sabato, marzo 05, 2011

La patente Thailandese

5 ore di trafila, 4 euro di costo, una bocciatura di mezzo: una mattinata alla Motorizzazione di Bangkok si rivela un piccolo specchio della Thailandia

Da sei mesi guido uno scooter a Bangkok, e il farlo con la semplice patente A italiana non mi aveva mai creato problemi, neanche nei frequenti controlli (o retate – un giorno scriverò anche di questo) della polizia. Quando ho saputo della possibilità di passare facilmente alla patente thailandese, dietro un semplice esame della vista e qualche pratica veloce, ho pensato che ne valeva la pena. In realtà, poiché la mia patente non era internazionale, alla fine mi è toccato fare tutta la trafila degli esami visivi, teorici e pratici. Meglio così: è stata un'esperienza istruttiva e, nel suo piccolo, molto “thai”.

Il fatto di essere praticamente l'unico straniero nel brulicante palazzo della Motorizzazione, e di masticare abbastanza thailandese per farmi capire, mi ha probabilmente facilitato il compito. In cinque ore avevo in mano l'ambita patente, nonostante l'inaspettato “incidente” di percorso di essere bocciato al quiz teorico, con solo 20 risposte giuste su 30. Come ogni trombato, avevo le mie scuse: ero emozionato, alcune domande erano illogiche, le immagini sul computer della postazione erano scannerizzate da un libro a qualità pessima. In realtà, a 21 anni dalla mia prima volta in motorino e con una carriera a due e quattro ruote senza incidenti di rilievo, ero in grande imbarazzo a fare la figura del somaro e dovermi ripresentare tra un mese.

Per fortuna mi è venuta in soccorso la mentalità thailandese del “mai bpen rai” (“non fa niente”). Prima ancora che iniziassi a supplicare di avere un'altra possibilità, le esaminatrici me l'hanno concessa: mi hanno dato il libro con tutti i segnali e, dopo neanche 10 minuti, già mi richiamavano nella stanza per rifare la prova. Stavolta, con risicato successo. Capita così anche ai bocciati thailandesi, vi chiederete voi? Quasi quasi preferisco non saperlo. Un amico straniero mi ha detto che al suo esame, tempo fa, gli esaminatori gli avevano in pratica già cerchiato le risposte giuste.

In precedenza, le prove di riconoscimento dei colori e di reazione in fase di frenata erano tutto sommato simili a quelle in uso da noi – se non si conta la particolare enfasi, quasi militaresca, con cui gli aspiranti patentati (e anch'io, adeguandomi all'usanza) dicevano a voce alta il nome del colore indicato dall'esaminatrice con la bacchetta. L'esame pratico è stato infine una bazzecola, su un circuito chiuso al traffico: un piccolo percorso di curve a esse, una traversata su una stretta striscia sopraelevata, un minuto scarso di giro nel circuito dell'esame, rispettando i segnali e dando le dovute precedenze. Al tutto hanno assistito due cani randagi che si aggiravano lungo il percorso – chissà se li hanno aggiunti apposta per simulare il tipico ambiente di strada di Bangkok.

Anche senza il regalino dell'esame fatto due volte, l'impressione è stata comunque quella di essere passato attraverso una fabbrica di patentati, senza una vera selezione. Non stupirà chi tra voi conosce gli standard di guida da queste parti. Ma a pensarci bene, l'esperienza riassume anche molti dei motivi per cui decine di migliaia di occidentali – pur lamentandosi in continuazione di cosa non funziona in Thailandia – alla fine rimangono in questo Paese.

Non è solo il fatto che la patente mi è costata 155 baht (meno di 4 euro). Gli impiegati del Dipartimento dei trasporti erano gentili e operosi, come spesso accade nella burocrazia thailandese: ha le sue assurdità, le montagne di carta inutile e tanto altro, ma alla fine fa perdere meno tempo di quella italiana. Provate a immaginarvi la situazione opposta: un thailandese che parla solo un po' la nostra lingua, mentre cerca di prendere la patente alla Motorizzazione di Roma. Troverebbe quiz in inglese, funzionari allo sportello cortesi, e un piacevole senso di “precedenza” data allo straniero per facilitarlo nella lunga trafila?

Quanto a me, anche da patentato, alla fine sono tornato a casa facendo i soliti slalom tra le colonne di bus fumanti, compresa qualche deviazione sul marciapiede e l'abituale imbocco in senso vietato della via dove abito. Cose che – nonostante la mia ignoranza delle regole, smascherata dal test teorico – qui non mi rendono un pericolo pubblico, ma un semplice scooterista come tanti. “E' ora di dimenticare tutto quello che ho imparato stamattina, e tornare a guidare come un vero thailandese”, ho scritto su Twitter fresco di patente. Un inglese che mi segue ha subito risposto sarcastico: “O come un italiano... sei mai stato a Napoli?”. Touché: la prossima volta che un amico mi dà del matto per avventurarmi alla guida nella giungla di Bangkok, avrò un argomento in più.

Link: http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=175&ID_articolo=95&ID_sezione=358&sezione=

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