mercoledì, giugno 02, 2010

Sono un immigrato integrato in Thailandia?

Cosa rende un immigrato felice?
La prospettiva di tornare un giorno a casa propria oppure un'integrazione sociale ed economica nel paese ospitante?
Io sono per la seconda ipotesi.
Ora mi chiedo sinceramente noi stranieri in Thailandia quante possibilità abbiamo di integrarci, di essere accettati, di essere rispettati e liberi di esprimere le nostre opinioni?
ZERO, triste dirlo ma è ZERO ASSOLUTO.
Sinceramente non me ne frega un cazzo dei soliti che adesso presi da qualche strana forma di “innamoramento Thailandese” leggeranno queste mie righe come ennesimo “attacco/sfogo”. E non mi frega un cazzo di chi stupidamente se ne esce con frasi: “Se non ti sta bene torna a casa, non te lo ha ordinato il dottore di vivere lì”.
Faciloni, coglioni e “teste di pesce” il mondo è pieno, per fortuna ne incontro sempre meno mentre nel mondo virtuale della rete mi capita di leggere cose stimolanti scritte da persone interessanti.
Se vivo qui ho le mie ragioni, se sento il bisogno di esprimere opinioni e di raccontare le mie esperienze è un fatto di cultura liberale del quale ne vado orgoglioso.
Ma torniamo al tema, integrazione in Thailandia è possibile?
No a mio avviso, perchè la società Thai è divisa per classi sociali a “tenuta stagna”.
A questo popolo fin da piccoli viene inculcato una forma di servilismo assurdo verso il più ricco, potente, con apice nella monarchia che vede il sovrano come un semi Dio.
Ai Thai viene insegnato a non dibattere, ad evitare il confronto, a non guardarsi negli occhi, a mantenere la sfera delle emozioni racchiuse nell'ambito strettamente privato.
Per farla breve NON SI DEVONO MAI INCAZZARE IN PUBBLICO, e nemmeno lasciarsi andare a manifestazioni sentimentali di nessun tipo.
Sono potenzialmente “bombe ad orologeria”, come cazzo è possibile tenere tutto dentro sempre?
Quando esplodono la rabbia è incontrollata, difficilmente la rissa finisce senza il morto.
Vi siete mai chiesti perchè nei ristoranti Thai il coltello è bandito dalla tavola? Una legge del Re tolse questo suppellettile per noi, arma per i Thailandesi che per uno “sguardo di troppo” partivano all'attacco.
Altro grande problema è la storia del “perdere la faccia”, possiamo paragonare la Thailandia moderna a quella del mitico Meo Patacca bullo trasteverino del 1600, coraggioso coi più deboli, molto meno coi più grossi. Se attacchi briga con un Thai ti ritrovi accerchiato da 10 pronti a farti la pelle, difficilmente mi è capitato di vedere uno contro uno.
Purtroppo anche lo straniero ogni tanto a forza di tirare la corda ci finisce dentro...
Comunque sia è davvero difficile che uno straniero faccia incazzare tanto un Thai da alzare le mani, capita ma deve cercarsele veramente.
Bene, allora vi chiederete ma tu Martino sei riuscito ad integrarti?
No nel senso stretto della parola, ma ho imparato ad evitare i guai.
Non riuscirò mai a non esprimere i miei sentimenti, a far finta di niente davanti ai soprusi, a credere a tutte le cazzate che raccontano ai Thai, a venerare ricchi, potenti.
Non mi posso integrare, nemmeno far finta, ma posso accettare la mia posizione e sfruttare “i lati positivi”.
Essere chiamato FARANG mi fa schifo, io sono ITALIANO che cazzo vuol dire Farang termine che assimila tutti gli uomini caucasici. Termine davvero generalista che evidenzia quanto poco intellettivi ed acculturati siano i Thai. Per loro siamo tutti uguali, portafogli che camminano, cialtroni, ubriaconi, mezzi matti che intestano case e terreni alla puttane delle campagne conosciute al Bar in quel di Patong.
Tutti uguali, Americani, Russi, Europei, popoli con storie diverse, culture, abitudini tutti definiti semplicemente FARANG. Che tristezza...
Ma farang comunque è anche ricco ai loro occhi, ed esser ricco merita rispetto, timore, se fossimo inseriti nella loro scala sociale non ricopriremmo i ruoli più bassi.
Farang vuol dire diverso, i Thai temono quello che non conoscono, la diversità è tabù.
Farang non è poi tutto male se impari la loro difficile lingua, se capisci cosa ti dicono ma rimani zitto, ascolti per imparare a “pararti il culo”.
Essere Farang permette di avere certi privilegi, accortezze, naturalmente il tutto in cambio di denaro, in Thailandia nessuno fa niente per niente.
Insomma integrato veramente non lo potrò mai essere, ma se con grande umiltà accetto la mia posizione e scendo a compromessi posso trovare il “mio posto” in questa società.


Ho deciso di tornare a scrivere grazie alle vostre mail, preso dai tanti impegni di lavoro ma soprattutto da “depressione” ho tralasciato per molto tempo di farlo. Questo mio Blog, il libro che avevo iniziato, tutto voleva parlare delle mie esperienze. Provo a ricominciare spinto da una forza nuova, da eventi famigliari e personali, dal fatto che qui non ci sono turisti ho parecchio tempo libero dopo i casini di Bangkok.
Ad eventuali “teste di pesce” che leggono questo mio Blog dico che non si accettano repliche! Questa è “la mia casa”, queste sono mie esperienze, siete liberi di pensarla come volete, non ci tengo ad esser criticato sia in bene che nel male da chi non conosco.
Dal momento che il Blog è collegato direttamente al mio account facebook tra gli “amici del social network" ogni eventuale commento è sempre ben accetto.
La prossima volta vi parlerò delle relazioni sociali tra Farang & Thai, cosa fare e non...


Martino M. Rawai-Phuket
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