Pervasa dal kitsch consumistico, la festività è svuotata di ogni significato. Per sopravvivere, serve lasciarsi andare e abbandonare il proprio spirito critico | |
Gli abeti risplendono di luci, la neve orna le strade del centro, nei negozi e negli hotel risuonano “Jingle Bells” e “White Christmas". Anche qui, insomma, è arrivato il Natale. Solo che, trattandosi di Bangkok, gli alberi e la neve sono ovviamente di plastica, le canzoni tipiche non dicono niente ai thailandesi, e l’intera atmosfera trasuda di kitsch consumistico. Il Natale asiatico, per di più a temperatura tropicale, è insomma un’esperienza surreale. La mia prima volta fu tre anni fa, quando mi ero trasferito a Bangkok solo da un mese: senza la famiglia attorno, con ancora pochi amici, fu un mezzo trauma. Per farci l’abitudine, bisogna dimenticare le tradizioni e il proprio spirito critico. Meglio non farsi troppe domande, di fronte alle festività al tempo della globalizzazione. In Thailandia, il Natale (pronunciato “Crit-mat” dai locali) è un’esperienza totalmente svuotata di significato. La maggior parte dei thailandesi, al 95 per cento buddisti, ignora quale sia l’origine della festa - così come succede con Halloween - e non si scambia regali. Ma in qualche maniera è diventato un must per i centri commerciali che continuano a spuntare nella metropoli, e non solo per attirare i tanti stranieri residenti o di passaggio. Fa comunque “sanuk”, il concetto del divertimento leggero che da queste parti impera. L’atmosfera “natalizia” parte già a fine ottobre, quando luci e addobbi fanno la loro prima apparizione all’esterno degli shopping mall. A livello di pacchianeria, quest’anno il primo premio va senza dubbio all’abete del neonato “Terminal 21”: oltre alle solite luci e filoni, è adornato da riproduzioni in plastica di monumenti storici che vanno da Stonehenge alla Muraglia cinese, dal Colosseo alla Torre di Pisa. A dicembre i commessi iniziano a indossare un berretto da Babbo Natale, qualche orchestrina intona canzoni natalizie all’entrata dei centri commerciali più chic, le catene di donut americane introducono nuove linee di ciambelle a tema, e si può sfruttare qualche “saldo di Natale”. Molti occidentali espatriati, se si concedono un ritorno a casa all’anno, lo fanno ora. Per quelli rimasti in città, c’è un’ampia scelta di “pranzi di Natale” nei tanti hotel di lusso di Bangkok. Un motivo per non scappare da tutto ciò però c’è: a dicembre e gennaio il clima a Bangkok è più piacevole del solito. Di giorno si sale come sempre oltre i trenta gradi, ma di sera si può quasi sentire il bisogno di vestire una camicia a maniche lunghe. Per gli stranieri è un evento da ricordare con nostalgia fino all’ “inverno” successivo, i thailandesi invece non ci vedono niente di positivo: capita di sentirsi dire “bbbrrr, che freddo oggi” quando invece per un europeo è la serata migliore dell’anno. Ma come per il Natale ai tropici, meglio lasciar da parte le domande. E allora “Merry Crit-mat” a tutti. Fonte: http://www.lastampa.it/redazione/default.asp |
domenica, dicembre 25, 2011
Natale in Thailandia?
lunedì, dicembre 19, 2011
Fonte: http://www.ilsole24ore.com/
«Tutta questa zona», mi dice il collega che mi accompagna ad Ayutthaya, «era sott'acqua». L'autostrada che da Bangkok porta verso il nord è tuttora punteggiata di veicoli semidistrutti. Ai lati della strada, migliaia di sacchi di sabbia si mescolano ai cumuli di mattoni usati per costruire muri di contenimento. Sono alcuni tra i segni tuttora visibili delle catastrofiche alluvioni che hanno colpito la Thailandia negli ultimi mesi. Lo "tsunami lento", com'è stato chiamato, ha provocato centinaia di vittime, sconvolto quasi metà di un Paese più grande della Spagna e bloccato gran parte della produzione industriale (con effetti globali: l'industria automobilistica giapponese è delocalizzata in Thailandia). Tra le zone alluvionate si trovano anche alcuni tra i maggiori siti del patrimonio culturale del Paese, a cominciare dall'antica capitale Ayutthaya. I suoi grandiosi siti archeologici sono rimasti sommersi per oltre un mese.
Secondo i dati forniti dal ministero della Cultura, l'alluvione ha interessato oltre un centinaio di monumenti storici nella sola area di Ayutthaya. Le autorità locali lasciano intendere che i danni al patrimonio archeologico, iscritto nella lista del Patrimonio mondiale dell'Unesco, sono limitati. Una campagna popolare di pulizia dei principali siti di interesse storico è stata lanciata in collaborazione con l'autorità nazionale per il turismo: secondo il Governo regionale, sarà sufficiente a rimettere in buono stato la maggior parte dei monumenti colpiti dall'alluvione. Alla vigilia della stagione di maggior afflusso turistico dell'anno, è un ottimismo comprensibile. Intanto però la zona antistante il Wat Chaiwattanaram, tra i maggiori templi della città, è desolatamente deserta. Il luogo è spettrale. L'area, per metà ancora sommersa, è ora completamente priva di vegetazione. L'intero complesso, ci spiega un ufficiale di guardia, resterà chiuso il tempo di valutare i danni. Tutto quel che si può fare è osservare dall'esterno. Alcuni giornalisti locali e una decina di turisti è tutto quel che incontriamo in mezza giornata.
Altrove, come nel vicino Wat Yai Chaimongkhon con il celebre Buddha sdraiato, la situazione sembra migliore. Le pompe idrovore hanno funzionato, ci dice un inserviente. Tuttavia, gli esperti si mostrano prudenti. Tim Curtis, responsabile dei Beni culturali per l'Unesco a Bangkok, ha avvertito circa la necessità di valutare gli effetti dell'acqua nel medio e lungo periodo. Sebbene la maggior parte dei visitatori di Ayutthaya porti con sé l'immagine delle grandi sculture in pietra, le fondamenta e le strutture portanti dei templi sono in mattoni. La loro stabilità è ora sotto osservazione. L'acqua, la cui altezza ha superato in alcuni punti i due metri, ha in gran parte ricoperto i numerosi affreschi. Uno specialista italiano del restauro dei dipinti murali, Carlo Giantomassi, tra i componenti di una missione scientifica internazionale incaricata di stilare un primo bilancio della situazione, ha messo in evidenza i danni arrecati alle pitture. Le prime analisi hanno evidenziato la presenza di nitrati e solfati nell'acqua entrata a contatto con le pareti.
L'alluvione di quest'anno non sembra destinata a essere l'ultima. I media nazionali parlano di una "terza invasione" di Ayutthaya, ricordando le devastazioni compiute nei secoli scorsi dalle truppe birmane. Ma l'eccezionalità delle piogge non spiega, da sola, la dimensione che hanno preso gli eventi. Ayutthaya, un'isola alla confluenza dei fiumi Chao Praya e Pa Sak, ha subito negli anni Cinquanta e Sessanta una modernizzazione urbanistica che ne ha stravolto l'aspetto. I canali che ne formavano il tessuto viario sono stati in gran parte colmati e il rapido sviluppo della città ha modificato la naturale capacità di drenaggio del suolo. Proprio la sostenibilità idrogeologica del tessuto urbano in cui sono inseriti è stata indicata da Curtis come una della chiavi per la conservazione dei siti archeologici di Ayutthaya.
Al di là degli effetti sui siti di maggior notorietà internazionale, sono le decine di siti minori che sembrano aver subito i maggiori effetti dell'alluvione. Le autorità thailandesi e la comunità scientifica dovranno probabilmente compiere scelte difficili tra il risanamento dei luoghi di maggior attrazione turistica e il recupero di siti di minore, ma non trascurabile rilevanza storico-archeologica. È un problema che la Thailandia condivide con altri Paesi e in cui valutazioni storico-archeologiche si scontrano talvolta con interessi economici. D'altro canto, le modalità del restauro del patrimonio storico thailandese sono tradizionalmente oggetto di controversia. Il restauro conservativo è ancora poco diffuso e si tende a privilegiare la messa a nuovo. La patina del tempo è considerata qualcosa da rimuovere e ovunque si incontrano templi secolari che sembrano appena rifatti. L'importanza dei siti colpiti e il coinvolgimento dell'Unesco potrebbero forse rappresentare un'opportunità per un dibattito in merito.
In questo, occorrerà una partecipazione attiva da parte della comunità scientifica e intellettuale. Anch'essa del resto ha subito gli effetti dell'alluvione. Il campus dell'Università Chulalongkorn, la principale del Paese, reca ancora le tracce dei centri di accoglienza in cui, per settimane, hanno trovato rifugio migliaia di vittime dell'inondazione. Appena fuori Bangkok, a Rangsit, il campus dell'Università Thammasat è stato trasformato in uno dei maggiori centri di accoglienza del Paese prima di essere inondato a sua volta. Diverse università, sia pubbliche che private, hanno istituito centri di raccolta di beni di prima necessità. In un momento in cui lo scarto tra la capitale, in gran parte risparmiata, e il resto del Paese rischia di tradursi in tensioni durature, le riflessioni sul futuro della società thailandese non sono prive di preoccupazione. «Oltre alla sofferenza di chi ha perso tutto», ci dice Chaiwat Satha-Anand, uno dei maggiori politologi del Paese, «c'è stata la sofferenza di chi per intere settimane ha vissuto nell'incertezza del domani, nell'ansia di non sapere se sarebbe potuto rientrare a casa, se avrebbe ancora avuto una casa». Di fronte alle immagini di gran parte del Paese completamente sommerso dall'alluvione, le incertezze delle élite intellettuali della capitale possono sembrare poca cosa. Ma proprio la mancanza di informazioni certe, il ripetuto contraddirsi delle autorità locali e centrali e l'intrecciarsi di interessi politici divergenti sembrano aver lasciato un segno profondo nello spirito del Paese. «Si dice che gli esseri umani siano diversi nei modi di cercare la propria felicità, ma uniti nella comune miseria», conclude Satha-Anand: «nel caso della Thailandia, la sofferenza sembra invece accentuare le nostre divisioni».
mercoledì, dicembre 07, 2011
Guida Italiana ai segreti di Phuket & Dintorni
Mi sono rotto le balle di proporre le solite gite con motoscafo strapiene di gente!!!
Qui comandate voi, volete fare 2ore di snorkeling? Bene no problem... Volete stare in spiaggia 3ore su isoletta deserta? OK vi accontento...
Giro due isole Koh Bon & Koh He (Coral) Dicembre 2011
http://www.facebook.com/media/set/?set=a.2757277375993.2148626.1379508605&type=1&l=31c4046e09
Phuket non è solo mare e spiaggie, ma ha pure una storia interessante, templi imponenti come il Big Buddha, e molto altro...
Per chi vuole scoprire il lato culturare della nostra bella isola sono a disposizione, mandatemi un messaggio che vi spiego...
Come contattarci
giovedì, novembre 24, 2011
Guida Italiana isola di Phuket
Dopo tanti anni scopro ancora posti nuovi e rimango stupito ogni volta…
Phuket ha un sacco di “segreti”: Spiagge, foresta pluviale, zone panoramiche, villaggi di pescatori, musei ed una storia veramente ricca…
Tanto che nel mio sito ho creato questa sezione appositamente: Segreti di Phuket, escursioni Fai da Te costo ZERO!
Per evitare ogni problema meglio affidarsi ad una GUIDA ITALIANA che possa accompagnarvi direttamente e senza perdite di tempo nei posti più caratteristici della nostra bella isola!
La nostra GUIDA ITALIANA è nativa dell’isola, una garanzia.
http://www.amicidiphuket.it/pagine/contatti.htm
venerdì, novembre 04, 2011
Fanno morire annegati poveri e lavoratori per salvare Bangkok.
"Ci fate morire"
BANGKOK
Il confine tra una Bangkok asciutta e la Thailandia sott’acqua da settimane passa dalla periferia Nord della capitale. Sulla riva occidentale del canale Prapa, che scorre verso la città ricolmo fino all’orlo degli argini rinforzati coi sacchi di sabbia, la vita scorre normale nelle strade polverose. Dal lato orientale, nel distretto di Bang Khen, inizia un lago torbido e puzzolente. Alto fino alle ginocchia, alla vita, al petto o alla testa a seconda delle zone.
Mentre il centro di Bangkok è uscito finora indenne dalle inondazioni che da luglio a oggi hanno causato almeno 427 morti, la fascia periferica della metropoli da dodici milioni di abitanti sta vivendo ora la stessa esperienza provata prima dalle province centrali, diventate un enorme catino l’area allagata è estesa quanto il Lazio - per un sistema fluviale straripato nei campi coltivati, nelle aree industriali, nelle case, persino nell’aeroporto interno Don Meuang. Nelle immagini dal satellite la capitale sembra un'isola, circondata dalle acque nella loro discesa verso il Golfo di Thailandia. Una ventina di chilometri a Nord dal centro, da dieci giorni è come se il film Waterworld di Kevin Costner fosse diventato realtà.
L’acqua ha ricoperto le strade ed è penetrata nelle abitazioni, come in 26 province su 77. Qualsiasi cavalcavia è pieno di automobili lasciate lì, anche su due file, col numero di cellulare sul parabrezza. Gli abitanti si spostano a bordo di barche, o traghettati dai camion dell’esercito e dai pochi pick-up che si avventurano nel guado. I centri per gli evacuati ospitano 110 mila persone, ma non contano chi è ospite di amici o parenti. Altri si adattano: «Dormo su quei materassi impilati sul tavolo», indica Somchai Khonmun, 34 anni, muovendosi a petto nudo in un'abitazione sommersa fino alla vita, con le luci accese e un ventilatore attaccato a una presa di corrente a un palmo dall’acqua: un enorme rischio ma corso da tanti, dato che 50 persone sono morte fulminate così.
I pericoli vengono anche da centinaia di coccodrilli e serpenti liberi di sguazzare, mentre nugoli di zanzare hanno trovato il loro habitat ideale. Si teme che si diffondano malattie: l'acqua è ormai marrone, oleosa, piena di immondizia. E non se ne va. Solo il fatalismo dei thailandesi e la loro capacità di adattarsi alle difficoltà rendono più leggera una vita del genere: molti bambini giocano nell’acqua putrida, gli adulti son capaci di scherzare pur sapendo che la loro casa sarà da buttare. Ma vedendo Bangkok all’asciutto, il risentimento verso le autorità si è infiltrato ovunque, come l’acqua.
Lunedì, esasperata da settimane di allagamenti, una comunità della periferia orientale ha aperto di forza - dopo alcuni tafferugli con la polizia - una chiusa che faceva da barriera per la capitale, contribuendo a far ristagnare il lago nella fascia esterna. Anche nelle province si sono verificati scontri tra diverse comunità per il controllo degli argini. Dato che la capitale contribuisce al Pil per il 41 per cento, si può capire la scelta del governo di Yingluck Shinawatra, di fronte a danni già colossali.
Sono stati sommersi 1,75 milioni di ettari di terra coltivata, distruggendo un quarto del raccolto del riso e uccidendo 13 milioni di animali da allevamento. Diecimila fabbriche - incluse quelle dei grandi marchi giapponesi dell’automobilistica e dell’elettronica - sono sott’acqua e potrebbero rimanere fuori uso per tre mesi, ha detto Yingluck; oltre 650 mila persone sono senza lavoro. La Banca di Thailandia prevede danni per oltre 20 miliardi di euro, e un 1,5 per cento di crescita in meno. E non è ancora finita. Dovrà finire in mare un volume d'acqua pari a 480 mila piscine olimpiche; o 50 milioni di balenottere azzurre, come spiega un video informativo che in Thailandia ha spopolato.
Il livello dell’acqua sta appena adesso scendendo nelle province allagate a fine settembre, ma per la periferia di Bangkok potrebbero prospettarsi altre settimane di passione: l'acqua avanza in nuove aree a nord e anche a ovest del fiume Chao Praya, cingendo la capitale in una morsa. E nonostante le rassicurazioni, non è per nulla scontato che non arrivi anche lì.
Link: http://www3.lastampa.it/
mercoledì, ottobre 26, 2011
Aggiornamento alluvione Thailandia, situazione a Phuket.
Considerando che siete in tanti in partenza per la Thailandia e che le notizie dei media spesso sono “distorte” o vengono interpretate male cerco di aggiornarvi ogni giorno dall’Isola di PHUKET!
Non tutta la Thailandia, solo PHUKET dove vivo e lavoro, della capitale vi metto gli articoli di giornale locali che sicuramente sono più veritieri di quelli in lingua Italiana.
Phuket è un isola a circa 900KM da Bangkok, qui allagamenti SONO IMPOSSIBILI!
Siamo su un’isola, se piove un paio di ore si allagano le strade ma poi defluisce tutto in mare…
Quindi chiarito questo concetto che è banale ma sembra che a qualcuno “sia scappato” qui vedete in tempo reale dalla WEBCAM il meteo su due spiagge:
KARON BEACH
http://www.marinaphuket.com/live.php
SURIN BEACH
http://twinpalms-phuket.com/catch-beach-club-webcam.html
Facebook grazie a quasi 4000 contatti degli Amici di Phuket molti dei quali sparsi in tutto il regno del Siam ci sono aggiornamenti costanti, iscrivetevi alla mia pagina:
Direttamente da Bangkok le notizie in tempo reale (Lingua Inglese & Thai)
Ultima News:
Solo aeroporto VECCHIO è chiuso, il Don Mueang!!!
Quindi tranquilli per chi è in transito sul nuovo aeroporto per Phuket tutto regolare.
Floods force Nok Air to cancel Bangkok-Phuket flights
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lunedì, ottobre 24, 2011
Non è morto solo un campione, è morta tutta la MotoGP
Ciao Sic…
Chissà perché hai fatto quella manovra strana! Ormai ti era partito il davanti dovevi lasciarla andare…
Ma come un guerriero hai lottato e sperato con gambe e ginocchia di tirarla su quella moto.
Invece è finita male, e si chiude un epoca.
Ieri in Malaysia non è morto solo un giovane campione, è morta tutta la MotoGp.
Da sempre ho la passione per i motori, sono innamorato delle corse, ma ultimo anno nelle due ruote solo SBK è riuscita un poco ad emozionarmi…
Il resto sono solo “pugnette” come avrebbe detto quel Patacca del Sic!
Senza il suo giovane talento la MotoGp già tremendamente noiosa è decisamente “inguardabile”.
Io non mi perdo un’ora a vedere Stoner partire primo ed arrivare primo senza battaglie, senza lotta, senza … Senza quel talento che stava “sbocciando”, ormai il Valentino Nazionale è da pensione, e dopo questa brutta pagina sarà la fine di un altro campione che merita riposo.
Dovizioso? Bravino? Si ma niente “guizzo”, niente campione, è uno regolare che non emoziona, è il commercialista della MotoGP
Anche il vecchio Capirossi (Siamo nati lo stesso anno) pure lui ormai ha mollato…
Insomma con la morte di SIC muore la MotoGp, ed una parte di noi motociclisti appassionati.
R.I.P.
martedì, ottobre 11, 2011
Dopo le promesse elettorali, sono arrivati i fatti...
Il Paese è il primo produttore mondiale di riso, tuttavia finora la sua mossa ha avuto un impatto relativo sui mercati internazionali – Per molti è una misura populistica, ma intanto salgono i prezzi per l'export, e quando il programma sarà a regime è probabile un’impennata dell’inflazione in molti paesi asiatici e un secco calo delle vendite di Bangkok.
Dopo le promesse elettorali, sono arrivati i fatti. Venerdì il Governo thailandese ha iniziato gli interventi a sostegno degli agricoltori del Paese comprando i primi quantitativi di riso non brillato a un prezzo di 15mila baht per tonnellata, il doppio rispetto ai valori di mercato registrati in giugno. Sui mercati internazionali, la mossa, preannunciata dal premier Yingluck Shinawatra - che su essa ha costruito la vittoria alle elezioni svolte in luglio - ha esercitato finora un impatto relativo.
Anzi, al Chicago Board of Trade il contratto sul riso unmilled ha perso proprio nelle ultime quattro settimane il 14%, allontanandosi dal record triennale di 18,17 cents per centiweight realizzato il 12 settembre. In precedenza però il future aveva corso molto, specialmente se paragonato agli altri cereali: infatti dall’inizio dell’anno fino a venerdì sera il future sul frumento ha ceduto il 24,6%, quello sul mais è sceso del 3,3%, mentre il riso ha guadagnato il 10,1%.
Quale possa essere la reazione alla mossa di Bangkok non è certo, ma qualche rafforzamento è assai probabile, in considerazione del fatto che la Thailandia è il primo esportatore mondiale di riso e che il suo governo non intende abbandonare il piano pro-farmers, a costo di rilevare l’intera produzione da adesso al febbraio prossimo. Un primo effetto sui prezzi per l’export si è già visto proprio nel fine settimana, con valori passato in poche ore da 650 a 670-680 dollari per tonnellata, mentre a fine maggio erano inferiori a 500 dollari.
Sulla carta, commentano gli analisti, è una misura populista, che favorisce il raggiungimento di un miglior tenore di vita nelle campagne thailandesi. Ma a regime il prezzo del riso esportabile salirà fino a 850 dollari per tonnellata e causerà senza dubbio un’impennata dell’inflazione in molti paesi asiatici e un secco calo delle vendite di Bangkok all’estero. Gli esportatori saranno restii a disputare il cereale, per strapparlo agli acquisti governativi, e attenderanno probabilmente di capire la destinazione finale delle derrate che verranno sottratte al mercato. Gli acquisti statali del prossimo raccolto potrebbero raggiungere i 10 milioni di tonnellate, su una produzione totale che Bangkok prevede in almeno 25 milioni di tonnellate di riso non brillato.
Il Vietnam, secondo esportatore mondiale, potrà avvantaggiarsene, come pure l’India, che potrebbe allentare i vincoli che riducono le disponibilità di riso per l’export. Invece tutta l’area dei grandi importatori, Filippine in testa, rischia un balzo dell’inflazione, se non problemi alimentari seri. Ad attenuare l’impatto sui prezzi al consumo sarà per il momento la delicata fase dell’economia mondiale, che ha limato le quotazioni di altri cereali, come si è visto per mais e frumento.
Però a Manila si guarda già alle possibili conseguenze: il riso rappresenta il 9% nel paniere locale dell’inflazione e le importazioni coprono normalmente il 17% del consumo. La sua inflazione in settembre è stata stimata al 4,8% e un incremento del 10% per i prezzi del riso porterebbe l’inflazione al 5,6%. Simile la situazione in Indonesia, dove è già stato segnalato nei giorni scorsi un casus belli: una vendita di 300mila tonnellate, già concordata in precedenza, è stata bloccata da Bangkok perché ritiene che il prezzo sia da rivedere, naturalmente al rialzo, mentre Giakarta è di tutt’altro avviso.
(Fonte: http://www.firstonline.info/home)
lunedì, ottobre 03, 2011
Una guerra dimenticata...
Link: http://www.giornalettismo.com/archives/153521/il-lago-di-sangue-dimenticato-della-thailandia/
Il sud della Thailandia è un lago di sangue. Da sette anni l’intera area è martoriata da sparatorie, bombardamenti e incendi operati dai ribelli che si oppongono alle forze di governo. Potrebbero essere tranquillamente processati per crimini di guerra, stando a quanto stabilito dalla Convenzione di Ginevra. Ma gli insorti che seminano morte continuano a restare nell’ombra. La loro organizzazione non ha un nome. Nè pretendono gli vengano additate le responsabilità degli attacchi. Non rilasciano mai dichiarazioni complete e dettagliate, nè per rivendicare attentati ed uccisioni, nè per avanzare richieste o comunicare i propri obiettivi. ma la violenza è sempre più intensa.
CINQUE MILA MORTI - Sono circa 5mila le persone uccise dal 2004 in quello che Amnesty International - in un rapporto pubblicato martedì scorso – definisce un vero “conflitto armato interno”. L’insurrezione contro le autorità è mossa dai militanti islamici che non gradiscono un governo prevalentemente buddista. L’esecutivo ha risposto all’offensiva con l’impiego di ben 40mila soldati nelle lote anti-insurrezionali. All’offensiva governativa – ha fatto sapere Amnesty – dal 2006 i ribelli hanno cominciato a rispondere colpendo anche la popolazione civile. “Sono crimini di guerra”, ha sentenziato Donna Guest, vice direttore di Amnesty per l’Asia e il Pacifico, in una conferenza stampa tenutasi a Bangkok. Un attentato compiuto nella città di confine Sungai Kolok due settimane fa ha ucciso sei persone e ferite 100. Alcune note lasciate sui corpi martoriati lasciano pensare ad assassini “ideologici”, ma è anche probabile che l’unico scopo delle uccisioni sia quello di seminare terrore che impedisca a chiunque di aiutare le autorità.
LA STORIA DELLA RESISTENZA - La resistenza contro il governo centrale è intensa nelle 5 regioni meridionali di Pattani, Yala, Narathiwar, Satun e Songkhla. E parte da lontano. Da quando, nel 1902, quelle zone furono annesse alla Thailandia. I musulmani malesi che costituiscono la maggioranza della popolazione dell’area hanno a lungo lamentato discriminazioni subite dallo stato thailandese. Nel 1990, tuttavia, le proteste sembravano essersi placate, e i gruppi separatisti quasi del tutto scomparsi. E’ dal 2001, da quando cioè il primo ministro Thaskin Shinawatra ha adottato una linea dura contro le piccole manifestazioni di resistenza che erano sopravvissute nelle regioni del sud, che la violenza è esplosa a livelli senza precedenti.
C’E’ ANCHE LA CRIMINALITA’ - Alle pretese dei ribelli si aggiunge l’elevato livello di criminalità della zona. per alcuni l’escalation di violenza è frutto anche della crescita delle attività criminose. “E’ irresponsabile da parte di Amnesty Internationa affermare chi i 5mila morti sono tutti causati dagli insorti”, ha affermato ad esempio Marc Askew, studioso di scienza politica all’Università di Melbourne che ha osservato il fenomeno. Secondo Askew il 30-405 degli attacchi sono frutto della criminalità e di attività di contrabbando. Per il colonnello Parinya Chaitilok, uno dei portavoce dell’esercito thailandese, addirittura solo il 20% delle violenze sono opera di insorti. “Di solito non attaccano i civili, attaccano noi”, dice il militare.
IL GOVERNO RISPONDE - Qualunque sia l’entità dellle aggressioni dei ribelli, le autorità non semrbano disposte a farsi intimorire. La recente nomina da parte del governo di un generale in pensione che fu responsabile del bombardamento di una moschea nella zona meridionale nel 2004, è il segnale che l’amministrazione tra assumendo sta reagendo senza fare sconti agli insorti. Mentre il bilancio delle vittime continua a salire.
sabato, settembre 10, 2011
In diretta da KATA BEACH PHUKET
Ogni giorno in diretta da KATA BEACH il meteo, eventi, e tutto...
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Hotel thai modern in Kata Beach Phuket Thailand