Quando tutti si aspettavano un'ulteriore escalation di violenza, la crisi thailandese ha preso oggi un'improvvisa svolta pacifica : la premier Yingluck Shinawatra ha ordinato alla polizia di smettere di respingere i manifestanti che per giorni hanno tentato di conquistare il palazzo del governo.
L'inattesa tregua - sul quale influisce l'imminente compleanno del re - fa crescere le speranze per un compromesso istituzionale, anche se il leader della protesta Suthep Thaugsuban ha già annunciato ai suoi fedeli che la lotta per «estirpare il regime» non è ancora conclusa. Dopo due giorni di tafferugli con lacrimogeni e proiettili di gomma, stamattina agenti e manifestanti si sono abbracciati e scambiati delle rose, in un'atmosfera di piena distensione. Successivamente, a un gruppo di dimostranti è stato concesso di entrare brevemente nel complesso governativo fino ad allora difeso strenuamente dalla polizia. Qualche ora dopo Suthep - sul quale da ieri pende un mandato di arresto per insurrezione - ha comunque parlato di «vittoria non completa». «L'obiettivo rimane lo sradicamento del regime di Thaksin», ha detto riferendosi all'ex primo ministro in auto-esilio e fratello di Yingluck, che raccoglie i voti in particolare della classe medio-bassa del popoloso nord-est. «Non possiamo ancora andare a casa», ha concluso Suthep. Il governo ha ammesso che il compleanno di re Bhumibol il 5 dicembre - giornata nella quale la tradizione vuole che regni l'armonia tra i thailandesi - ha giocato un ruolo determinante. «Si trattava di creare una buona atmosfera affinchè le celebrazioni ricadano sotto auspici favorevoli», ha dichiarato il vicepremier Surapong Tovichakchaikul.
Yingluck è nel frattempo partita per una prevista visita cerimoniale nella località costiera di Hua Hin, dove risiede il venerato re (86 anni) sul trono dal 1946. Mentre è già iniziata la ripulitura delle strade dove è avvenuta la guerriglia, è chiaro che una soluzione finale non è ancora stata trovata. Yingluck rimane in carica e, seppur indebolita, continua a controllare i punti nevralgici dell'amministrazione; se si andasse a nuove elezioni, con ogni probabilità il partito filo-Thaksin le vincerebbe, come è successo cinque volte negli ultimi dodici anni. I manifestanti controllano però ancora il ministero delle Finanze e un altro complesso amministrativo; avendo posto obiettivi così ambiziosi come un «Consiglio del popolo» nominato dall'alto, fomentando l'odio verso Thaksin della borghesia di Bangkok e dei più nazionalisti, Suthep non può ammettere una sconfitta.
La mediazione è portata avanti dall'esercito.
Nonostante la retorica da «difensori della monarchia», i militari sono però in una posizione ambigua: legati a doppio filo all'establishment per cui parteggiano anche i manifestanti, in passato hanno giocato più volte la loro influenza tentando 18 colpi di stato dal 1932, l'ultimo nel 2006 contro Thaksin. Il capo di stato maggiore Prayuth Chan-ocha ha dichiarato che «il problema è politico e va risolto con mezzi politici», aggiungendo però che «comunque, stiamo monitorando la situazione da lontano». Qualsiasi soluzione dovrà comunque passare da loro.
L'inattesa tregua - sul quale influisce l'imminente compleanno del re - fa crescere le speranze per un compromesso istituzionale, anche se il leader della protesta Suthep Thaugsuban ha già annunciato ai suoi fedeli che la lotta per «estirpare il regime» non è ancora conclusa. Dopo due giorni di tafferugli con lacrimogeni e proiettili di gomma, stamattina agenti e manifestanti si sono abbracciati e scambiati delle rose, in un'atmosfera di piena distensione. Successivamente, a un gruppo di dimostranti è stato concesso di entrare brevemente nel complesso governativo fino ad allora difeso strenuamente dalla polizia. Qualche ora dopo Suthep - sul quale da ieri pende un mandato di arresto per insurrezione - ha comunque parlato di «vittoria non completa». «L'obiettivo rimane lo sradicamento del regime di Thaksin», ha detto riferendosi all'ex primo ministro in auto-esilio e fratello di Yingluck, che raccoglie i voti in particolare della classe medio-bassa del popoloso nord-est. «Non possiamo ancora andare a casa», ha concluso Suthep. Il governo ha ammesso che il compleanno di re Bhumibol il 5 dicembre - giornata nella quale la tradizione vuole che regni l'armonia tra i thailandesi - ha giocato un ruolo determinante. «Si trattava di creare una buona atmosfera affinchè le celebrazioni ricadano sotto auspici favorevoli», ha dichiarato il vicepremier Surapong Tovichakchaikul.
Yingluck è nel frattempo partita per una prevista visita cerimoniale nella località costiera di Hua Hin, dove risiede il venerato re (86 anni) sul trono dal 1946. Mentre è già iniziata la ripulitura delle strade dove è avvenuta la guerriglia, è chiaro che una soluzione finale non è ancora stata trovata. Yingluck rimane in carica e, seppur indebolita, continua a controllare i punti nevralgici dell'amministrazione; se si andasse a nuove elezioni, con ogni probabilità il partito filo-Thaksin le vincerebbe, come è successo cinque volte negli ultimi dodici anni. I manifestanti controllano però ancora il ministero delle Finanze e un altro complesso amministrativo; avendo posto obiettivi così ambiziosi come un «Consiglio del popolo» nominato dall'alto, fomentando l'odio verso Thaksin della borghesia di Bangkok e dei più nazionalisti, Suthep non può ammettere una sconfitta.
La mediazione è portata avanti dall'esercito.
Nonostante la retorica da «difensori della monarchia», i militari sono però in una posizione ambigua: legati a doppio filo all'establishment per cui parteggiano anche i manifestanti, in passato hanno giocato più volte la loro influenza tentando 18 colpi di stato dal 1932, l'ultimo nel 2006 contro Thaksin. Il capo di stato maggiore Prayuth Chan-ocha ha dichiarato che «il problema è politico e va risolto con mezzi politici», aggiungendo però che «comunque, stiamo monitorando la situazione da lontano». Qualsiasi soluzione dovrà comunque passare da loro.