sabato, luglio 18, 2009

AIDS Show va in onda lo spettacolo della morte. (L'altra faccia della Thailandia)


Si chiama Tempio delle impronte di Buddha. E si trova in Thailandia. È stato fondato da un monaco superstar che raccoglie milioni di euro in offerte. Ha trasformato la vita e la morte degli ammalati in uno spettacolo per i visitatori. Che vagano tra corpi mummificati, bimbi abbandonati e uomini giunti all'ultimo

Max, 37 anni, positivo all'Hiv accompagna, un gruppo di thai di mezza età al Life Museum. "Potete tenere indosso le scarpe", dice con un megafono. All'interno ci sono decine di corpi mummificati donati dai pazienti morti di Aids. "Questi corpi mostrano come la morte riguardi tutti noi, e rendono evidente che nella vita dobbiamo fare il bene altrui", recita un cartello, mentre un corpo rosicchiato dagli insetti ha ancora due mezze sfere di silicone appese al petto e qualche brandello di carne: quello che era il petto.
La didascalia: 'Cantante, prostituta (lady boy)'. Il museo è parte di un ricchissimo impero della beneficenza costruito in Thailandia da Alongkot Dikkapanyo, 54 anni, celebre monaco buddista che si prende cura dei malati di Aids dal 1992, quando i suoi compatrioti emarginavano i contagiati. Un regno diviso in due parti: 1.200 ettari isolati e remoti vicino alla città di Lopburi, che ospitano più di mille bambini, molti affetti da Hiv, e il Wat Phra Baht Nam Phu, 'Il tempio delle impronte di Buddha', a 80 chilometri su una collina brulla nel quale vivono 200 adulti con l'Hiv e dove ne sono morti almeno 10 mila.

Il nome del tempio, sinonimo di sofferenza e di morte, ha consentito al suo abate di raccogliere offerte per milioni di euro. Le foto dei pazienti emaciati sono stampate su cassette per l'elemosina di tutta la nazione. Le donazioni esentasse arrivano anche dai turisti, thai e occidentali, in visita a migliaia ogni settimana. Superiamo il crematorio, "Il tempio ha ben otto inceneritori", racconta Max. I turisti si dispongono in fila indiana davanti all'edificio che ospita i malati terminali: "Se volete scattare qualche foto, prima dovete chiedere il permesso ai malati".
All'interno ci sono 31 persone che ignorano i visitatori. Alcuni girano solo con il pannolone. Altri sono raggomitolati nei letti, persi nel torpore. Un uomo sta per spegnersi, divorato da un carcinoma rettale.
Alcuni sono ciechi, altri 11, tra cui cinque ormai scheletrici, a malapena isolati, combattono la tubercolosi. Ci sono cani e gatti. L'ultima tappa della visita è alla grande statua di Buddha circondata da un muro di sacchetti di sabbia con le ceneri di centinaia di morti, che aspettano invano di essere portati via da un parente. I turisti sono invitati a fare offerte prima che arrivi un altro gruppo.

Morte e turismo: un binomio strano, una costante per Michael Bassano, 59 anni, prete cattolico di New York, volontario qui da quattro. Lava i fragili corpi, ne massaggia la pelle diafana e piagata, tiene loro la mano nel momento del trapasso: "Non ha importanza quale sia la loro storia, o il loro orientamento sessuale. Dobbiamo trattarli come se la loro vita abbia avuto valore e significato". Sono almeno un milione i thai contagiati dall'Hiv, 400 mila sono morti dal 1984. Negli anni '90 ogni mese al tempio morivano anche cento pazienti. Ma grazie all'informazione, quando Bassano è arrivato nel 2003, i morti erano calati a 15 al mese e con la distribuzione di antiretrovirali è sceso a poche unità.
Alcuni pazienti arrivano da soli, altri vengono scaricati come rifiuti. Bassano ne ricorda uno, talmente trascurato a casa, che era paralizzato. "Un giorno mi ha detto: "Desidero camminare" e con l'aiuto dei monaci lo ha fatto: "Tutti i giorni nei cinque mesi successivi. Poi è morto. Ma per un po' è stato davvero felice". Il personale, pagato dai 69 ai 137 euro al mese, controlla i malati. "Lavoro 12 ore al giorno", dice Wilaiwan Khantiwong, 26 anni, un'infermiera esile che dirige il reparto. È qui da quando ne aveva 17. "Faccio tutto, dalla donna delle pulizie al medico". Dovrebbero esserci due medici e tre infermiere diplomate, dice Bassano, ma l'ultimo medico, il belga Paul Yves Wery, se n'è andato nel 2004. Ha scritto un libro definendo il tempio 'malsano'. 'Oppresso' il personale e 'cannibali' i turisti. "L'ambiguo abate gestisce una fabbrica di morte come una piccola azienda familiare".

Dopo la pubblicazione del libro di Wery, a tutti i volontari stranieri - Bassano escluso - è stato ingiunto di andarsene. Così i malati vedono il medico una volta al mese. I 1.300 bambini vivono nel Secondo Progetto, che include l'orfanotrofio. Molti sono figli di poveri contadini. Soltanto 140 di loro hanno l'Hiv. I cartelli indicano le loro stanze: Camere per bambini infetti e Camere per bambine infette. I piccoli vagano nei corridoi senza vita né allegria. L'addetta al centro è Nuanchan Hassanam, 43 anni, sul braccio spicca un tatuaggio, 'Love Forever', unico e sgradito ricordo di un marito che le ha dato cinque figli e l'Hiv. "Allevare gli orfani è come cercare di trattenere i granchi in un secchio", dice la donna. I bambini necessitano di biancheria intima, vestiti, scarpe. Perché sono stati spesi 101.212 euro per l'acquisto di una macchina spara-palloni? "L'abate vuole che i bambini facciano esercizio fisico".

I monaci thai famosi godono del prestigio di una rockstar. I seguaci di Alongkot, tra i quali il campione di tennis thai Paradorn Srichaphan e almeno due ex premier, parlano con ossequio del barami. Laureato in ingegneria in Australia, Alongkot tornò per installare un impianto di riciclaggio di rifiuti, ma con il cuore spezzato, si fece monaco e si trasferì a Lopburi, imbattendosi nel suo primo malato di Hiv. "Gli ho tenuto la mano e lui è morto in quel momento", scrive Alongkot sul sito Web del tempio. Bassano afferma che i pazienti 'rinascono' quando il monaco visita il reparto. "I malati vivono più a lungo e hanno esigenze", ammette Alongkot, "ci chiediamo come faremo nei prossimi 20 anni". In previsione c'è la costruzione di un centro sportivo (due milioni di euro) e un sentiero per la meditazione (altri 10 milioni).

"I soldi non mancano, ma non so come siano distribuiti, né chi ne tragga beneficio", ammette Bassano: "Metà va al tempio, metà a chi lo gestisce", come dice un vecchio detto. Per mandarlo avanti, secondo il monaco, occorrono sui 100 mila euro al mese, ma l'aspetto finanziario non è pubblico. Intanto, all'orfanotrofio i bambini hanno finito di pranzare, ma prima di alzarsi da tavola i piccoli si rivolgono all'abate: "Grazie, grazie a te, Giusto e Venerabile Monaco Udom Prachatorn, per averci dato da mangiare oggi, noi ti ringraziamo dal profondo dei nostri cuori per la tua gentilezza. Siamo felici: grazie, grazie a te".

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