mercoledì, febbraio 04, 2009

Nuovo governo, considerazioni sulla situazione attuale nel regno.

L'occupazione dell'aeroporto e' stata giudicata da molti giornalisti come l'atto finale di un colpo di stato militare

Il premier Abhisit Vejjajiva dovra' sicuramente rispondere ai poteri forti che gli hanno permesso di diventare premier

Bangkok - L’occupazione dell’aeroporto di Bangkok da parte del People Alliance for Democracy (PAD) si è conclusa con la vittoria del movimento. L’azione è stata il culmine di una serie di spettacolari proteste iniziate nel luglio del 2008. L’ex primo ministro Somchai Wongsawat ha inizialmente rifiutato di dimettersi per poi cedere di fronte all’occupazione dei terminal nazionali ed internazionali. Abhisit Vejjajiva è stato recentemente confermato come primo ministro da un voto speciale del parlamento: è il più giovane che il regno del Siam ha avuto negli ultimi 80 anni, è telegenico ed ha fama di essere un politico onesto.

Benché tale dote sia particolarmente invidiabile in un paese dove praticamente tutti gli uomini politici sono stati coinvolti in scandali ed episodi di corruzione, niente potrà far dimenticare alla popolazione la serie di eventi che lo hanno portato a ricoprire il suo incarico: l’occupazione dell’aeroporto è stata pianificata con settimane di anticipo ed è stata messa in atto con una cura ed una precisione tale che molti giornalisti l’hanno giudicata come l’atto finale di un colpo di stato militare. Nella preparazione logistica nessun particolare è stato trascurato: i terminal e i banchi di accoglienza sono stati accuratamente sigillati, l’approvvigionamento di viveri e bevande è stato curato nei minimi dettagli e gli occupanti hanno potuto avvalersi di servizi alquanto inusuali per il contesto quali massaggi rilassanti, la possibilità di usare internet e ricariche telefoniche gratuite.

Gestita accentuando il carattere non violento della protesta, l’occupazione del terminal ha creato un vuoto tra le autorità preposte a ristabilire l’ordine pubblico e il governo. La polizia thailandese ha mostrato la sua incapacità nel contenimento delle grandi folle, oltre a una cattiva gestione della piazza negli ultimi confronti tra il PAD ed i sostenitori di Thaksin, mentre l’esercito si è più volte rifiutato di controllare e reprimere le manifestazioni pubbliche del PAD. Queste due condizioni hanno fatto sì che l’esecutivo di Somchai Wongsawat non fosse materialmente in grado di poter opporre nessun tipo di resistenza all’occupazione dell’aereoporto.

In pratica con una protesta pacifica, ben pianificata sia a livello logistico che mediatico, ma anche e soprattutto sul piano politico, il PAD ha messo in ginocchio il governo thailandese. Anche la scelta di Somchai Wongsawat di rimanere a Chiang Mai, roccaforte da sempre leale a Thaksin e ai suoi alleati, invece di scendere a Bangkok e dare un forte segnale alla popolazione ha sicuramente influito sul risultato finale.

Quella che dai media è stata presentata come un’ azione istintiva di una parte della popolazione è in realtà il frutto di una accurata preparazione logistica da parte di una struttura che può vantare un impressionante potere mediatico. L’organizzazione possiede una rete televisiva privata, tanto che ogni manifestazione pubblica del movimento viene ripresa e trasmessa dal canale. In molti si chiedono chi abbia finanziato il PAD durante questi anni. Il movimento negli ultimi mesi ha dimostrato la capacità di poter agire in maniera indisturbata: i nove leader della protesta sono stati più volte arrestati ma hanno sempre continuato a guidare i cortei.

L’esercito, la regina e i giudici sono tutti dalla parte del PAD, insieme al Democrat Party. La monarchia sembra poi essere troppo debole per intervenire direttamente in questa complessa crisi politica. La popolazione thailandese, come dimostrano molti sondaggi, chiede innanzitutto pace sociale e stabilità. Il PAD ha abilmente orchestrato e gestito una protesta di piazza e occupando l’aeroporto ha creato un grave danno all’economia nazionale, contravvenendo alla volontà popolare. Il premier Abhisit Vejjajiva dovrà sicuramente rispondere agli oscuri poteri forti che gli hanno permesso di occupare lo scranno più ambito dello stato tailandese.

I presupposti per il futuro della Thailandia non sono così rosei, neanche se paragonati alle tante violazioni dei diritti umani perpetrati da Thaksin. Buona parte del nuovo esecutivo che ha prestato giuramento davanti al re è diretta emanazione del PAD. La coalizione non sembra certo brillare per qualità, poiché la scelta dei componenti è dovuta in gran parte alla necessità di premiare i piccoli partiti che hanno aderito al governo. Perfino il proprietario di una catena di saloni di massaggi è ora membro del parlamento.

I dubbi che si addensano sulla Thailandia sono molti e i recenti eventi occorsi nel regno di Siam hanno mostrato come sia possibile sovvertire il voto popolare senza usare violenza e usando una accorta strategia comunicativa. Solo un miracolo potrà garantire la stabilità dell’esecutivo guidato da Vejjajiva, che dovrà guardarsi non solo dall’opposizione di piazza dei sostenitori di Thaksin ma anche dalla fragilità della coalizione che lo sostiene.

Il margine di voti che ha decretato la sua vittoria è molto esiguo, appena 37 su un totale di 436 e molti dei componenti del parlamento faranno leva su questo per garantirsi privilegi personali. I tailandesi, certo, chiedono pace e stabilità, ma solo il ripristino di un ordine fondato sulla trasparenza può garantirle.

Stefano Pelaggi
www.geopolitica.info
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