e azzurra immensità
A migliaia le navi ti percorrono invano;
L'uomo traccia sulla terra i confini,
apportatori di sventure,
Ma il suo potere ha termine sulle coste,
Sulla distesa marina
I naufragi sono tutti opera tua,
è l'uomo da te vinto,
Simile ad una goccia di pioggia,
S'inabissa con un gorgoglio lamentoso,
Senza tomba, senza bara,
senza rintocco funebre, ignoto.
Sui tuoi lidi sorsero imperi,
contesi da tutti a te solo indifferenti
Che cosa resta di Assiria, Grecia, Roma,
Cartagine?
Bagnavi le loro terre quando erano libere
e potenti.
Poi vennero parecchi tiranni stranieri,
La loro rovina ridusse i regni in deserti;
Non così avvenne, per te, immortale e
mutevole solo nel gioco selvaggio delle onde;
Il tempo non lascia traccia
sulla tua fronte azzurra.
Come ti ha visto l'alba della Creazione,
così continui a essere mosso dal vento.
E io ti ho amato, Oceano,
e la gioia dei miei svaghi giovanili,
era di farmi trasportare dalle onde
come la tua schiuma;
fin da ragazzo mi sbizzarrivo con i tuoi flutti,
una vera delizia per me.
E se il mare freddo faceva paura agli altri,
a me dava gioia,
Perché ero come un figlio suo,
E mi fidavo delle sue onde, lontane e vicine,
E giuravo sul suo nome, come ora.
George Byron, 1812
I miei cofanetti sono i gusci delle ostriche,
nei quali tengo le mie perle orientali;
per aprirli uso la marea,
chiave che spalanca
i gusci delle ostriche, dopodiché prendo
quelle perle orientali e faccio corone;
e indosso il semplice corallo
che arrossisce al contatto dell'aria.
Siedo a cantare sulle onde d'argento
e allora i pesci stanno ad ascoltare:
poi, sedendo su una roccia,
mi pettino i capelli con una lisca di pesce;
nel frattempo Apollo, coi suoi raggi,
me li asciuga dai rivoletti d'acqua.
La luce fa splendere la superficie dell'acqua
e fa uno specchio dell'immenso mare:
così quando nuoto in alto sulle acque,
mi vedo mentre scivolo giù:
ma quando il sole comincia a scottare
torno alle mie acque
e mi tuffo sino in fondo:
allora le acque scorrono sulla mia testa
in onde increspate, a cerchi concentrici,
e così io sono incoronata dalle acque.
Margaret Cavendish, 1668
Sorride da lontano.
Denti di spuma,
Labbra di cielo.
Federico Garcìa Lorca, 1920
"Salute dunque, salute per sempre, o mare, nelle cui scosse eterne l'uccello selvaggio trova il solo riposo. Nato io dalla terra, ma nutrito dal mare: sebbene colline e vallate mi siano state madri, voi flutti siete i miei fratelli di latte!"Herman Melville, 1851
L'isolano e l'albero di cocco sono i vicini e gli innamorati del mare."Il corallo cresce, la palma s'apre, ma gli uomini scompaiono", dice il triste adagio d'Haiti. Ma, finché durano, sono tutti e tre affezionati alle spiaggie. Dovevamo gettare l'ancora in un anfrattuosità tra le rocce, vicino all'angolo a sud-est della baia. La baia era là, come volevamo; la goletta virò di bordo, l'ancora si tuffò. Il rumore fu poco ma l'avvenimento immenso. La mia anima se ne andò coi suoi legami a profondità di dove nessun verricello poteva risollevarla, nessun palombaro ritirarla. Da quel giorno alcuni di quei compagni ed io dovevamo per sempre restare prigionieri delle isole Viviane.