Gli Usa mettono in pratica la loro nuova politica di engagement con il regime, la Cina continua a predicare stabilità e inizia a costruire un oleodotto che attraverserà il Paese, i generali cercano di rispettare la "road map verso la democrazia" da loro imposta. Ma diversi gruppi etnici nel nord-est della Birmania non hanno ancora accettato di trasformare le loro milizie in guardie di confine, come richiesto da Naypyidaw. Gli avvenimenti delle ultime settimane fanno anzi pensare che alcune di esse stiano armandosi ulteriormente, e che per questo abbiano intensificato il contrabbando di droga in particolare verso la Thailandia.
Una serie di sequestri di grosse quantità di metanfetamine nel Triangolo d'oro, la zona di confine tra Myanmar, Thailandia e Laos celebre per la produzione di oppio e altri stupefacenti, ha recentemente messo in allarme le autorità. Da gennaio ad agosto, la polizia thailandese ha intercettato 1.268 chilogrammi di eroina, contro i soli 57 chili dello stesso periodo l'anno scorso. Gli arresti di corrieri della droga, con nascoste decine di migliaia di pillole di quella che i thailandesi chiamano "yaa ba" (droga pazza), da tre mesi sembrano essersi moltiplicati, tanto che Bangkok ha annunciato di voler rafforzare i controlli nella regione. Dall'altra parte della frontiera, l'esercito birmano ha appena bruciato partite di droghe sequestrate, per un valore di 20 milioni di dollari.
L'opinione di molti osservatori è che dietro all'improvvisa proliferazione di droghe ci siano gli Wa, un gruppo etnico del nord-est birmano notoriamente impegnato nel traffico di stupefacenti e dotato probabilmente delle milizie più organizzate: 15-20mila combattenti, secondo le stime. In seguito agli scontri di fine agosto tra l'esercito birmano e le milizie Kokang, non lontano dal loro territorio, gli Wa si starebbero preparando per una nuova offensiva delle forze armate nell'imminente stagione fresca, e avrebbero quindi bisogno di denaro per comprare armi.
Il potenziale per nuovi scontri nel nord-est è alto. Alcuni tra i gruppi che vent'anni fa firmarono accordi di cessate il fuoco hanno ora accettato di far rientrare i loro guerriglieri sotto il comando del governo centrale. Ma molti altri - tra cui gli Wa, i Kachin, le milizie cristiane Karen - continuano a opporsi, e un primo termine per il raggiungimento di un'intesa è scaduto il 31 ottobre.
La Cina, che per anni ha sostenuto i vari combattenti al confine pur di salvaguardare la stabilità nella zona - dove passerà un oleodotto di cui è appena iniziata la costruzione - non gradisce la crescita dei traffici di droga verso il suo territorio. L'esercito birmano, che in passato ha chiuso un occhio sul narcotraffico lucrandoci a sua volta, ora sembra aver perso la pazienza. Il regime non intende andare oltre dicembre 2010 come tempo massimo per organizzare le elezioni con le quali punta a legittimare il suo potere, e dovrà trovare in qualche modo un accordo con le varie milizie. Nell'offensiva contro i Kokang, che costrinse decine di migliaia di civili a cercare rifugio in Cina, ha già dimostrato che la sua pazienza ha un limite.
Alessandro Ursic