mercoledì, febbraio 25, 2009
Arriva da Phuket la ricetta anti crisi.
Fonte: http://www.repubblica.it Affari & Finanza
Al vertice europeo di Berlino ha fatto da contrappunto un analogo summit dei paesi dell'Estremo Oriente sull'isola thailandese di Phuket. Ma a differenza degli europei che si sono limitati a dichiarazioni di principio, gli asiatici hanno messo sul tavolo risorse reali. Hanno deciso di triplicare la dotazione di capitali della Asian Development Bank (Adb), rafforzando inoltre con 40 miliardi di dollari Usa un fondo di liquidità speciale destinato a soccorrere i paesi dell'area che si trovassero confrontati con una crisi di sfiducia dei mercati. Il capitale della Adb aumenterà a 115 miliardi di dollari: è il primo aumento di mezzi propri deciso dai suoi soci in 15 anni.
La decisione è stata presa dai 10 Stati membri dell'associazione del sudest asiatico (Asean) a cui si sono aggiunti per il vertice di Phuket anche Cina, Giappone e Corea del Sud. Assieme, questi paesi controllano la più vasta quantità di riserve valutarie del pianeta, quasi 4.000 miliardi di dollari. Hanno deciso di rafforzare gli accordi swap fra le loro banche centrali, per essere pronti a intervenire tempestivamente di fronte alle prime avvisaglie di una bancarotta sovrana, come quelle che sconvolsero l'area nel 1997.
La situazione oggi è profondamente diversa rispetto a 12 anni fa, per la solidità delle bilance dei pagamenti e delle finanze pubbliche della maggior parte di questi paesi. Tuttavia l'Estremo Oriente è stato colpito duramente dalla recessione globale che ne ha depresso le esportazioni, e in qualche paese questo ha provocato già fughe di capitali e tensioni valutarie (Corea del Sud).
Un effetto collaterale di questa crisi globale sarà la "riunificazione" cinese? C'è chi pensa che oggi la Repubblica Popolare potrebbe realizzare il suo sogno di incorporare Taiwan senza sparare neanche un colpo di cannone. L'isola di Taiwan infatti è stremata dalla crisi e il rafforzamento dei legami con la Cina continentale sembra un'àncora di salvezza. Il ministro dell'Economia taiwanese, Yiin Chii-ming, ha dichiarato che l'isola deve firmare al più presto un trattato di libero scambio con la Repubblica Popolare, se vuole arginare il tracollo dell'export. Da quando Taiwan si separò politicamente dalla Cina (al termine della guerra civile nel 1949), i rapporti non sono mai stati così cordiali tra le due sponde dell'omonimo Stretto. Il presidente Ma Ying-jeou è lui stesso fautore di un riavvicinamento, quantomeno economico-commerciale.
In questa crisi Taiwan - assai più piccola ed estremamente dipendente dall'export - è ben più vulnerabile della sua gigantesca vicina. Le esportazioni made in Taiwan sono crollate del 40% su base annua negli ultimi due mesi. L'isola è già ufficialmente in recessione dal terzo trimestre 2008 quando il Pil è sceso dell'8,4% su base annua.