prodigi, guarì gli infermi, predicò la castità, la tolleranza, la compassione, l’amore e l’uguaglianza tra gli uomini ecc.).

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