Salta la tregua politica tra “gialli” e “rossi” mentre il vecchio re si ricovera
BANGKOK - Cinque mesi di tregua politica avevano fatto sperare che il peggio, in un Paese scosso da manifestazioni di fazioni rivali e colpito duro dalla crisi economica, fosse alle spalle. Sono invece bastate 24 ore per ricordare alla Thailandia che i suoi problemi sono stati solo accantonati. Sabato sono scese in piazza sia le “camicie rosse” - i sostenitori dell’ex premier Thaksin Shinawatra - sia i “gialli” nazionalisti-monarchici che lo scorso inverno occuparono i due aeroporti di Bangkok. E domenica l’anziano re Bhumibol, l’unica autorità che potesse richiamare all’ordine i litiganti, è stato ricoverato in ospedale per la seconda volta in una settimana.Bhumibol, 81 anni e sul trono dal 1946, soffre ufficialmente di una “febbre” , che ha reso necessari gli antibiotici e l’alimentazione via flebo. Il premier Abhisit Vejjajiva, partito ieri per New York in vista dell’Assemblea generale dell’Onu, ha assicurato che «la salute di sua Maestà non rappresenta un problema». L’argomento è estremamente delicato in Thailandia, dove il re è protetto dalle leggi di lesa maestà più severe al mondo. Ma la crescente debolezza di Bhumibol, che già lo scorso dicembre aveva dovuto rinunciare al tradizionale discorso per il suo compleanno, è un fatto che neanche i cauti media nazionali possono nascondere. Tre anni dopo il colpo di Stato che depose Thaksin, le divisioni politiche si sono acuite. All’epoca, l’esercito intervenne sulla scia dell’indignazione per il crescente autoritarismo e populismo del magnate delle televisioni diventato premier, coinvolto in diversi scandali di corruzione e accusato di voler abolire la monarchia. In Thaksin, però, le classi medio-basse, specie nel Nord-Est, vedono il primo politico che ha adottato misure concrete per loro. Il ritorno di Thaksin - condannato in contumacia per corruzione - e le dimissioni di Abhisit, salito al potere nove mesi fa grazie a un ribaltone parlamentare, sono state le richieste delle 26mila “camicie rosse” scese in piazza sabato a Bangkok, nel terzo anniversario del golpe; se ne attendevano, però, almeno il doppio. I loro leader hanno promesso di organizzare proteste simili una volta al mese. Ma il movimento, dopo la repressione delle rivolte dei “rossi” lo scorso aprile nella Capitale, appare diviso tra chi approva o meno il ricorso alla violenza. Il parziale insuccesso della manifestazione è stato oscurato dai tafferugli avvenuti attorno al tempio Preah Vihear, assegnato alla Cambogia dall’Unesco con una decisione non condivisa dalla Thailandia, e recentemente oggetto di un’escalation militare che sembrava però avviata alla risoluzione. In precedenti crisi, l’intervento di re Bhumibol fu decisivo. Stavolta, nel mezzo di una transizione che potrebbe ridisegnare gli assetti politici di un Paese fondato sulla trilogia di «nazione, religione e re», la Thailandia si trova invece a pregare che il sovrano si riprenda in fretta.