mercoledì, luglio 04, 2007

Thailandia: Con le elezioni il paese spera di uscire dello stallo

Le operazioni di controterrorismo portate avanti negli ultimi anni dal governo di Thaskin hanno prodotto solamente un consenso maggiore alle rivendicazioni della minoranza islamica

La Thailandia si appresta a risolvere entro pochi mesi la crisi politica che attanaglia il paese da un anno. Il Primo Ministro Surayud Chulanont ha dichiarato di voler indire al più presto le elezioni per ridare al paese un governo legittimato dalle urne. Un atto dovuto per riportare la normalità in Thailandia dopo il colpo di stato militare contro Thaksin e il suo governo. All’inizio di giugno il Thai Rak Thai, il partito del deposto Primo Ministro, è stato sciolto dopo che sono state dimostrate le accuse di illeciti proprio durante le elezioni dell’aprile 2006.

Thaksin, miliardario magnate della telefonia e della televisione, è stato interdetto insieme ad altri cento componenti del suo partito dalla politica per cinque anni. L’accusa più grave riguarda la vendita della compagnia di comunicazioni Shin Corps nel gennaio 2006: operazione macchiata da gravi atti di corruzione secondo gli inquirenti. Prima delle elezioni deve essere approvata tramite referendum la nuova costituzione thailandese e l’esito delle votazioni non è affatto scontato. Il Thai Rak Thai, nonostante le accuse, gode ancora di una grande influenza su una buona parte della società civile thai. Il partito di Thaskin darà sicuramente indicazioni di voto contrarie alla nuova costituzione in caso di referendum.

La Thailandia si trova quindi ad un bivio, anche se fino ad ora la situazione è rimasta sotto controllo. Il re Bhumibol Adulyadej, amatissimo dal popolo, era negli ultimi tempi in grande contrasto con Thaskin Shinawatra ed è sceso in campo con tutta la sua autorità per garantire la stabilità del paese. Al momento del golpe i militari hanno creato un "consiglio democratico per le riforme" che comprende tutte le forze armate e la polizia nazionale ed hanno affermato la loro lealtà verso il re confermandolo come capo dello stato.
Re Rama IX è una figura cruciale nella società thailandese, è oggetto di un vero e proprio culto della personalità. A differenza della Corea del Nord o del Turkmenistan l’origine di questo culto non è totalmente attribuibile ad una “strategia indotta dall’alto”. È attualmente il sovrano in carica da più tempo nel mondo, esattamente da 61 anni. Per i thailandesi tutti incarna lo spirito stesso della nazione e l’ideale della purezza thai. Qualsiasi offesa alla sua immagine è severamente punita con pene sino all’ergastolo. Un comico ha scontato una lunga condanna in carcere per essersi ironicamente riferito al re come al “marinaio” alludendo alla sua passione per le barche.

Re Rama IX ha accompagnato tutte le importanti transizioni di questo paese ed è intervenuto raramente nelle scelte politiche dei governi thai. In occasione del colpo di stato ha fatto appello ai principi della democrazia pluralista e all’osservazione delle regole democratiche. Ha in sostanza avallato il golpe, chiarendo la sua natura transitoria e la necessità di nuove elezioni e ha dato un ruolo importante nel giudizio della vicenda alla magistratura. Ora che quest’ultima si è pronunciata sia sullo svolgimento delle elezioni che sull’operato di Thaskin sul mercato rimane solo l’appello alle urne. Il quadro generale è reso più complesso dalla situazione nel sud del paese che è sconvolto dal terrorismo di matrice islamica.

La Thailandia non può permettersi un’escalation di attentati nella regione a prevalenza musulmana a causa della sua vicinanza con le zone turistiche più importanti. Questo settore rappresenta una delle voci più importanti per l’indotto economico nazionale ed è stato già minato dallo tsunami e dalla crisi della Sars. Le operazioni di controterrorismo di carattere militare portate avanti negli ultimi anni dal governo di Thaskin hanno prodotto solamente un consenso maggiore alle rivendicazioni della minoranza islamica ed uno scollamento tra le due anime del paese.

Ad oggi è difficile dare un giudizio sulla situazione politica attuale in Thailandia: il colpo di stato dello scorso anno è stato il diciottesimo in settant’anni ed è stato l’unico incruento. Era probabilmente l’unico mezzo per smuovere una delicata soluzione politica, anche se le modalità sono inconcepibili per il mondo occidentale. Le dichiarazioni del Primo Ministro Sarayud sulla necessità del plebiscito popolare sono rivolte soprattutto all’estero, servono delle elezioni per eliminare le tensioni interne ma anche per ristabilire la fiducia degli investitori d’oltreoceano. La grossa incognita è rappresentata dai militari: nessuno a tutt’oggi può dire se siano realmente disposti a lasciare il potere.

Stefano Pelaggi
Geopolitica.info

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