sabato, ottobre 10, 2009

Piantagioni di palme da olio, soia e cocco sono destinate alla produzione di biocarburanti dalla Thailandia.

Piantagioni di palme da olio, soia e cocco sono destinate alla produzione di biocarburanti dalla Thailandia all’India, dall’Australia al Malawi. La possibilità di dare uno sbocco alle produzioni agricole, le preoccupazioni per i cambiamenti climatici, i vertiginosi prezzi del petrolio dovrebbero convincere anche il nostre Paese a percorrere con più decisione la strada dell’utilizzo delle biomasse. Anche l’industria potrebbe trovare vantaggi dovendo predisporre nuove tecnologie per rendere attuabile il passaggio dalle fonti energetiche tradizionali a quelle rinnovabili.
In Brasile i campi di canna da zucchero riforniscono materia prima a una rete di 320 impianti di etanolo. La maggior parte degli automobilisti brasiliani fanno il pieno con un carburante tagliato al 25% con etanolo, ma la crescente flotta di macchine di nuova generazione va a etanolo puro. Le navi-cisterna brasiliane trasportano etanolo per rifornire paesi assetati di carburante quali la Corea del Sud e il Giappone. Negli Stati Uniti l’etanolo ricavato dal mais è cresciuto grazie alle nuove regolamentazioni anti-inquinamento e a un consistente rimborso sulle tasse federali. La produzione, raddoppiata nel 2001, è quasi ai livelli del Brasile. A differenza di quanto accade con il petrolio, nessun paese domina il mercato con la propria produzione di etanolo o altri biocarburanti. In Europa la Germania è diventata la maggiore produttrice al mondo di biodiesel ottenuto dal seme di colza.

Secondo l’ultimo rapporto sulla popolazione presentato dall’ONU, l’Unione Europea perderà circa 41 milioni di abitanti entro il 2030 e il crollo più vistoso verrà avvertito nelle zone rurali. Secondo i risultati emersi dal congresso dell’Unione Internazionale dei Demografi già oggi la metà dei 6,5 miliardi circa di abitanti della Terra vive in città, percentuale che sale al 73 % in Europa e che è destinata ad aumentare. Si prevede che le campagne perderanno circa un terzo dei propri abitanti. L’abbandono dei paesi di montagna e delle zone rurali ritenute marginali crea problemi di gestione del territorio. La boscaglia invade frutteti e pascoli e può prendere facilmente fuoco, la perdita della viabilità boschiva rende difficoltosa l’utilizzazione del territorio e i dissesti idrogeologici causano danni e pericoli.

Gli svantaggi degli spopolamenti non si limitano a questo. Un altro aspetto da considerare, infatti, è l’estinzione di culture millenarie che caratterizzano i luoghi interessati a questi fenomeni. Si rischia la cancellazione di borghi medioevali, spesso anche più antichi, con la loro storia, arte, civiltà contadina e cultura enogastronomica. Le rocche, i castelli, le chiese corrono il rischio col tempo di essere abbandonati e dimenticati. Le radici di molti tra quelli che ora vivono in grossi centri e regioni fortemente urbanizzate si trovano in questi paesi rurali e montani e per alcuni la loro scomparsa è considerata una grave perdita di patrimonio culturale ed ambientale.

Il mercato non aiuta la permanenza degli agricoltori in queste aree. La maggior parte degli agricoltori, infatti, sopravvive grazie ai sussidi della UE, dal momento che risulta più conveniente importare i generi alimentari da altri Paesi. L’Europa limita le costose sovrapproduzioni pagando addirittura i contadini affinché non coltivino parte delle loro terre. Questi sussidi sono stati ridotti e la permanenza degli agricoltori sul territorio risulta sempre più difficile.

Che fare per evitare che ampie zone tornino allo stato selvaggio e per favorire la rivitalizzazione di queste aree? Una strada da percorrere potrebbe essere quella di avviare sistemi di valorizzazione delle risorse forestali ed agricole. Un maggiore uso delle biomasse come fonte energetica potrebbe dare un’opportunità per contrastare l’abbandono delle zone rurali e montane. Tutte le attività agricole e forestali possono dare un loro contributo. Le biomasse hanno, infatti, origini molto differenti: il legno ottenuto dal taglio di alberi, il recupero di residui forestali, il recupero di scarti di potatura, ma anche le colture dedicate che sono il pioppo a rapida crescita (SRF), il sorgo da fibra, la canna comune, la robinia, le piante oleaginose (soia, colza, girasole, ecc.), le piante per la produzione di etanolo (barbabietola), i residui agricoli e agroindustriali, (paglia, sansa di oliva, vinacce, buccette, gusci di frutta secca, stocchi di mais, lolla di riso), le deiezioni degli allevamenti animali (biogas) ecc..

Una rapida ascesa del mercato dei biocombustibili e dei biocarburanti ha però bisogno dello sviluppo di sistemi economicamente efficienti di approvvigionamento di biomassa da boschi e foreste e da colture dedicate, garantendo così da un lato una risorsa realisticamente rinnovabile e contribuendo, dall’altro, alla tutela del territorio e al sostegno delle economie locali.

Le problematiche che ostacolano lo sviluppo dell’utilizzo delle biomasse in possono essere così riassunte: molteplicità dei settori coinvolti, difficoltà di equilibrare domanda e offerta, diffidenza degli imprenditori verso attività non ancora consolidate, scarsa diffusione di informazioni sulle potenzialità che offre il mercato in Italia, diffidenza nei confronti delle energie rinnovabili e relative tecnologie di utilizzo.

Nel caso dei biocarburanti, inoltre, in Italia bisogna accontentarsi di un esiguo contingente defiscalizzato di biodiesel e di bioetanolo che ne ostacola la produzione.
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È evidente la necessità di un’incentivazione da parte dello Stato che permetta il superamento delle problematiche esposte anche predisponendo progetti pilota che fungano da “apripista”. L’avvio di nuove attività imprenditoriali nel campo forestale ed agricolo potrà contribuire ad arrestare il fenomeno di costante abbandono della montagna e dell’attività agricola in genere da parte dei giovani in cerca di occupazione. Un incremento della popolazione locale significherebbe l’apertura di nuove scuole, la rivalutazione del mercato immobiliare, la crescita dei consumi alimentari ed energetici e della domanda di servizi. Dalle attività di raccolta e produzione delle biomasse, date le vaste aree d’approvvigionamento necessarie, deriverebbe una manutenzione costante e redditizia del territorio e un’opportunità di rivalutazione di terreni marginali inutilizzati o prossimi all’abbandono.

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