giovedì, settembre 18, 2008

Democrazia a rischio?!

Tratto dal sito: http://visaforthai.blogspot.com/


Che i Thai fossero classisti lo enunciamo da sempre, ma qui stiamo davvero rasentando la follia, il concetto stesso di democrazia è veramente in pericolo.

Il termine democrazia deriva dal greco δήμος (démos): popolo e κράτος (cràtos): potere, ed etimologicamente significa governo del popolo... ma a questo punto quelli del PAD diranno ''e che centrano i greci?'', portatori della civiltà occidentale... ''noi non abbiamo bisogno di modelli occidentali!''.

Signori miei, non ho mai personalmente avuto simpatia per questo movimento, movimento che oggi sostiene che i poveri delle zone rurali della Thailandia non dovrebbero votare!!!

Sarebbe come se da noi un nuovo movimento occupasse Palazzo Chigi e poi chiedesse che la gente del mezzogiorno di Italia non votasse perchè meno agiata potrebbe essere corrotta con favori o denaro!!!

In breve il loro modello di democrazia sarebbe quello che tutti noi conosciamo come dittatura e autoproclamazione!

E pensare che è proprio la grande ignoranza della maggior parte dei loro sostenitori con la manina clap clap il loro punto di forza... ma ci sono ignoranti e ignoranti, quelli che democraticamente votano per gli avversari e quelli che sostengono loro.

Mai come ora il paese è veramente diviso... Kon Nüa e Kon Isaan VS Kon Tai (gente del nord e nord est contro gente del sud).

Siamo di fronte ad un momento storico che potrebbe degenerare, speriamo che il seme della discriminazione non dia i suoi malsani frutti.

Leggiamo l'articolo:

THAILANDIA: Una “nuova politica” per togliere il voto ai poveri
di Marwaan Macan-Markar

BANGKOK, 17 settembre 2008 (IPS) - Un nuovo movimento di protesta antigovernativo, i cui leader hanno occupato con la forza l’ufficio del primo ministro, sembra remare contro il concetto di democrazia generalmente diffuso.

Benché si sia autodefinito “Alleanza del popolo per la democrazia” (PAD), il nuovo movimento stabilisce limiti netti sulla fascia di “popolazione” che intende rappresentare, e sul tipo di “democrazia” che avrebbe in mente. Questi in parte i contenuti di una vera e propria campagna lanciata per imporre ciò che viene definita una “nuova formula politica” per il regno.

L’aspetto più folgorante dell’operazione della PAD, formata da un insieme di middle class, vecchia élite ed élite urbana, monarchici, burocrati e alcuni sindacati, è il progetto sui cittadini economicamente emarginati.

La PAD vorrebbe togliere il diritto di voto ai poveri rurali del paese, che rappresentano il blocco elettorale più consistente in Tailandia.

La “nuova linea politica” della PAD punterebbe ad avere nei futuri parlamenti un 70 per cento dei deputati scelti per nomina, e solo il 30 per cento dei rappresentanti eletti, che verrebbero sostituiti da “rappresentanti pubblici” provenienti da diversi ambiti di attività in tutta la Tailandia.

L’ostilità della PAD nei confronti dei poveri e del diritto di voto universale per gli adulti ha origine nei ripetuti successi elettorali del partito guidato dall’ex primo ministro Thaksin Shinawatra, che nel 2006 è stato rovesciato da un golpe militare, in seguito ad alcune proteste scatenate lo stesso anno proprio dalla PAD. Nella campagna di quest’anno, lanciata alla fine di maggio, la PAD ha preso di mira il Partito del potere del popolo (PPP), uscito vittorioso alle elezioni generali dello scorso dicembre, e soprattutto grazie ai voti dei poveri rurali.

Un simile tentativo di privare i poveri del potere di voto per eleggere il proprio governo non è altro che un nuovo capitolo nella storia di una regione nota per avere sempre avuto leader potenti e autoritari che hanno imposto la propria idea di democrazia nei loro rispettivi paesi.

Il popolo della Birmania, ad ovest della Tailandia, è stato di fatto escluso dal voto dalla cricca militare che governa il paese per le elezioni generali del 2010, indette per istituire una “democrazia di sana disciplina”. Le elezioni previste non riusciranno comunque ad allontanare dal potere i militari, che governano il paese col pugno di ferro sin dal colpo di stato del 1962.

Malaysia e Singapore, a sud della Tailandia, sono paesi noti per la repressione di ogni libertà politica e civile, seppure dietro la facciata di democrazia ostentata per anni. Questo durante tutto il periodo in cui l’ex primo ministro Mahathir Mohamad governava la Malaysia, e l’ex primo ministro Lee Kuan Yew Singapore. Questa democrazia nominale veniva giustificata dalla bizzarra logica dei “valori asiatici”, un eufemismo per legittimare l’autoritarismo.

E anche l’Indonesia, il gigante della regione, ha fornito la propria versione di democrazia con la drammatica svolta politica in seguito alla caduta del dittatore Suharto, dieci anni fa. La cosiddetta “democrazia guidata” e la “democrazia della Pancasila” di Jakarta.

Ma ciò che anima la crociata politica della Tailandia contro i suoi vicini è soprattutto la determinazione del movimento di destra della PAD nell’abolire i diritti dei poveri del paese, un fatto senza precedenti in Birmania, Indonesia, Malaysia o Singapore.

I leader della PAD, e chi ha parlato ai loro raduni nel palazzo di governo, non si sono fatti troppi scrupoli nel manifestare il proprio disprezzo verso i poveri rurali, i cui voti nelle aree agricole del nord-est rappresentano quasi 150 dei 480 seggi in parlamento: espressioni di scherno verso le comunità agricole, accusate di essere stupide, ignoranti e bisognose di educazione, per i loro “voti venduti” concessi ai candidati in lizza.

Eppure questo lusso di cui gode la classe urbana agiata tailandese - quello di insultare una larga fetta dell’elettorato del paese - rivela quanto le correnti del feudalesimo scorrano vicine alla superficie. È l’ultima espressione di un paese con una lunga tradizione per cui i suoi membri più ricchi e presumibilmente più istruiti dell’élite e l’aristocrazia di Bangkok continuano a sostenere che la Tailandia non sarebbe “pronta” per la democrazia, dal momento in cui è diventata una monarchia costituzionale, nel 1932.

”La maggioranza dei tailandesi di ogni gruppo sociale ha una coscienza feudale”, afferma Jaran Ditapichai, ex membro della commissione nazionale per i diritti umani e critico acerrimo della PAD. “Questa gente non ha vergogna a trattare i poveri in questo modo”.

Il tentativo di togliere il voto ai poveri mostra tutti i suoi limiti nella comprensione del significato del suffragio universale, ha spiegato Ditapichai in un’intervista. “La PAD e i suoi sostenitori non credono nel principio che, in una democrazia, è il popolo ad essere sovrano. Hanno paura dei poveri, che dovrebbero avere pari diritti se vogliamo davvero essere una democrazia”.

Questo sentimento mostra anche tutti i limiti della PAD e delle critiche del governo: proporre politiche che siano più attraenti rispetto alle tante iniziative a favore dei poveri che Thaksin aveva promesso all’elettorato alle elezioni del 2001 e del 2005. Promesse politiche che gli avevano assicurato una forte maggioranza in parlamento, tra cui una moratoria sul debito per gli agricoltori, un programma di prestiti agevolati per stimolare le economie dei villaggi e un programma di assistenza sanitaria universale.

Alla fine del primo mandato di Thaksin, la Banca mondiale aveva lodato le sue iniziative per i poveri, visto che il numero di tailandesi poveri era sceso drasticamente passando a 7,08 milioni nel 2005, circa la metà dei 13 milioni del 2001. Anche i redditi agricoli del nord-est “erano aumentati del 40 per cento durante lo stesso mandato di quattro anni”.

Come ha scritto di recente un noto opinionista, i poveri rurali non avevano votato per Thaksin e poi per il PPP per una questione di “voti comprati” o di “clientelismo”, principale accusa della PAD. Ma piuttosto, perché “l’elettorato dell'entroterra è più ricco, meglio istruito, ed ha un’esperienza di voto più forte che mai”.

”Il problema non è che questi elettori non sanno come usare il voto, né che il risultato è distorto dal clientelismo o dai voti comprati, ha dichiarato Chang Noi sul quotidiano “The Nation”. “Il problema è che hanno imparato fin troppo bene ad usare il voto. In quattro elezioni nazionali, hanno fatto la loro scelta in modo molto risoluto e molto razionale”.

(FINE/2008) http://www.ipsnotizie.it/nota.php?idnews=1289
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