Sull'acqua, Bangkok si inventa la vita giorno dopo giorno, con i ritmi di sempre. Una sensazione d'immensità e di pace pervade chi si affaccia sul corso del Chao Phraya, il grande fiume che nasce dai monti ai confini con Birmania e Laos e divide in due la capitale della Thailandia. Tra i numerosi ponti che scavalcano con le loro avveniristiche arcate di cemento armato le sue acque limacciose, il più nuovo è il Rama VIII Bridge. Lungo quasi tre chilometri, è stato inaugurato in occasione dei festeggiamenti per il compleanno di re Rama IX. "È un'opera colossale che renderà più veloci i collegamenti fra le due rive e ridurrà il volume di traffico sul Pin Klao e sul Krung Thon Bridge, in quanto si innesta nel progetto di ristrutturazione viaria di tutta l'area attorno iniziato nel '96, da una joint venture fra Thailandia, Cina e Svizzera", dichiara Samak Sundaravej, governatore della Città degli angeli. Sulle rive del Chao Phraya il frastuono di auto e camion scompare e ritornano suoni e silenzi antichi. Seduti su una panca dei molti imbarcaderi sulle sue sponde, si possono passare ore ad osservare uno spettacolo senza fine che muta ad ogni istante, di giorno e anche di notte. La "Nobile Signora Madre di tutte le Acque", come viene chiamato dai thai il fiume, non dorme mai. Un via vai continuo di barche di ogni dimensione e forma scendono e risalgono la corrente. Grosse chiatte, legate le une alle altre, incedono lentamente, trasportando sotto teli scuri riso, legno, copra e materiali da costruzione. Sono vere e proprie case galleggianti con a bordo la famiglia del comandante, vasi di fiori e animali compresi. Le "rice barge", le robuste imbarcazioni utilizzate in passato per il trasporto del riso, oggi restaurate, salpano per crociere fino ad Ayutthaya, antica capitale del regno del Siam, 72 chilometri a nord di Bangkok. Da dietro ai panni stesi delle case-palafitte spuntano rombanti, fra alti spruzzi d'acqua scura, gli "rua hang yao", i veloci long tail dalla lunga coda costituita da un'asta collegata al motore, che può essere quello classico di un fuoribordo o quello di un'automobile, truccato e montato su sospensioni cardaniche. Più lenti i ferry e i vaporetti che pieni di passeggeri solcano le acque a ziz-zag da una sponda all'altra. E poi i taxi-boat in lucido legno di teak, i battelli turistici, le giunche dei pescatori e i sampan carichi di merci. Dall'acqua si scoprono sulle chiatte e le palafitte, negozi di alimentari, botteghe di artigiani e barbieri, la filiale fluviale della "Bank of Siam", l'unica banca natante al mondo, che si sposta fra i canali. Mentre le ambiziose dimore coloniali, le eleganti case thai dell'800, i wat, i chedi delle pagode e i palazzi storici, tempestati di lacche e dorature, rivelano inedite prospettive. "È un patrimonio unico al mondo che abbiamo in gran parte salvato dal degrado", spiega Wanippa Na Songkhala, vicedirettrice del Dipartimento di Archeologia. "Negli ultimi dieci anni è stato realizzato un accurato lavoro di bonifica e di ripristino che, oltre al restauro dei dipinti del Grand Palace e del Wat Phra Keo, ha interessato soprattutto le dimore storiche e i templi buddhisti. Vi hanno partecipato molti giovani che hanno seguito i corsi dell'Istituto Italiano per il Restauro di Roma. Un lavoro difficile dato il tipo di materiali usati e le caratteristiche urbanistiche di Bangkok. La "Città degli Angeli", fondata nel 1782 da Rama I, capostipite della dinastia Chakri che ancora regna sul "Paese degli uomini liberi", nasce infatti dall'acqua. La sua mappa fu progettata dagli urbanisti dell'epoca secondo principi dettati dalle costellazioni e dai pianeti. Adeguandosi al corso del Chao Phraya e dei suoi canali, riprodussero sulla Terra quanto stava scritto nel libro cosmico del Cielo, in modo che il suo tracciato di città galleggiante fosse speculare a quello dell'"Oceano della Vita", origine di tutto il creato". La "Venezia d'Oriente" crebbe così attorno ai suoi klong e al grande fiume. Case galleggianti e su palafitte, mercati, ponti, palazzi e templi ospitavano nell'800 oltre 500 mila persone. Un mondo anfibio che sedusse con i suoi profumi esotici famosi viaggiatori e scrittori che erano di casa all'Oriental Hotel. Purtroppo, dello storico albergo coloniale sono sopravvissute solo un'ala con le suite che portano i nomi di Conrad, Coward e Maugham, e le atmosfere della grande sala vetrata dell'Author's Lounge, quando per il tè delle cinque un quintetto d'archi esegue musica da camera, e la sera si cena sulla terrazza affacciata sul fiume serviti da camerieri in guanti bianchi. Attorno al solenne fiume si estende la fitta rete dei klong, l'altra anima della città. Un labirinto di canali lontani dal traffico e dagli sterminati shopping center. Oasi di pace e di silenzi dove la Città degli Angeli riscopre se se stessa e ritrova il suo passato, così come lo descrive Somerset Maugham in Il signore in salotto, che racconta la Bangkok degli Anni '30. "Svolti in uno dei klong principali, la Oxford Street di Bangkok, e ai due lati vedi barche su cui stanno botteghe e la gente va in giro per le compere in sampan. Alcuni klong sono così stretti da lasciar passare appena un sampan e intravedi alberi verdi con sotto qualche casa. Sono come i vicoli che vedi a Londra. Il tuo klong, che prima era una via affollata, poi una strada suburbana, è divenuto un sentiero di campagna attorno a cui le piantagioni si fanno più ampie. Una donna, seduta sotto un ombrello giallo di carta oleata, spinge la barchetta con il ramo". Tutto è rimasto come allora. Il tempo pare essersi fermato nel klong Dao Kanong che si affaccia sul fiume dopo il Krungthep Bridge. Qui un intrigo di piccoli canali circonda il Wat Sai, il cuore dell'omonimo floating market. Mercato galleggiante, spettacolo denso di suoni, luci, colori, profumi, odori che si apre verso le sei del mattino. È a quest'ora che la gente del quartiere fa gli acquisti e le lunghe barche di legno sono spinte, con vigorosi colpi di pagaia, da compunte signore che con abilità decantano la bontà dei loro frutti e delle loro verdure. Irresistibili anche i piattini di cibo che alcune di loro offrono, preparati con i mille sapori della più autentica cucina thai esaltati da spezie e erbe aromatiche. Anche qui luminosi sorrisi. Sempre presenti sul volto di ogni thailandese, consentono di controllare le emozioni, di non far trasparire i propri sentimenti e di essere gentili. Uno stile di vita frutto di una secolare cultura e di una profonda serenità d'animo. I thai affrontano così con filosofia la quotidianità dando grande importanza al sanuk: la possibilità di godere completamente di tutto ciò che l'esistenza riserva secondo un intreccio sapiente di sacro e profano. Sulla riva destra, fra il Phrapinklao Bridge, a nord, e il Phraphthayotfar Bridge, a sud, si apre il quartiere di Thomburi: un mix di antico e moderno, di passato e presente. Qui il Wat Arun, il Tempio dell'Aurora, sembra sorgere direttamente dalle acque con il suo affusolato chedi che sormonta la pagoda Phra Prang, alta 86 metri, con la guglia a forma di trisul, il tridente sacro del dio hindu Shiva. Terrazze e scale portano a un'infinità di padiglioni e cappelle in cui si conservano statue preziose del Buddha. L'intero complesso dove si intrecciano decori d'origine khmer e indiana, ma anche linee déco e bizzarrie liberty è poi rivestito da una profusione di porcellane multicolori che ne fanno una cascata infinita di colori, cangianti a seconda dei raggi del sole. Il santuario, che simboleggia il mitico Monte Meru della cosmogonia hindu e buddhista, è invaso da una moltitudine di fedeli durante il plenilunio di novembre quando si celebra la cerimonia del Tot Kathin, L'Albero dell'Abbondanza. Fra un tripudio di stendardi il re arriva con il grande corteo delle 35 piroghe reali, rappresentanti animali fantastici, per offrire nuove tonache ai monaci del wat. Sta seduto al centro della Supahnnahong, l'imbarcazione sfarzosa d'oro e pietre preziose fatta costruire da Rama I, e condotta da 50 rematori in costumi d'epoca. Le rive del Chao Phraya sono affollate datutti gli abitanti della città, vestiti a festa con ghirlande di orchidee attorno al collo. L'eterno traffico fluviale allora si ferma. Tutti rendono omaggio all'Illuminato e al re. Sollevano sopra la testa le mani giunte e intonano preghiere di pace.
Fonte: http://dweb.repubblica.it