mercoledì, gennaio 14, 2009

Profughi Rohingya arrestati in Thailandia e abbandonati in mare aperto.



» 14/01/2009 13:26
THAILANDIA – MYANMAR
Il dramma dei profughi Rohingya. Arrestati in Thailandia e abbandonati in mare aperto
La minoranza etnica musulmana birmana è vittima di abusi e lavori forzati imposti dalla dittatura militare. Quanti cercano la fuga all’estero vengono sequestrati dall’esercito e abbandonati nelle acque internazionali. Il problema dei boat-people Rohingya al centro del prossimo vertice Asean.

Bangkok (AsiaNews/Agenzie) – L’esercito thai arresta e detiene i rifugiati Rohingya in un’isola del mare di Andaman, poi li abbandona in acque internazionali. Lo denuncia l’Ong americana Refugees International, che accusa i militari di “violare le leggi internazionali” sui diritti umani e invita il governo di Bangkok a intervenire per porre fine agli abusi.

I profughi Rohingya appartengono a una minoranza etnica di fede musulmana diffusa al confine fra Myanmar e Bangladesh; essi si concentrano nello stato di Rakhine – un tempo chiamato Arakan – nella Birmania occidentale. Essi sono vittime di persecuzioni e abusi perpetrati dalla dittatura militare birmana. Quanti scelgono la fuga e cercano rifugio sulle coste occidentali della Thailandia, vengono prima arrestati dai militari thai e detenuti per un certo periodo di tempo. Poi vengono abbandonati in acque internazionali, a bordo di canoe sprovviste di motore o di vela.

“Il governo thailandese mette a repentaglio le loro vite – denuncia l’attivista Sean Garcia – per un mero tornaconto politico. Se vuole fermare la fuga dei disperati deve piuttosto invitare il regime birmano a migliorarne le condizioni di vita in patria”. Egli sottolinea che molti dei boat-people Rohingya sono dei “disperati” senza “prospettive di vita migliori” in Myanmar e “rispedirli in mare non è il giusto deterrente”.

Sean Garcia parla di “un popolo senza una patria e privo di diritti”, che è vittima di “abusi e lavoro forzato” d opera della giunta che ne “limita le possibilità di spostamento”. “Finché i Rohingya non saranno riconosciuti quale parte integrante della nazione birmana – conclude l’attivista – i Paesi confinanti come la Thailandia devono proteggere e assistere questo popolo vulnerabile”.

Il destino dell’etnia Rohingya è al centro di discussioni della diplomazia della regione, mentre si moltiplicano i rapporti in cui si denunciano tentativi di fuga verso Paesi confinanti quali l’Indonesia, la Malaysia e le isole indiane di Andaman e Nicobar. La questione dovrebbe essere affrontata anche nel prossimo vertice dei Paesi del sud-est Asiatico (Asean), in programma a febbraio in Thailandia. Fonti anonime locali denunciano che il 18 dicembre scorso, almeno 412 boat-people sono stati abbandonati nelle acque internazionali a nord delle isole Surin, a largo delle coste thai.

I profughi Rohingya sfruttano la bella stagione – da novembre ad aprile – per cercare di fuggire le vessazioni imposte dalla giunta militare del Myanmar. Secondo le stime ufficiali tra il 2005 e il 2006 ne sono arrivati 1225 in Thailandia; l’anno successivo 2763. Tra il 2007 e il 2008 se ne contano 4886, con un trend in continua crescita. Dal 26 novembre al 25 dicembre del 2008 si sono verificati otto casi di detenzione forzata, che hanno coinvolto 659 profughi. La minoranza Rohingya in Myanmar è composta da circa 800mila persone; 250mila sono i rifugiati che hanno abbandonato il Paese a causa delle violenze.

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