Gaza, Sud Africa e Thailandia sono tra i peggiori luoghi del mondo per essere un rifugiato. Questi i risultati emersi da un sondaggio annuale eseguito dalla Commissione statunitense per i rifugiati e gli immigrati (Uscri).
I conflitti e le persecuzioni nel 2008 hanno interessato circa 42 milioni di persone, tra cui 15,2 milioni di rifugiati, 823 mila richiedenti di asilo e 26 milioni di sfollati. Secondo quanto ha assicurato l'Alto commissario per le Nazione Unite, Antonio Guterres, "nel 2009 abbiamo visto molti nuovi movimenti, in particolare in Pakistan, lo Sri Lanka e in Somalia". Il numero di rifugiati è calato nel ultimo anno, da 16 a 15,2 milioni di persone di oggi. Mentre 800 mila sono attualmente in cerca di asilo nei paesi stranieri, secondo lo studio. Il maggior numero di nuovi sfollati nel corso degli ultimi anni si è avuto in Pakistan, Sri Lanka e Somalia, dove la violenza ha sradicato centinaia di migliaia di persone dalle loro case, tra cui più di due milioni di civili fuggiti in Pakistan per mettersi in salvo dall'offensiva dei talebani. Brasile, Ecuador e Costa Rica, sono tra i Paesi dove i profughi sono trattati meglio, secondo quanto riferisce il rapporto. Infatti, alcuni dei Paesi più poveri del mondo sono anche la patria di grandi popolazioni di rifugiati. Ciad, nella lista dei Paesi meno sviluppati delle Nazioni Unite, ha una popolazione di 268 mila profughi, mentre il Sudan, ospita 175.800 rifugiati da Eritrea ed Etiopia.
Più di seimila persone, appartenenti alla minoranza Karen, hanno dovuto lasciare il Myanmar e cercare rifugio in Thailandia, a causa delle incursioni dell'esercito filo-governativo.
Secondo un rapporto, stilato dagli operatori dell'Alto Commissario Onu per i rifugiati, la gran parte dei profughi sarebbe composta da donne e bambini, scappati in fretta, con solo i vestiti che indossavano e pochissime masserizie. La maggior parte di loro ha trovato rifugio presso il tempio di Noh Bo, vicino alla città di Mae Sot, nella Thailandia occidentale. Altri, invece, hanno cercato riparo nei capanni usati dai contadini nella stagione del raccolto. L'esodo è iniziato nei primi giorni di giugno, quando i guerriglieri dell'esercito democratico buddista Karen, una fazione dell'esercito di liberazione nazionale Karen, ora alleata con il governo birmano, ha iniziato a razziare i villaggi e i campi di sfollati, in cerca di soldi e giovani da arruolare. Fonti locali denunciano anche il bombardamento del campo profughi di Ler Per Har e di colpi di artiglieria caduti al di là del confine, in Thailandia.
Analisti, esperti in politica birmana, ipotizzano che il nuovo attacco contro la popolazione Karen possa essere messo in relazione con il processo ad Ang Sang Suu Ki, per distrarre l'attenzione internazionale dalla dissidente premio Nobel, o al contrario, proprio perché la concentrazione dei media sull'evento ha reso possibile la nuova offensiva.
La popolazione Karen è in guerra con quella birmana, l'etnia più difusa in Myanmar, dal 1949, per la costituzione di uno stato indipendente nel nord est del Paese. Solo negli ultimi anni più di 100 mila persone hanno dovuto lasciare il Myanmar e cercare rifugio nei campi profughi dell'Onu in Thailandia.