Thailandia: sanguinosa persecuzione contro i buddisti
Fonte: http://www.ifgonline.it
Dal villaggio di Tambon Laloh, nel sud musulmano della Thailandia, eliminata anche l’ultima famiglia buddista. La matriarca del gruppo, una donna di 72 anni, è stata uccisa mentre la figlia, ferita dai miliziani islamici, è in gravi condizioni. La loro colpa è quella di aver rifiutato di abbandonare il villaggio, come hanno fatto tutte le altre famiglie buddiste della comunità. E per questo la donna, il cui marito è stato ucciso due anni fa, era da tempo oggetto di intimidazioni.
E’ l’ultima della lunga serie di violenze che dal 2004 insanguinano le province di Yala, Narathiwat e Pattani, dove gli islamici sono l’85% della popolazione e i ribelli del Fronte Rivoluzionario Nazionale (Brn) portano avanti una lunga guerra civile per l’indipendenza del sud.
Gli scontri fra i musulmani di etnia malese e l’esercito thailandese secondo i dati non ufficiali hanno già provocato 3.400 morti. In mezzo al conflitto la minoranza buddista, di etnia thai e laotiana, colpita da attentati e omicidi mirati, e la popolazione musulmana su cui l’esercito governativo pratica torture e arresti indiscriminati.
Dagli attacchi a edifici governativi e obiettivi militari nei primi anni del conflitto, la strategia dei ribelli è cambiata. Negli ultimi anni vengono colpiti anche i singoli cittadini, con l’obiettivo di provocare una migrazione forzata dei buddisti verso nord e trasformare le tre provincie in uno stato indipendente governato dalla sharia. Quello che insanguina il sud della Thailandia è un conflitto sottotraccia, i cui contorni e la cui intensità varia a seconda dell’altalenante politica del governo.
Le prime rivendicazioni autonomistiche risalgono a più di un secolo fa, quando le tre province, che fino al 1902 appartenevano al Sultanato islamico di Patani, vennero annesse al Siam. Da allora si sono alternate politiche di repressione nei confronti della maggioranza musulmana e timide aperture, fino alla “Network monarchy” portata avanti negli anni ’80 del primo ministro Tinasulanond per favorire lo sviluppo economico del sud e la partecipazione dei leader islamici al processo politico. Una tregua rotta da Thaksin Shinawatra, che salito al potere nel 2001 pose fine al lungo periodo di distensione inaugurato dal suo predecessore. La violenza si è inasprita dal gennaio 2004, quando i militanti islamici hanno assaltato un deposito di armi dell’esercito impadronendosi di 300 fucili. Da allora è iniziato uno stillicidio di attacchi, bombe contro gli edifici del governo e violenze sulla popolazione civile.
Nel 2007 il governo di Bangkok ha ordinato il pugno di ferro contro i ribelli, ordinando ai 30mila soldati al comando del generale Viroj di rastrellare i villaggi per fare terra bruciata attorno ai miliziani del Brn. Secondo Human Rights Watch sono migliaia i civili islamici arrestati senza mandato e torturati con pestaggi, elettroshock e soffocamento, colpevoli solo di vivere in territori controllati dai ribelli. Un circolo vizioso di attentati e violenze che si è aggravato dal 25 marzo 2008, quando dopo l’ennesimo attacco il primo ministro Samak Sundaravej ha conferito al comandante dell’esercito i pieni poteri per schiacciare la ribellione.
Andrea Gianni
THAILANDIA: ESPLODONO 2 BOMBE, 1 MORTO E 70 FERITI
(Ses/Zn/Adnkronos)
04-NOV-08 09:08