giovedì, maggio 21, 2009

Birmania, il regime apre le porte gli ambasciatori incontrano Aung

La premio Nobel processata a porte chiuse per la prima volta vede
i rappresentanti della comunità internazionale. "Grazie del vostro sostegno"


di RAIMONDO BULTRINI Fonte: Repubblica.it

BANGKOK - Un gesto a sorpresa della giunta militare birmana ha movimentato la terza giornata del processo contro la leader dell'opposizione Aung San Suu Kyi, accusata di aver fatto entrare in casa un americano senza autorizzazione. Trenta diplomatici di tutte le ambasciate, compresa quella italiana, e dieci giornalisti sono stati autorizzati a partecipare come osservatori all'udienza tenuta all'interno del carcere di Insein dov'è detenuta. Un'opportunità che era stata esplicitamente negata nei giorni precedenti.

"Vi ringrazio molto per essere venuti e per il vostro supporto. Non posso incontrarvi uno alla volta, ma spero di farlo in giorni migliori...", ha detto la Nobel per la Pace, descritta "in buona salute nell'aspetto", "calma" e con indosso una camicia rosa e una tradizionale gonna longyi rossa. L'inaspettata apertura del regime di Rangoon ha fatto scalpore, sia dentro che fuori il Paese, perché per la prima volta i generali sembrano aver risposto alle pressioni internazionali, a cominciare da quelle dell'organismo interasiatico di cui anche Myanmar è parte, l'Asean.

"Questo processo mette a rischio l'onore e la credibilità del governo", era scritto in una risoluzione diffusa dai Paesi membri alla vigilia delle udienze. Un fatto senza precedenti. Ad avvalorare l'ipotesi di un ammorbidimento reale nelle relazioni internazionali, il rappresentante di turno dell'Asean, l'ambasciatore della Thailandia, è stato invitato a un colloquio riservato con Aung San Suu Kyi assieme al decano dei diplomatici a Singapore e all'ambasciatore russo. "La mia salute è buona e vengo trattata bene", ha detto la Nobel ai tre diplomatici, aggiungendo di non aver utilizzato l'intrusione nella sua casa come "un mezzo per provocare le autorità", ma di volere solo "la riconciliazione nazionale".

Il tema della riconciliazione è particolarmente delicato perché si riferisce alle elezioni politiche fissate dalla giunta per il 2010. Se la giunta rispetterà l'ultima scadenza legale della carcerazione di Aung San Suu Kyi il prossimo 27 maggio, teoricamente la leader della Lega nazionale per la democrazia potrebbe partecipare o condizionare il voto, nonostante le restrizioni imposte sui candidati. Ma le nuove accuse di aver violato le regole degli arresti domiciliari possono costargli dai tre ai cinque anni di ulteriore carcere o isolamento a casa, eliminandola del tutto dalla competizione.

Secondo quanto ha riferito l'ambasciatore italiano Giuseppe Cinti, Aung San Suu Kyi "segue con estrema attenzione gli interrogatori, dando l'impressione di non aver perso la voglia di lottare". Secondo i ritmi della Corte, il processo potrebbe durare tre settimane, e forse d'ora in poi saranno ammessi altri osservatori, ma pochi sperano in una sentenza favorevole. "Penso che in questa storia la conclusione è già scritta - ha detto alla Bbc l'ambasciatore inglese a Rangon, Mark Canning - non ho nessuna fiducia nel risultato. Sebbene l'accesso che ci è stato accordato oggi sia più che benvenuto, ciò non cambia l'essenza del problema".
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