Fonte: http://it.peacereporter.net
Scritto da Marcello Brecciaroli
Dalla Cambogia e dalla Thailandia partono ogni anno migliaia di uomini e donne attratti da un posto di lavoro in Malesia. Per compiere questo viaggio pagano cifre che vanno dai 5mila ai 13mila dollari a chi propone loro un impiego all'estero. La promessa di un lavoro domestico o in qualche fabbrica però si rivela presto una menzogna: a molti, non appena arrivati, viene confiscato il passaporto: da quel momento diventano fuorilegge e possono essere ridotti in schiavitù o avviati alla prostituzione.
La legge malese non fa differenza tra vittime del traffico di esseri umani e immigrati clandestini: fuggire dai propri aguzzini diventa dunque impossibile , perché il rischio è di finire nei campi di prigionia e magari essere nuovamente venduti ai trafficanti. Sul mercato degli esseri umani malese, infatti, un bambino vale circa 300 dollari, mentre un adulto quasi il doppio. Nel 2007 sono stati varati dei provvedimenti in alcune province che vietano ai lavoratori immigrati di lasciare il luogo di lavoro anche durante l'orario di riposo, proibiscono l'uso di cellulari e la guida di automezzi. Nello stesso anno è stata emanata anche una legge che punisce i trafficanti, ma gli osservatori internazionali sostengono che non serva a molto, visto che anche chi dovrebbe vigilare è coinvolto nella tratta. Nel luglio 2008 il Direttore generale per l'immigrazione malese e il suo vice sono stati arrestati per aver accettato tangenti dai trafficanti. Secondo fonti Onu la pratica sarebbe diffusa a tutti i livelli dell'amministrazione malese.
I migranti vengono adescati tra le popolazioni più povere dei sobborghi urbani di Phnom Phen e di altre città cambogiane, un bacino che, secondo l'Organizzazione Mondiale del Lavoro, è destinato ad aumentare di 200mila unità nel prossimo anno come effetto della crisi economica.
Questo trend è confermato anche dai dati forniti dal Ministero del Lavoro cambogiano che parla di un incremento del 150% degli espatri nei primi sei mesi del 2009.
L' agenzia dell'Onu per la tratta di esseri umani (Uniap) rivela in uno studio che le donne cambogiane si ritrovano spesso in schiavitù a causa dei debiti contratti. Nel Paese è presente una fitta rete di strozzinaggio, camuffata da micro-credito, gestita dagli stessi trafficanti di schiavi.
Tutti questi fattori sono catalizzati dalla crisi economica: in particolare il settore tessile ha risentito del calo delle esportazioni, causando dall'inizio dell'anno la perdita di oltre 40mila posti di lavoro.
In Malesia si trovano comunità di lavoratori immigrati provenienti da molte nazioni perché l'economia del Paese ha retto bene alla crisi. Nella maggioranza dei casi hanno un regolare permesso di lavoro, ma anche in questo caso le condizioni non migliorano poiché il visto viene sequestrato all'arrivo assieme al passaporto. Questa pratica è permessa dal governo Malese e nel rapporto “Trafficking in Persons” (Dipartimento di Stato Usa, giugno 2009), si rilevano numerosi legami tra l'amministrazione pubblica e la tratta di esseri umani.
Numerose testimonianze narrano di torture, stupri, somministrazione di droga, privazione del cibo e orari massacranti di lavoro che raggiungono le 18 ore giornaliere. I lavoratori vengono sfruttati fino allo sfinimento, come nel caso di Ganesh, un ragazzo birmano morto in ospedale il 27 di aprile, le cui foto hanno scioccato la popolazione malese.