venerdì, aprile 29, 2011

Thailandia e Cambogia hanno raggiunto l’accordo per un cessate il fuoco?

Scontri a fuoco, morti, feriti, migliaia di persone obbligate ad abbandonare le proprie case e in fuga senza una meta, in cerca solo di un rifugio. Quello che potrebbe sembrare l'incipit per raccontare le quotidiane vicende che avvengono dall'altra parte del Mediterraneo, in realtà sintetizza quanto si ripete da quasi tre anni lungo i confini tra Thailandia e Cambogia.
I TERRITORI CONTESI. In questi ultimi sei giorni, truppe dei due eserciti si sono fronteggiate in più occasioni nella zona che va da Preah Vihear a Ta Krabey: siti di due importanti templi posti proprio lungo il confine tra i due Paesi e al centro di alcune dispute territoriali che vanno ormai avanti dal secolo scorso.
Il bilancio degli scontri parla di almeno 14 morti tra le truppe dei due schieramenti, di oltre 25 feriti e quasi 25 mila persone costrette a lasciare le proprie abitazioni, per essere ricollocate in spazi improvvisati senza alcun servizio di base.
Numeri, fatti e notizie che poco si differenziano da quelli pubblicati all'indomani della battaglia del febbraio scorso che spinse il primo ministro cambogiano Hun Sen a chiedere l'intervento delle Nazioni Unite. Come allora, anche oggi i due governi si accusano a vicenda, alimentando una serie di polemiche che non fanno altro che esacerbare una questione di cui si perde l'origine e che potrebbe mettere in crisi lintera regione del sud est asiatico.

Una questione lunga un secolo

Nel luglio 2008 l’Unesco nominò su richiesta cambogiana il tempio di Preah Vihear patrimonio mondiale dell’umanità. Il cuore del problema non è tanto il tempio induista dell'11esimo secolo, ma la zona territoriale circostante.
Nel 1904, una commissione congiunta presieduta dagli occupanti francesi stabilì il confine tra Thailandia e Cambogia sulla cima della catena montuosa di Dangrek, dove è situato il tempio.
IL TEMPIO OCCUPATO. Una mappa di tre anni più tardi, sempre di marca francese, pose il tempio all'interno dei confini cambogiani. Quando nel 1954 la Cambogia ottenne l'indipendenza, truppe thailandesi occuparono il tempio. Fu allora che il governo di Phnom Penh chiese l'intervento della Corte Internazionale di giustizia che, nel 1962, assegnò il sito e i quasi tre km quadrati circostanti al regno di Cambogia. Secondo Bangkok, però, il processo di demarcazione dei confini non è mai stato definito in modo chiaro. La richiesta all'Unesco da parte cambogiana, però, era stata presentata dopo l'approvazione siglata in un accordo da parte di Noppadon Pattama, allora ministro degli Esteri thailandese e già consigliere legale dell'ex premier Thaksin Shinawatra.
LA NOMINA DELLA DISCORDIA. La richiesta all'Unesco da parte cambogiana, però, era stata presentata dopo l'approvazione siglata in un accordo da parte di Noppadon Pattama, allora ministro degli Esteri thailandese e già consigliere legale dell'ex premier Thaksin Shinawatra. Un accordo bollato poi come incostituzionale dalla Corte suprema thailandese. È proprio dalla nomina a patrimonio mondiale dell'umanità di Preah Vihear, accolta come una grande vittoria dall'esecutivo cambogiano, che truppe dei due eserciti si fronteggiano al confine.

Le strumentalizzazioni cambogiane e thailandesi

Nei tre anni che seguirono, colloqui bilaterali e incontri a margine dell'Asean, (l'associazione delle nazioni del Sud est asiatico), tra Hun Sen e il primo ministro thailandese, Abhisit Vejjajiva, non hanno aiutato a dirimere la questione, ma hanno messo in evidenza cruciali nodi politici.
Nel 2008, l'attrito nella zona contesa venne sfruttato da Hun Sen durante una campagna elettorale che si concluse con un voto che gli diede la più forte maggioranza parlamentare di sempre.
I NAZIONALISTI THAILANDESI. In Thailandia, invece, allora come oggi, la questione viene strumentalizzata per alimentare sentimenti di stampo nazionalista dal Pad, Alleanza del popolo per la Democrazia, gruppo vicino alla posizioni della casa reale e noto anche con l'appellativo di 'magliette gialle'.
«Il Pad potrebbe sfruttare questa situazione per avvicinarsi a gruppi all'interno dell'esercito e indebolire il governo di Abhisit», ha commentato a Lettera43.it, Pavin Chachavalpongpun, ricercatore presso l'Institute of Southeast Asian Studies. Scelte e obiettivi che potrebbero diventare fondamentali a poche settimane dalla promessa di Abhisit di sciogliere le Camere e indire nuove elezioni.
I LIMITI DELL'ASEAN. Al di fuori dei confini nazionali, il conflitto tra i due membri dell'Asean ha messo chiaramente in evidenza i limiti negoziali e politici dell'Associazione fondata nel 1967 a Bangkok.
A nulla sono infatti serviti i continui appelli del Segretario generale, il thailandese Surin Pitsuwan e il tentativo di mediazione dell'attuale presidenza indonesiana, riuscita a raggiungere un accordo di cessate il fuoco nel febbraio scorso e dare la possibilità a osservatori di monitorare la situazione al confine.
Osservatori che, però, non hanno mai avuto modo di operare e un cessate il fuoco interrotto a colpi di mortaio in questi giorni di fine aprile. Un quadro in cui sfumature e ombre sono difficili da chiarire a soli dieci giorni dall'apertura del summit dell'Associazione dei dieci Paesi, il cui obiettivo primario resta la creazione di una comunità economica comune a partire dal 2015.
INTERNAZIONALIZZAZIONE DEL CONFLITTO. Il summit potrà essere quindi sfruttato da Hun Sen per internazionalizzare il conflitto, laddove il governo thailandese sembra voler agire su due fronti. Da una parte il ministro degli Esteri, Kasit Piromya, ha chiesto l'intervento immediato della sua controparte indonesiana, Marty Natalegawa. Dall'altra, il ministro della Difesa, il generale Prawit, in visita a Pechino, cerca non solo l'aiuto cinese, ma anche quello vietnamita, grazie ai buoni rapporti che intercorrono con il partner cambogiano.
Una richiesta d'aiuto che avrà dei costi che ora non è dato conoscere. Quel che sappiamo è che a pagare sono i soldati con la propria vita e le migliaia di persone abbandonate a loro stesse in una terra dai confini sempre più labili.

Mercoledì, 27 Aprile 2011

Fonte: http://www.lettera43.it

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